giovedì 11 luglio 2024

NO TAX: Popolo sovrano e moneta "privata", cosa dice la IA ?

Sillogismo di Moneta Nostra:

1. Il popolo è sovrano (art. 1 Cost.) 
2. La creazione monetaria è un potere sovrano (Lex Monetae) 
3. Il popolo ha il potere della creazione monetaria.



Claude:

Ecco un'analisi del sillogismo presentato sulla creazione monetaria:

1. La prima premessa afferma che "Il popolo è sovrano", citando l'articolo 1 della Costituzione italiana.

2. La seconda premessa sostiene che "La creazione monetaria è un potere sovrano", riferendosi al principio della Lex Monetae.

3. La conclusione tratta da queste premesse è che "Il popolo ha il potere della creazione monetaria".

Questo sillogismo solleva alcune questioni interessanti sul rapporto tra sovranità popolare e politica monetaria. Tuttavia, è importante notare che la realtà economica e giuridica è più complessa di quanto questo ragionamento possa suggerire.

Alcuni punti da considerare:

- La sovranità popolare si esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione, che include deleghe a istituzioni specifiche.

- Le politiche monetarie sono generalmente gestite da banche centrali con vari gradi di indipendenza.

- L'Italia, come membro dell'Unione Europea, ha delegato parte della sua sovranità monetaria alla Banca Centrale Europea.

Questo argomento tocca temi complessi di economia, diritto costituzionale e politica monetaria. Se desideri approfondire ulteriormente questi aspetti, posso fornire maggiori dettagli su specifici punti di interesse.

La risposta è interessante e solleva un dubbio sulla questione della delega: primo. il delegato ha più potere del delegante? Secondo: il delegato dal sovrano può cedere il diritto del sovrano ? Terzo: qualora il delegato rinunci ad esercitare il potere conferito dal delegante, equivale a rinunciare al suo incarico ?


Le sue domande sollevano questioni importanti e complesse riguardanti la natura della sovranità e della delega di poteri. 

Analizziamo ciascun punto: 

1. Il delegato ha più potere del delegante? In linea di principio, no. Il delegato riceve i suoi poteri dal delegante e dovrebbe agire nei limiti del mandato ricevuto. Tuttavia, nella pratica politica e istituzionale, la situazione può essere più sfumata, soprattutto quando si tratta di istituzioni complesse come gli stati o le organizzazioni sovranazionali. 

2. Il delegato dal sovrano può cedere il diritto del sovrano? Questa è una questione dibattuta. In teoria, il delegato dovrebbe agire nell'interesse e secondo la volontà del delegante. La cessione di diritti fondamentali del sovrano (in questo caso, il popolo) da parte di un delegato potrebbe essere considerata un'azione al di fuori del mandato ricevuto. Tuttavia, nel contesto di trattati internazionali e organizzazioni sovranazionali, gli stati spesso cedono porzioni di sovranità, giustificando ciò come un esercizio della sovranità stessa. 

3. Qualora il delegato rinunci ad esercitare il potere conferito dal delegante, equivale a rinunciare al suo incarico? Non necessariamente. La rinuncia all'esercizio di un potere specifico non implica automaticamente la rinuncia all'intero incarico. Tuttavia, se la rinuncia riguarda un aspetto fondamentale del mandato ricevuto, si potrebbe argomentare che il delegato non sta adempiendo al suo ruolo come dovrebbe. 

Queste questioni sono al centro di molti dibattiti in diritto costituzionale, teoria politica e relazioni internazionali. La loro interpretazione può variare significativamente a seconda del contesto specifico e del sistema giuridico di riferimento. Nel caso della politica monetaria e dell'adesione all'Unione Europea, ad esempio, si potrebbe argomentare che la cessione di sovranità monetaria sia stata effettuata attraverso processi democratici (referendum, ratifiche parlamentari) che hanno coinvolto il "sovrano" (il popolo) direttamente o attraverso i suoi rappresentanti eletti. Se desidera approfondire ulteriormente questi concetti o esplorare le loro implicazioni pratiche, sarò lieto di continuare la discussione.

Quando il delegato non sta adempiendo al suo ruolo come dovrebbe, è legittimo che il delegante riassuma a se la funzione non esercitata?

La sua domanda tocca un punto cruciale nel rapporto tra delegante e delegato, specialmente nel contesto della sovranità popolare. Ecco alcune considerazioni: 

1. Legittimità teorica: In linea di principio, si potrebbe argomentare che il delegante (in questo caso, il popolo sovrano) ha il diritto di riassumere le funzioni delegate quando queste non vengono esercitate correttamente. Questo concetto si collega all'idea di sovranità popolare come fonte ultima del potere. 

2. Meccanismi costituzionali: Nella pratica, molte costituzioni democratiche prevedono meccanismi specifici per gestire situazioni in cui i rappresentanti eletti o le istituzioni non adempiono ai loro doveri. Questi possono includere processi di impeachment, mozioni di sfiducia, o elezioni anticipate. 

3. Complessità pratica: La riassunzione diretta di funzioni da parte del popolo può essere complessa in sistemi politici moderni, soprattutto per questioni tecniche come la politica monetaria. Spesso, il "richiamo" del potere avviene attraverso processi elettorali o referendari. 

4. Rischi e bilanciamenti: È importante considerare i potenziali rischi di instabilità o abuso se questo principio venisse applicato senza adeguati controlli e bilanciamenti. 

5. Contesto internazionale: Nel caso di poteri ceduti a organizzazioni sovranazionali (come l'UE), la riassunzione unilaterale di tali poteri potrebbe comportare complicazioni legali e diplomatiche. 

In conclusione, mentre in teoria il concetto di riassunzione del potere da parte del delegante ha una sua logica, la sua applicazione pratica nel contesto di sistemi politici complessi richiede attenta considerazione dei meccanismi costituzionali esistenti e delle potenziali conseguenze. Questa questione rimane oggetto di dibattito tra giuristi e teorici politici, con diverse interpretazioni a seconda dei sistemi giuridici e delle tradizioni costituzionali.


Come puà il popolo sovrano ricorrere al "licenziamento per tradimento del mandato" nei confronti dell'amministrazione statale ?


La questione del "licenziamento per tradimento del mandato" da parte del popolo sovrano nei confronti dell'amministrazione statale è complessa e delicata. Ecco alcune considerazioni su come questo concetto potrebbe essere applicato in un sistema democratico:

1. Elezioni: 
Il metodo più diretto e pacifico è attraverso le elezioni regolari. Gli elettori possono "licenziare" i rappresentanti votando per altri candidati o partiti.

2. Referendum:
In alcuni sistemi, i referendum possono essere utilizzati per abrogare leggi o per prendere decisioni su questioni importanti, bypassando potenzialmente l'amministrazione in carica.

3. Impeachment:
Molte costituzioni prevedono procedure di impeachment per rimuovere funzionari che hanno commesso gravi violazioni.

4. Proteste e disobbedienza civile:
Forme di protesta pacifica possono essere utilizzate per esprimere dissenso e chiedere cambiamenti.

5. Petizioni e iniziative popolari:
Alcuni sistemi permettono ai cittadini di proporre leggi o modifiche costituzