giovedì 11 dicembre 2025

BANCA D’ITALIA: UN VERO J’ACCUSE, “IL CAPITALE PERDUTO”

 







BANCA D’ITALIA / I DEPISTAGGI SULLO “SCIPPO” DEL SECOLO

Immaginate una Banca: viene venduta per 61 miliardi di vecchie lire, un piatto di lenticchie, e mesi dopo l’acquirente mette a segno il colpo del secolo, rivendendola per 6.000 miliardi sempre di vecchie lire. Sotto gli occhi della Banca di Vigilanza che non muove un dito.

Non è una storia distopica di fanta-finanza: invece si tratta della dirty story ruotata quasi 30 anni fa intorno alla maxi svendita del primo e più antico istituto di credito del Sud, il Banco di Napolipassato alla Banca Nazionale del Lavoro per quella risibile cifra e poi dalla ‘fortunata’ BNL a sua volta ceduto per quella stratosferica cifra al gruppo Intesa-Sanpaolo.

La sede della Banca d’Italia in Via Nazionale. Sopra, Mario Draghi

In qualunque paese al mondo sarebbero immediatamente finiti sotto inchiesta i vertici degli istituti coinvolti e, soprattutto, quelli della Banca d’Italia, il supremo organo di Vigilanza, dove per anni hanno dettato legge prima Carlo Azeglio Ciampi e poi, negli anni ruggenti, Mario Draghi, passato quindi ai fasti griffati BCE, poi premier nel famigerato 2021 (l’anno dei vaccini Covid killer); il quale ancora oggi in Europa e non solo è ritenuto un vero e proprio VATE, e mesi fa ha dettato le regole affinché la UE torni a contare qualcosa. Incredibile ma vero.

invece, a tutti quei vertici, per un’operazione degna della Banda Bassotti nella sua forma più smagliante, non è letteralmente successo nulla. Tutti zitti e muti. La classe politica ha assistito (complice) alla rapina del secolo, i media hanno ovviamente oscurato, la magistratura ha insabbiato, ma anche molto peggio: ha infatti messo sotto inchiesta e perseguitato quei consiglieri d’amministrazione onesti che avevano denunciato la combine!

Come al solito: i banditi liberi come fringuelli, a passare guai da mille e una notte chi osa denunciare le loro malefatte. Ennesimo, clamoroso, gigantesco esempio di come la Giustizia ormai sia morta e sepolta da anni, e resti solo una lontana, sbiadita Utopia.

UN VERO J’ACCUSE, “IL CAPITALE PERDUTO”

Il super giallo finanziario è al centro di un fresco di stampa, “Il capitale perduto – Una voce di dentro racconta perché il Sud ha perso le sue banche”, firmato da Gennaro Cortucci, dirigente al BancoNapoli per un trentennio, poi protagonista della estenuante battaglia giudiziaria contro i poteri forti, in primis il Moloch Bankitalia. A quasi 90 anni ha trovato la forza e il coraggio civile per denunciare maxi affari, trame & connection, facendo nomi e cognomi dei protagonisti di fatti & misfatti.

Un libro assolutamente da leggere, una vera cartina di tornasole per capire come ha funzionato e funziona ‘O Sistema capovolto, dove – finora – vincono i predoni, i grani affaristi, i super banchieri, i re della finanza e a soccombere sono i cittadini, i risparmiatori e chi osa alzare il sipario su business, collusioni & coperture che più losche non si può.

Non a caso, la prefazione è firmata dallo storico presidente e animatore per decenni di Adusbef, l’associazione a tutela dei risparmiatori, ossia Elio Lannutti, ex parlamentare 5 stelle e in prima linea per centinaia di battaglie contro le macroscopiche distorsioni del sistema creditizio e, soprattutto, il perverso ruolo giocato da Bankitalia. Nel 2010 ha firmato (con Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola) un vero e proprio j’accuse, ‘BANKSTER – Molto peggio di Al Capone i vampiri di Wall Street e piazza Affari); ed in seguito ‘MORTE DEI PASCHI DI SIENA’ (a quattro mani con Franco Fracassi) sulle acrobazie finanziare targate e MPS e il giallo del ‘suicidio’ del responsabile per le comunicazioni David Rossi, ancor oggi ‘irrisolto’ dopo 10 anni di inchieste flop.

Diamo subito la parola a Lannutti.

 

ATTACCA ELIO LANNUTTI

Elio Lannutti

Così contestualizza i fatti: “Quel clamoroso processo di degrado ed immiserimento iniziò nel 1992 all’epoca di Mario Draghi direttore generale del Tesoro (ribattezzato ‘vile affarista’ dal Presidente della repubblica Francesco Cossiga), che sul panfilo Britannia iniziò le svendite dell’industria pubblica italiana ‘ai suoi amici di Goldman Sachs’. (…) E Romano Prodi era presidente dell’IRI quando decise la privatizzazione del Credito Italiano proprio tramite la Goldman Sachs”.

Tale contesto è stato il terreno più fertile per consentire lo scippo con destrezza di gloriosi istituto di credito meridionali, in primis il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia, ex istituti di emissione, con il consenso assenso della Banca d’Italia e la grave complicità delle classi politiche meridionali, la cui inerzia e plateale miopia ha defraudato il mezzogiorno d’Italia della proprie banche”.

“Dopo la morte di Ferdinando Ventriglia avvenuta l’11 dicembre 1994, il Banco di Napoli subì un’ispezione della Banca d’Italia inviata dal governatore Antonio Fazio e dal capo della Vigilanza Vincenzo Desario. Il Governo, allora presieduto da Romano Prodi, con Carlo Azeglio Ciampi al Tesoro, gettò le basi per la svendita del Banco di Napoli, prima alla cordata INA-BNL per 61,4 miliardi delle vecchie lire (neppure 30 milioni di euro), dopo un paio d’anni al Sanpaolo IMI per 6.000 miliardi di lire”.

Si apre poi un secondo giallo, quello targato SGA, ossia la Società Gestione Attivi incaricata di recuperare i crediti difficili, ‘incagliati’. “Quei crediti – scrive Lannutti – furono quasi del tutto recuperati. E quel recupero è la dimostrazione più lampante di ostilità e pregiudizio della Banca d’Italia verso gli istituti di credito meridionali, con la disattenzione del potere giudiziario che non ha mai voluto indagare sulle reali motivazioni di quella svendita, ma, al contrario, ha portato in giudizio alcuni dirigenti che si erano opposti a quel destino deciso a Roma”.

aggiunge: “Prova provata delle deferenza della magistratura su un’autorità di vigilanza, che ha consentito crac e dissesti bancari a danno dei risparmiatori per centinaia di miliardi di euro, tra i quali il grave scandalo del Monte dei Paschi di Siena, che ha bruciato 65,7 miliardi di euro, la cui gestione dissennata  fu aggravata dall’autorizzazione concessa dall’ex governatore Bankitalia Mario Draghi ad acquisire Banca Antonveneta a un prezzo folle di 17,3 miliardi di euro, oltre il triplo del suo valore”.

A proposito di Cortucci: “Un cittadino e dirigente probo, coraggioso, perseguitato dalla Banca d’Italia, perché reo di aver fatto il proprio dovere, nel paese alla rovescia, tra i primi posti per corruzione, tra gli ultimi per libertà d’informazione, con il sistema politico economico-istituzionale che punisce gli onesti e i servitori dello Stato, per premiare cricche, ladri, faccendieri, lestofanti, bancarottieri, funzionali al potere dei manutengoli”.

 

SCRIVE CORTUCCI

Eccoci ad un paio passaggi salienti del libro, un vero pugno in faccia, un potentissimo j’accuse, una minuziosa ricostruzione, carta per carta, documento per documento, delibera per delibera non solo del maxi scandalo della ‘svendita’ ma anche di tante altre più che opache vicende passate attentamente ai raggi x. Per non parlare, poi, della via crucis che Cortucci e la sua famiglia hanno dovuto subire e i prezzi che hanno dovuto pagare, sotto il profilo economico e morale. Davvero ai confini della realtà.

A proposito della BNL che fa il botto comprando il BancoNapoli per 61 miliardi di lire, all’epoca il prezzo di un grande calciatore, scrive Cortucci: “E qui nascono una serie di interrogativi: la BNL non era di proprietà del Tesoro? Il presidente della banca, Mario Sarcinelli, non era stato un esponente di vertice della Banca d’Italia e direttore generale al Tesoro? Nel consiglio d’amministrazione della BNL non c’erano rappresentanti del Tesoro, tra i quali Mario Draghi? E’ mai potuto accedere che chi ha indetto l’asta, chi ha selezionato i partecipanti, chi vi ha preso parte e chi se l’è aggiudicata rappresentassero, in definitiva, lo stesso soggetto? Le leggi sul conflitto di interessi erano ancora in vigore o erano state sospese per l’occasione? Perché nessuno sollevò obiezioni, neppure il Mediocredito Centrale che tra l’altro aveva presentato un’offerta migliore? E’ vero che il Mediocredito Centrale, in contropartita, ottenne il Banco di Sicilia, anch’esso massacrato dagli ispettori della Banca d’Italia?”.

Interrogativi da novanta ed ai quali – incredibilmente – non è mai stata fornita una risposta. Neanche uno straccio. Vergogna.

Il libro è stato pubblicato da ‘Giannini Editore’, la più antica tipografia napoletana che da alcuni anni ha ripreso anche ad editare libri, inaugurando, tra l’altro, la molto gettonata collana ‘Sorsi’, agili volumetti tematici, come abbiamo illustrato nel pezzo messo in rete il 14 settembre scorso,

CARCERE & MINORI / “I FIGLI CANCELLATI”

 

Palazzo Ricca

Fortunatamente l’onore e la grande storia del Banco di Napoli sono stati preservati dalla Fondazione Banco di Napoli. Nella sede di Palazzo Ricca, in via dei Tribunali, l’Archivio storico e il Museo Il Cartastorie consentono ai visitatori di conoscere, visualizzare e “toccare con mano” le testimonianze storiche di quella grandezza.

 

 

 

 

La Voce ha scritto molte inchieste, soprattutto sulle acrobazie finanziarie dell’era Ventriglia e sulla ‘svendita’ del secolo finalizzata a coprire il buco della filale BNL di Atalanta, diretta da Claudio Ciampi (figlio di Carlo Azeglio) e alle prese col finanziamento di vorticosi traffici di armi. Ecco (fate attenzione ai link in basso) il pezzo messo in rete il 23 dicembre 2017,

L’INTESA CON IL BANCO DI NAPOLI / UN MISTERO LUNGO VENT’ANNI

 

 

E (attenzione sempre ai preziosi link), pubblicato il 3 aprile 2017,

BANDA D’ITALIA / TUTTI GLI ERRORI, ORRORI & OMISSIONI. E ORA ANCHE LO SCANDALO DELLA “SUA” CASSA

martedì 9 dicembre 2025

Un motore nascosto della crisi: la correlazione tra credito e disoccupazione

 Il debito privato alimenta le crisi finanziarie: la tesi contro l'economia neoclassica


La fonte, un estratto da un video di YouTube del "ProfSteveKeen", fornisce un'argomentazione economica secondo cui il debito privato, non il debito pubblico, è il principale motore delle crisi finanziarie, incluso il crollo previsto per il 2026. L'economista critica i modelli economici neoclassici per aver erroneamente considerato le banche come semplici intermediari che non incidono sulla domanda aggregata, sostenendo invece che il prestito bancario crea moneta, aumentando così sia la domanda aggregata che il reddito. Questa argomentazione è supportata da dati empirici che mostrano una forte correlazione negativa tra la variazione del debito privato in percentuale del PIL e la disoccupazione. Inoltre, il testo utilizza un modello matematico per illustrare come un debito privato eccessivo possa portare a una deflazione del debito e al collasso economico, un meccanismo che l'autore sostiene che gli economisti tradizionali non riescano a riconoscere a causa di una fondamentale incomprensione del credito e del sistema bancario.



sabato 6 dicembre 2025

Come concretizzare la sovranità popolare: il caso dell'oro

 

La Tokenizzazione dell'Oro Italiano: Un Passo Verso la Vera Sovranità Popolare

In un'epoca di instabilità economica, con valute fiat soggette a inflazione costante e debiti pubblici alle stelle, emerge una proposta rivoluzionaria per l'Italia: rimpatriare le riserve auree della Banca d'Italia, tokenizzarle su una blockchain e distribuirle equamente a tutti i cittadini italiani sotto forma di token digitali, equivalenti a circa 41 grammi d'oro per persona. Questa idea non è solo un esercizio teorico, ma un mezzo concreto per realizzare la sovranità popolare, mettendo il valore dell'oro direttamente nelle mani del popolo. In questo articolo, esploreremo i benefici di questa proposta, focalizzandoci su come il token, risparmiato o speso, sia destinato ad apprezzarsi rispetto alle valute fiat inflazionarie, offrendo stabilità e empowerment ai cittadini.

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1. Realizzare la Sovranità Popolare Attraverso la Democratizzazione della Ricchezza

L'oro della Banca d'Italia, con le sue 2.452 tonnellate metriche, rappresenta un patrimonio nazionale stimato in centinaia di miliardi di euro. Oggi, questo tesoro è gestito da un'istituzione indipendente, con vincoli europei che lo rendono inaccessibile per usi diretti a beneficio del popolo. La tokenizzazione cambierebbe tutto: ogni italiano riceverebbe un "borsellino digitale" con token backed by oro reale, custodito in vault sicuri. Questo non è solo un trasferimento di valore, ma un atto di sovranità: il popolo diventa il vero proprietario, non lo Stato o le banche centrali.

I benefici sono immediati. Immaginate un'Italia dove ogni cittadino ha una quota personale di ricchezza nazionale, utilizzabile per investimenti, pagamenti o risparmi. Questo promuoverebbe l'inclusione finanziaria, specialmente per chi è escluso dal sistema bancario tradizionale. Inoltre, la blockchain garantirebbe trasparenza e tracciabilità, riducendo rischi di corruzione o manipolazione. Come evidenziato in dibattiti su asset tokenizzati, questa approccio democratizza l'accesso a beni storicamente riservati alle élite, realizzando un'economia più equa.

2. Protezione dall'Inflazione: Il Token che Apprezza nel Tempo

Uno dei vantaggi più potenti è la resistenza all'inflazione. Le valute fiat, come l'euro, sono soggette a devaluatione a causa di politiche monetarie espansive: la BCE stampa moneta per stimolare l'economia, ma questo erode il potere d'acquisto dei cittadini. Al contrario, l'oro ha una storia millenaria di stabilità: il suo valore intrinseco lo rende un hedge contro l'inflazione. Negli ultimi 5 anni, il prezzo dell'oro in euro è passato da un minimo di circa 1.419 € per oncia troy a un massimo di 3.706 €, con un apprezzamento medio annuo che supera di gran lunga l'inflazione ufficiale.

Il token, essendo ancorato all'oro fisico, erediterebbe questa proprietà. Se risparmiato, il suo valore crescerebbe nel tempo, proteggendo il patrimonio familiare dalle erosioni inflazionarie. Se speso o scambiato, offrirebbe liquidità 24/7 con settlement istantaneo, superiori alle transazioni fiat tradizionali. A differenza del denaro fiat, non dipendente da commodity fisiche e quindi vulnerabile a instabilità, il token gold-backed sarebbe meno prone a inflazione, grazie alla fornitura limitata dell'oro. In un mondo dove salvare in contanti significa perdere valore, l'oro – e i suoi token – emerge come opzione stabile e affidabile.

Per illustrare, consideriamo l'evoluzione storica: mentre l'inflazione cumulativa in euro negli ultimi 5 anni ha superato il 20%, l'oro ha registrato guadagni superiori al 100% in alcuni periodi, confermando il suo ruolo anti-inflazionistico.



3. Stimolo Economico e Innovazione Finanziaria

Oltre alla protezione personale, la proposta porterebbe benefici macroeconomici. I token potrebbero essere usati come collaterale per prestiti, stimolando investimenti e consumi senza aumentare il debito pubblico. Questo creerebbe un'economia digitale ibrida, dove l'oro tradizionale incontra la tecnologia blockchain, attirando investitori globali e posizionando l'Italia come leader in asset tokenizzati.

Inoltre, la distribuzione equa ridurrebbe le disuguaglianze: con 41 grammi per persona (valore attuale ~3.500-4.000 €), si offrirebbe un "dividendo aureo" che potrebbe finanziare educazione, salute o startup. In contesti simili, come i token gold-backed esistenti, si osservano vantaggi in termini di portabilità e divisibilità, superando i limiti dell'oro fisico.

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4. Sfide e Prospettive Future

Certo, non mancano ostacoli: vincoli UE, logistica del rimpatrio e rischi tecnici. Tuttavia, con un quadro normativo solido, questa proposta potrebbe superare le critiche, ispirandosi a modelli come il gold standard storico, che limitava l'inflazione e promuoveva stabilità. In ultima analisi, tokenizzare l'oro non è solo un'operazione finanziaria, ma un'affermazione di indipendenza popolare.

In conclusione, questa proposta rappresenta un'opportunità unica per l'Italia di trasformare un asset dormiente in uno strumento di empowerment. Il token, risparmiato o speso, non solo preserverà valore contro le fiat inflazionarie, ma realizzerà finalmente la sovranità del popolo sul suo patrimonio nazionale. È tempo di passare dalle parole ai fatti: l'oro agli italiani!

Per approfondire:

La Fattibilità Giuridica della Tokenizzazione e Distribuzione delle Riserve Auree Italiane: Un'Analisi alla Luce del Diritto UE e Nazionale, Ipotizzando l'Approvazione dell'Emendamento sul Trasferimento della Proprietà al Popolo




venerdì 5 dicembre 2025

Come Shakespeare vede banche e banchieri nelle sue opere

 Shakespeare non tratta esplicitamente le "banche" come istituzioni moderne—nate secoli dopo la sua epoca—ma usa il concetto di usura (usury) come lente per esaminare avidità, morale, potere economico e relazioni umane. L'analisi cattura bene questa complessità, con un focus su conflitti etici e sociali. Espanderò su di essa, confermando i punti chiave con riferimenti testuali e critici, e strutturando i temi per chiarezza. Userò una tabella per confrontare le opere principali, evidenziando come l'usura simboleggi non solo transazioni finanziarie, ma anche "debiti" emotivi, morali e naturali.

Temi Principali nell'Opera di Shakespeare

L'usura è spesso metafora di sterilità morale (denaro che "genera" denaro senza vita reale) contro fertilità naturale (procreazione, amicizia). Shakespeare la ritrae come corrosiva per la società, ma ambigua: condannata come peccato, yet usata poeticamente per esortare alla "generosità" in amore o vita.

  1. L'Usura come Conflitto Morale e Sociale (The Merchant of Venice) Quest'opera è il fulcro del tema, contrapponendo l'usuraio Shylock al mercante Antonio. Shylock odia Antonio per prestare gratis, abbassando i tassi: "I hate him for he is a Christian; / But more for that in low simplicity / He lends out money gratis and brings down / The rate of usance here with us in Venice" (Act 1, Scene 3). Antonio replica definendo il denaro "barren metal" che non dovrebbe procreare, citando la Bibbia contro l'usura (Deuteronomio 23:19-20). Shylock difende il profitto con la parabola di Giacobbe (Genesi 30), paragonando interessi a pecore che si riproducono: "thrift is blessing, if men steal it not." La crudeltà emerge quando Shylock preferisce vendetta (la libbra di carne) al triplo del debito, mostrando usura come veleno sociale oltre che economico. Critici notano l'ambivalenza elisabettiana: usura era legale ma moralmente controversa, spesso legata a stereotipi antisemiti.
  2. L'Avidità e l'Ingratitudine dei Creditori (Timon of Athens) Qui, l'usura distrugge legami sociali. Timon, rovinato, è assediato da creditori descritti come "devils" (Act 4, Scene 3). Alcibiade condanna l'usura come vizio senile: "Pity not honour'd age for his white beard; / He is an usurer" (Act 5, Scene 4), legandola a corruzione. Timon maledice l'oro come "yellow slave" che corrompe: "This yellow slave / Will knit and break religions, bless the accursed" (Act 4, Scene 3), metafora per come denaro/usura inverte valori morali. L'usura è "malattia sociale," erodendo nobiltà e amicizia in un'economia capitalista nascente. Shakespeare, forse collaborando con Middleton, usa Timon per criticare l'etica usuraia dell'epoca giacobita.
  3. Metafore sull'Usura e la Contabilità Shakespeare impiega linguaggio finanziario metaforicamente, spesso per amore/procreazione. Nei Sonetti, il giovane è "profitless usurer" (Sonnet 4) per non riprodursi: "Having traffic with thyself alone, / Thou of thyself thy sweet self dost deceive." Ma in Sonnet 6, procreazione è "not forbidden usury" che "happies those that pay the willing loan." Distingue usura finanziaria (peccato) da "usura d'amore" (benedizione). In Measure for Measure, Natura è "creditor" che presta talenti aspettando ritorno (Act 1, Scene 1). In Othello, Iago sminuisce Cassio come "counter-caster" (contabile), opponendo aritmetica a azione reale (Act 1, Scene 1). In A Lover's Complaint, lacrime su lacrime sono "like usury, applying wet to wet," eccesso inutile.

Confronto Tematico tra Opere

Per sintetizzare, ecco una tabella che compara i temi dell'usura:

OperaFigura dell'Usuraio/CreditoreMetafora PrincipaleConflitto Morale/SocialeRiferimento Critico
The Merchant of VeniceShylock (avidità vendicativa)Denaro "sterile" vs. fertile (biblico)Usura abbassa tassi, erode comunità; preferenza per vendetta su profittoAmbivalenza elisabettiana su usura legale ma immorale
Timon of AthensCreditori come "devils"Oro come "yellow slave" corrompeUsura distrugge amicizia/nobiltà; vizio senileRisposta a etica usuraia giacobita
Sonnets (es. 4, 6)Giovane come "profitless usurer"Usura "forbidden" vs. d'amoreAvarizia in non procreare; debito verso naturaAmore "merchandised" come scambio
Measure for MeasureNatura come "creditor"Prestito talenti con ritornoDoveri naturali come transazioniNatura parsimoniosa esige compenso
OthelloCassio come "counter-caster"Contabilità vs. azione realeDisprezzo per "aritmetica" in guerra/amoreRiduce abilità a mera teoria

In sintesi, Shakespeare vede l'usura come forza distruttiva—avidità che corrompe legami e valori—ma la usa poeticamente per esortare a "investire" in vita/procreazione. Questa visione riecheggia dibattiti elisabettiani su economia emergente, dove usura era legale dal 1571 ma condannata religiosamente. Se colleghi a contesti moderni come nei libri sul signoraggio bancario, Shakespeare anticipa critiche a sistemi che privatizzano profitti e socializzano perdite, simili a odierne bolle finanziarie. Per approfondire, raccomandiamo edizioni annotate come la Folger Shakespeare Library.

L'Usura in King Lear: Un'Analisi Approfondita

Shakespeare non tratta l'usura in King Lear (1605-1606) con la stessa centralità tematica che riserva ad altre opere come Il Mercante di Venezia o Timone d'Atene, dove appare come pratica finanziaria immorale e distruttiva. In King Lear, non ci sono riferimenti diretti al termine "usury" (usura) né a prestatori di denaro, interessi o transazioni economiche esplicite. Tuttavia, il concetto emerge in forma metaforica e simbolica, intrecciato ai temi di debito morale, ingratitudine filiale, disuguaglianza sociale e "prestito" della vita stessa. Questa assenza diretta riflette il focus del dramma sulla tragedia familiare e cosmica, ma critici moderni e rinascimentali identificano echi di usura attraverso giochi di parole, debiti non pagati e critiche all'avidità.

1. L'Assenza Diretta dell'Usura e il Contesto Storico

  • Nessun Prestito Finanziario Esplicito: A differenza di Shylock (Merchant), che incarna l'usuraio vendicativo, King Lear non presenta scene di prestiti monetari. Le ricerche testuali (basate sul full text del dramma) confermano che parole come "usury", "interest", "lend" o "borrow" appaiono raramente e in contesti non economici. Ad esempio, "borrow" è usato da Kent in Act 1, Scene 4: "If but as well I other accents borrow, / That can my speech defuse..." – qui indica "prendere in prestito" accenti per mascherarsi, non denaro. Termini come "debt" o "owe" si riferiscono a obblighi morali, non finanziari.
  • Contesto Elisabettiano: Nell'Inghilterra di Shakespeare, l'usura era legale dal 1571 (con tassi al 10%), ma condannata moralmente come peccato (basato su testi biblici come Esodo 22:25). In King Lear, Shakespeare sposta l'attenzione dall'economia alla politica e alla famiglia, ma usa metafore economiche per criticare l'ingratitudine come "debito non ripagato". Critici marxisti vedono nel dramma una critica al proto-capitalismo, con Lear come re che "divide" il regno come un investimento fallito.

2. L'Usura Metaforica: Il "Prestito" della Vita e il Pun su "Usurp'd"

Un elemento chiave per approfondire l'usura è il potenziale gioco di parole in Act 5, Scene 3, linea 317 (edizioni variano), dove Kent commenta la morte di Lear: "The wonder is he hath endured so long. / He but usurp'd his life."

  • Analisi del Pun: In inglese elisabettiano, "usurp'd" (usurpato, preso illegalmente) suona simile a "usury'd" (preso con usura, borrowed with interest). Critici interpretano questa linea come metafora di vita "presa in prestito" dalla morte, con il tempo come interesse da pagare. Lear ha "usurpato" una esistenza prolungata oltre il suo corso naturale, pagando con sofferenza e follia – eco dei Sonetti, dove la vita è un debito con "Love's gentle usury" (Sonnet 9). Questo collega all'usura come "sterilità fertile": il denaro genera denaro senza vita, come Lear "genera" caos dividendo il regno.
  • Contesto nella Scena: Lear muore tenendo Cordelia morta, dopo aver "prestato" il regno alle figlie ingrate. La vita di Lear è un "prestito" non ripagato, terminato con bancarotta emotiva. Come nota un'analisi, è "a life temporarily borrowed from death... less 'owned' than 'owed'."

3. Debito Filiale e Ingratitudine come Forma di Usura

L'usura in King Lear si manifesta come debito morale non onorato, specialmente nei rapporti familiari – parallelo all'usura finanziaria che erode legami sociali.

  • Il "Prestito" del Regno: In Act 1, Scene 1, Lear divide il regno come un investimento, aspettando "interessi" in forma di amore: "Which of you shall we say doth love us most? / That we our largest bounty may extend..." Goneril e Regan offrono lusinghe false (come interesse esagerato), mentre Cordelia rifiuta: "Nothing, my lord." Lear la disereda, ma alla fine riconosce il "debito" non pagato dalle figlie maggiori.
  • Ingratitudine come Default: Goneril e Regan "prendono" il potere senza restituire cura, echoing l'usuraio che esige più del prestato. Lear in Act 2, Scene 4: "Ingratitude, thou marble-hearted fiend, / More hideous when thou show'st thee in a child / Than the sea-monster!" Qui, l'ingratitudine è peggiore dell'usura, perché familiare.
  • Povertà e Disuguaglianza: Durante la follia, Lear riflette su disparità economiche, collegabili all'usura come causa di povertà. In Act 3, Scene 4: "Poor naked wretches, whereso'er you are, / That bide the pelting of this pitiless storm, / How shall your houseless heads and unfed sides, / Your loop'd and window'd raggedness, defend you / From seasons such as these? O, I have ta'en / Too little care of this!" E poi: "Take physic, pomp; / Expose thyself to feel what wretches feel, / That thou mayst shake the superflux to them..." Questo invoca ridistribuzione, opposta all'usura che accumula ricchezza. Edgar come "Poor Tom" (Act 3, Scene 4) incarna il povero beggar, vittima di sistemi ingiusti.

4. Confronto con Altre Opere e Interpretazioni Critiche

Per contestualizzare:

  • Paralleli con Timone d'Atene: Lì, creditori sono "devils"; in Lear, figlie sono "marble-hearted fiends" – entrambi mostrano avidità che distrugge.
  • Interpretazioni Moderne: Analisi marxiste vedono Lear come critica al feudalesimo verso capitalismo, con usura implicita nella diseredazione (povertà come debito sociale). Studi ebraici collegano a Merchant, ma in Lear l'usura è secolarizzata in tragedia umana. Difficili passaggi come "the promised end" (Act 5, Scene 3) evocano "fine" di un debito cosmico.
TemaQuote ChiaveInterpretazione Usura-Related
Debito della Vita"He but usurp'd his life." (Kent, 5.3)Vita come prestito usurario dalla morte; pun su "usury'd".
Ingratitudine Filiale"Ingratitude, thou marble-hearted fiend..." (Lear, 2.4)Figlie "prendono" regno senza "interesse" di amore; default morale.
Disuguaglianza Sociale"Poor naked wretches..." (Lear, 3.4)Critica a "pomp" (ricchezza) che ignora poveri; anti-usura come ridistribuzione.
Povertà come Maschera"Poor Tom... Madman and beggar too." (Old Man, 4.1)Povertà come conseguenza di avidità familiare; eco di debiti non pagati.

In sintesi, l'usura in King Lear è sottile e metaforica, simboleggiando debiti non ripagati in relazioni umane e sociali, culminanti nella "bancarotta" di Lear. Questo arricchisce la visione shakespeariana dell'usura come forza corrosiva, estesa oltre il denaro alla vita stessa. Per ulteriori letture, consulta edizioni commentate come Arden Shakespeare.

mercoledì 3 dicembre 2025

Si avvicina lo scenario previsto da La Grande Stangata ? (fallimento CSD, per cause legali)

Le ultime notizie prefigurano il rischio previsto nel 2024 nel libro LA GRANDE STANGATA

(Vedi sotto l'articolo il dettaglio dei gruppi italiani esposti)

Da: BBC- Belgium urges Europe to drop plan for frozen Russian assets to aid Ukraine

Il Primo Ministro belga Bart de Wever ha scritto al capo della Commissione Europea avvertendo che il piano dell'UE è "fondamentalmente sbagliato".

Il Belgio ha accusato l'UE di "minimizzare" le sue preoccupazioni riguardo a un piano per utilizzare i beni russi congelati detenuti in Europa per sostenere l'Ucraina.

"Continuiamo a chiedere un'alternativa, ovvero che l'UE prenda in prestito le somme necessarie sui mercati", afferma il Ministro degli Esteri belga Maxime Prévot.

La proposta dell'UE, sostenuta dal Cancelliere tedesco Friedrich Merz, prevede la trasformazione di 140 miliardi di euro (123 miliardi di sterline) di beni statali russi detenuti in Belgio in un "prestito di riparazione" per sostenere finanziariamente Kiev il prossimo anno.

La maggior parte dei paesi dell'UE sostiene il piano e alcuni hanno criticato i belgi per averlo bloccato. Il Belgio sostiene che una tale mossa metterebbe a repentaglio un accordo di pace a breve termine e rischierebbe azioni legali da parte della Russia in futuro.

La Russia ha condannato la proposta e uno dei suoi principali banchieri ha minacciato l'UE di 50 anni di contenzioso se l'idea diventasse realtà.

La Commissione europea è pronta a proporre soluzioni per risolvere la situazione di stallo, ma Maxime Prévot ha lamentato che il testo presentato mercoledì "non risponde alle nostre preoccupazioni in modo soddisfacente".

L'UE mira ad approvare l'accordo controverso per la consegna di beni russi all'Ucraina

I paesi dell'UE hanno già utilizzato i profitti generati da circa 210 miliardi di euro di beni russi congelati per finanziare la difesa in corso dell'Ucraina dopo l'invasione su vasta scala del febbraio 2022.

Ma l'utilizzo dei beni stessi si è rivelato molto più controverso.

I leader dell'UE voteranno sul prestito di riparazione in un vertice a Bruxelles alla fine di questo mese, ma è tutt'altro che chiaro se si raggiungerà un accordo.

Il Belgio è stato il più critico nei confronti del sistema, poiché la maggior parte dei beni congelati dall'UE - 185 miliardi di euro - sono depositati presso Euroclear, il depositario centrale di titoli con sede a Bruxelles.

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Vedi: 

Il Fallimento di un CSD Europeo: Ipotetico Scenario di Reipoteca e Conseguenze a Catena

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Il governo belga sostiene che sopporterebbe il peso di qualsiasi azione legale russa se emergessero problemi futuri da un prestito dell'UE all'Ucraina finanziato con questi beni.

Maxime Prévot afferma che i rischi sono evidenti: "Se la Russia ci porta in tribunale, avrà tutte le possibilità di vincere e noi, il Belgio, non saremo in grado di rimborsare quei 200 miliardi di euro, perché rappresentano l'equivalente di un intero anno di bilancio federale".

"Significherebbe la bancarotta per il Belgio".

Il ministro degli Esteri Maxime Prévot ha avvertito che i rischi legali potrebbero rivelarsi disastrosi per il Belgio.

Il primo ministro Bart De Wever ha già scritto alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, lamentando che il piano è "fondamentalmente sbagliato".

E, in una mossa apparentemente coordinata, la responsabile di Euroclear, Valérie Urbain, ha avanzato un'argomentazione simile.

De Wever, nazionalista fiamminga, ha affermato che gli altri paesi dell'UE devono fornire al Belgio una garanzia giuridicamente vincolante che il rischio sarebbe stato condiviso in caso di fallimento del prestito all'Ucraina o di revoca delle sanzioni alla Russia.

Ciò potrebbe essere difficile, poiché la Banca centrale europea ha affermato che non sarebbe in grado di agire come prestatore di ultima istanza.

Il primo ministro belga ha proposto che l'UE eroghi un prestito di 45 miliardi di euro all'Ucraina per il prossimo anno, utilizzando disposizioni che possono essere attingute all'attuale bilancio condiviso dei 27 Stati membri.

Ma il Cancelliere tedesco Merz ritiene che questa non sia la strada migliore.

Ha affermato che l'utilizzo dei beni russi congelati per sostenere l'Ucraina è "sempre più urgente" e ha esortato i suoi colleghi leader a unirsi a questa idea.

"L'Ucraina ha bisogno del nostro sostegno. Gli attacchi russi si stanno intensificando. L'inverno si avvicina, o meglio, siamo già in inverno. E a questo proposito, spero che si possa giungere a una soluzione comune all'interno dell'Unione Europea", ha aggiunto.

L'Alto rappresentante per la politica estera dell'UE, Kaja Kallas, concorda. Un prestito di riparazione rafforzerebbe la posizione dell'Europa contro Mosca, sostiene, e servirebbe da incentivo per il Presidente Vladimir Putin a sedersi al tavolo della pace.

Veerle Colaert, professoressa di diritto finanziario presso l'Università KU di Lovanio, ha dichiarato alla BBC di ritenere che le preoccupazioni del Belgio siano giustificate.

"Euroclear ha l'obbligo contrattuale di restituire il denaro alla banca centrale russa a prima richiesta. L'unica ragione per cui non lo sta facendo sono le sanzioni", ha affermato.

"Se le sanzioni venissero revocate e in quel momento Euroclear non avesse i fondi perché prestati all'UE, il Belgio dovrebbe intervenire, ma l'importo in questione è semplicemente troppo elevato. Ecco perché il Belgio vuole garanzie giuridicamente vincolanti e a richiesta dagli altri Stati membri per condividere il rischio."

La prospettiva che le riserve estere detenute in Europa vengano utilizzate per altri scopi potrebbe seriamente minare la fiducia nel sistema finanziario europeo, ha aggiunto la Colaert.

Ha sostenuto che l'opzione migliore sarebbe quella di ottenere un prestito per Kiev sui mercati.

Tra le due possibili strade, ha affermato: "In entrambi i casi l'Europa deve rimborsare i soldi. Il vantaggio di prelevare i fondi congelati di Euroclear è che sono senza interessi, ma non privi di rischi."

La Russia ha promesso di reagire se l'Unione Europea utilizzerà i beni sovrani russi congelati per un prestito all'Ucraina.

Uno dei suoi banchieri più importanti, Andrei Kostin, ha affermato che Mosca scatenerebbe mezzo secolo di contenziosi, se il piano fosse approvato dall'UE.

Il signor Kostin, presidente e amministratore delegato di Vneshtorbank (VTB), una delle principali banche statali russe, ha affermato che è inaccettabile che tali fondi vengano erogati all'Ucraina.

"Per quanto riguarda il sequestro dei nostri soldi, alla fine possiamo farne a meno", ha affermato. "L'unico problema è che questi soldi potrebbero essere usati per la guerra, non per la pace".

A ottobre, i leader dell'UE non sono riusciti a concordare un piano.

A fine novembre, Ursula von der Leyen ha dichiarato che la Commissione si stava preparando a presentare un testo giuridico ai 27 paesi dell'UE per delineare il funzionamento del prestito di riparazione.

Ci si aspettava che ciò sarebbe avvenuto entro quest'ora, ma i disaccordi pubblici sembrano aver ritardato il processo.

Mentre Washington e Mosca sembrano dettare il ritmo dei colloqui, gli Stati membri dell'Europa stanno ancora lottando per raggiungere un accordo sul finanziamento del loro alleato assediato.

servizio di Bruno Boelpaep

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I più grandi portafogli italiani esposti in caso di fallimento di Euroclear sono probabilmente quelli gestiti dalle principali istituzioni finanziarie del paese, che utilizzano Euroclear per la custodia e il settlement di titoli internazionali, bond e altri asset cross-border. Euroclear, come ICSD (International Central Securities Depository), è ampiamente utilizzata dalle banche e dagli asset manager italiani per operazioni su mercati esteri, quindi le entità con i maggiori asset under management (AUM) o total assets sarebbero le più esposte a rischi operativi, di custodia o di liquidità in uno scenario di fallimento (sebbene Euroclear sia altamente regolamentata e considerata sistemica).

Basandoci su dati recenti sul size delle istituzioni italiane, ecco i principali:

Banche italiane più grandi per total assets (dati aggiornati al 2025):

  • Intesa Sanpaolo: Circa 944 miliardi di EUR in total assets, leader nel mercato italiano. Con operazioni internazionali, utilizza Euroclear per settlement di titoli esteri e repo.
  • UniCredit: Circa 881 miliardi di EUR in total assets. Ha una forte presenza paneuropea e si affida a Euroclear per custody cross-border.
  • Banco BPM: Circa 245 miliardi di USD (equivalente in EUR simile).
  • Monte dei Paschi di Siena (MPS): Significativa esposizione attraverso asset gestiti, con total assets intorno ai 130-150 miliardi di EUR (post-ristrutturazioni recenti).
  • BPER Banca: Tra i top 5-6, con asset oltre i 100 miliardi di EUR.

Asset manager e gruppi assicurativi più grandi per AUM (dati 2025):

  • Generali Group: Il più grande asset manager italiano, con AUM globali intorno ai 700-800 miliardi di EUR (parte di un merger che porta a 1.9 trilioni in joint venture). Esposto tramite investimenti in bond e securities internazionali custoditi via Euroclear.
  • Anima Holding: Circa 205 miliardi di EUR in AUM, il più grande asset manager indipendente italiano.
  • Altri rilevanti: Gruppi come Arca Fondi (parte di Banca Popolare di Sondrio) o Fideuram (Intesa), con AUM oltre i 100 miliardi di EUR ciascuno.

giovedì 27 novembre 2025

Della serie Accordi Segreti: La Storia degli Accordi di Bretton Woods

 


"Libero mercato ? Solo quando lo diciamo NOI!"

Accordi Segreti: La Storia degli Accordi di Bretton Woods

Nel cuore della finanza internazionale, dove le decisioni prese in conferenze remote possono ridisegnare l'economia globale per decenni, gli Accordi di Bretton Woods emergono come un capolavoro di diplomazia "segreta". Firmati in un hotel isolato tra le montagne del New Hampshire durante la Seconda Guerra Mondiale, questi patti hanno creato il sistema monetario post-bellico, ancorando il mondo al dollaro USA e istituendo istituzioni come il FMI e la Banca Mondiale. Non un trattato vincolante in senso stretto, ma un'intesa tra potenze alleate per evitare il caos economico degli anni '30. Erano davvero segreti? O solo negoziati discreti per prevenire instabilità? Esploriamo la loro storia, dalle origini in tempo di guerra alla loro inevitabile dissoluzione, rivelando come abbiano plasmato il mondo che conosciamo.

Le Origini: La Conferenza del 1944 e la Nascita del Sistema

La genesi degli Accordi di Bretton Woods risale al luglio 1944, quando 730 delegati da 44 nazioni alleate si riunirono per 22 giorni all'Hotel Mount Washington a Bretton Woods, New Hampshire. La conferenza, convocata dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, mirava a ricostruire l'ordine economico internazionale dopo la devastazione della guerra e la Grande Depressione. I principali architetti furono l'economista britannico John Maynard Keynes e l'americano Harry Dexter White, che proposero piani contrastanti: Keynes voleva un sistema equilibrato con una moneta internazionale (il "bancor"), mentre White spinse per un dominio del dollaro USA.

Gli accordi, firmati il 22 luglio 1944, stabilirono un sistema di cambi fissi: il dollaro USA era convertibile in oro a un tasso fisso di 35 dollari l'oncia, e le altre valute erano ancorate al dollaro con fluttuazioni limitate all'1%. Questo "gold exchange standard" garantiva stabilità e facilitava il commercio internazionale. Inoltre, vennero create due istituzioni chiave: il Fondo Monetario Internazionale (FMI) per gestire i prestiti a breve termine e stabilizzare le valute, e la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (poi Banca Mondiale) per finanziare la ricostruzione post-bellica. La "segretezza" era relativa: i negoziati furono condotti a porte chiuse per evitare speculazioni, ma l'accordo fu ratificato pubblicamente, con gli USA come egemoni grazie alla loro supremazia economica.

L'Evoluzione: L'Età dell'Oro e le Sfide

Per quasi tre decenni, gli accordi di Bretton Woods rappresentarono l'"età dell'oro" della crescita economica. Il sistema favorì la ricostruzione europea attraverso il Piano Marshall e promosse la liberalizzazione commerciale con il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade). Le nazioni europee e il Giappone accumularono dollari, mentre gli USA garantivano la convertibilità in oro. Tuttavia, crepe apparvero negli anni '60: l'eccesso di dollari all'estero (dovuto a deficit USA per guerre come il Vietnam e spesa sociale) erose la fiducia nel sistema. Paesi come la Francia iniziarono a convertire dollari in oro, prosciugando le riserve USA. Nel 1967, il "London Gold Pool" – un accordo tra banche centrali per stabilizzare il prezzo dell'oro – collassò, segnando l'inizio della fine.

Il sistema si adattò con misure tampone, come la creazione dei Diritti Speciali di Prelievo (DSP) nel FMI nel 1969, una sorta di moneta internazionale. Ma le pressioni inflazionistiche e speculative resero insostenibile il peg al dollaro.

La Fine: Il "Nixon Shock" e il Passaggio ai Cambi Fluttuanti

Il 15 agosto 1971, il presidente USA Richard Nixon annunciò la sospensione unilaterale della convertibilità del dollaro in oro, noto come "Nixon Shock". Questo pose fine agli accordi di Bretton Woods, portando al sistema di cambi fluttuanti attuale. I tentativi di salvataggio, come gli Smithsonian Agreements del 1971, fallirono rapidamente. Le cause? Squilibri strutturali, inflazione USA e la crescita di economie rivali come Germania e Giappone. Senza più l'ancora aurea, il dollaro divenne una valuta fiat, ma mantenne il dominio grazie al suo ruolo nelle transazioni globali.

L'Eredità: Un Mondo Post-Bretton Woods

Gli accordi di Bretton Woods hanno lasciato un'eredità duratura: il FMI e la Banca Mondiale continuano a influenzare l'economia globale, anche se criticati per politiche neoliberiste. Hanno promosso stabilità e crescita negli anni '50-'60, ma anche disuguaglianze, preparando il terreno per la globalizzazione e le crisi finanziarie moderne. Oggi, in un'era di criptovalute e tensioni geopolitiche, si discute di un "Bretton Woods II" per riformare il sistema monetario.

In questa serie su "Accordi Segreti", gli accordi di Bretton Woods ci ricordano come patti forgiati in tempi di crisi possano ridefinire il potere economico. Prossimo episodio: gli accordi del petrodollaro? Rimanete sintonizzati.

Della serie Accordi Segreti: La Storia degli Accordi di Basilea

 

"Libero mercato ? Solo quando lo diciamo NOI!"

Accordi Segreti: La Storia degli Accordi di Basilea

Nel labirinto della regolamentazione finanziaria internazionale, dove le regole vengono forgiate in riunioni a porte chiuse e influenzano trilioni di dollari, gli Accordi di Basilea rappresentano un capitolo emblematico. Nati sotto l'egida del Basel Committee on Banking Supervision (BCBS), questi patti – spesso negoziati in discrezione per evitare turbolenze sui mercati – hanno ridefinito i requisiti patrimoniali delle banche globali, imponendo standard per prevenire crisi sistemiche. Non sono accordi vincolanti in senso stretto, ma linee guida che i paesi adottano volontariamente, con un velo di segretezza iniziale per coordinare le potenze economiche senza allarmare investitori. Dalla loro genesi negli anni '70 alla recente evoluzione, ripercorriamo questa saga, che ha trasformato il mondo bancario da un far west di rischi a un sistema più resiliente – o almeno così si spera.

Le Origini: La Nascita del Comitato di Basilea e il Concordat

La storia inizia nel 1974, in un contesto di caos finanziario globale. Il crollo del sistema di Bretton Woods nel 1971, con la fine della convertibilità del dollaro in oro, aveva destabilizzato i mercati valutari. A ciò si aggiunse il fallimento della Bankhaus Herstatt in Germania Ovest nel giugno 1974, che causò perdite per milioni di dollari a causa di transazioni valutarie non regolate, evidenziando la necessità di una supervisione transfrontaliera. I governatori delle banche centrali del Gruppo dei Dieci (G10) – tra cui USA, Germania, Francia, Italia e Regno Unito – istituirono il Committee on Banking Regulations and Supervisory Practices, poi ribattezzato Basel Committee on Banking Supervision (BCBS), con sede presso la Bank for International Settlements (BIS) a Basilea, in Svizzera. La prima riunione si tenne nel febbraio 1975, con l'obiettivo di rafforzare la stabilità finanziaria attraverso una cooperazione regolare e lo scambio di best practices.

Il primo "accordo segreto" fu il Basel Concordat del 1975, un documento che delineava i principi per la supervisione delle filiali bancarie estere, dividendo le responsabilità tra autorità ospitanti e madri. Rivisto nel 1983 come Principles for the supervision of banks' foreign establishments e nel 1992 come Minimum standards for the supervision of international banking groups, questo patto pose le basi per una vigilanza consolidata, evitando duplicazioni e lacune. Nel 1997, vennero pubblicati i Core Principles for Effective Banking Supervision, un set di 29 principi (ultima revisione aprile 2024) su poteri supervisori, intervento precoce e conformità, adottati da oltre 140 paesi.

L'Evoluzione: Da Basel I a Basel IV

Gli Accordi di Basilea veri e propri – noti come Basel I, II, III e le riforme successive – si svilupparono in risposta a crisi successive, con negoziati spesso condotti in riservatezza per raggiungere consensi tra giurisdizioni diverse.

  • Basel I (1988): Negli anni '80, la crisi del debito latinoamericano espose la debolezza dei capitali bancari. Dopo un consultative paper nel dicembre 1987, l'accordo fu approvato nel luglio 1988 dai governatori G10 e implementato entro il 1992. Introduceva un requisito minimo di capitale dell'8% sugli attivi ponderati per rischio (risk-weighted assets, RWA), coprendo rischi di credito e, dal 1996, rischi di mercato (con emendamenti per netting e value-at-risk). Adottato globalmente, segnò il passaggio da una vigilanza "strutturale" a una basata sul capitale.
  • Basel II (2004): Proposto nel giugno 1999 e rilasciato nel giugno 2004 dopo ampie consultazioni, Basel II introduceva tre pilastri: requisiti minimi di capitale (più sensibili ai rischi, con approcci standardizzati o interni), revisione supervisoria e disclosure per la disciplina di mercato. Mirava a premiare banche con migliori sistemi di risk management, includendo rischi operativi e integrando nel 2006 il trading book. L'adozione variò per tempi, con enfasi sulla cooperazione internazionale.
  • Basel III (2010-2019): La crisi finanziaria 2007-2009, con fallimenti come Lehman Brothers, rivelò lacune in leverage, liquidità e governance. Nel settembre 2008 furono emessi principi per la gestione del rischio di liquidità. L'accordo, approvato nel dicembre 2010 e endorsed dal G20, rafforzava Basel II con requisiti più alti: focus su common equity, buffer di conservazione e anticiclico, leverage ratio, Liquidity Coverage Ratio (LCR) e Net Stable Funding Ratio (NSFR). Phased in dal 2013 al 2019, includeva requisiti per banche sistematicamente importanti. Nel 2017-2019, riforme (spesso chiamate "Basel IV") revisionarono rischi di credito, CVA, operativi e introdussero un output floor per limitare variabilità RWA.

Il Comitato, cresciuto a 45 istituzioni in 28 giurisdizioni, monitora l'implementazione tramite il Regulatory Consistency Assessment Programme (RCAP) dal 2012.

La Fine? O Solo un'Evoluzione Continua

Gli Accordi di Basilea non hanno una "scadenza" formale, ma evolvono con le crisi: dalla pandemia COVID-19 alle tensioni geopolitiche, il BCBS continua a emettere guidance, come su rischi climatici e digitali. Nel 2024, l'UE ha discusso rinvii per Basel III, riflettendo dibattiti su equilibrio tra stabilità e crescita. L'eredità è controversa: hanno prevenuto fallimenti bancari, ma critici li accusano di favorire grandi banche e complessità eccessiva.

In questa serie su "Accordi Segreti", gli Accordi di Basilea ci insegnano come patti forgiati in sale blindate possano plasmare l'economia mondiale. Prossimo episodio: gli accordi di Bretton Woods? Rimanete sintonizzati.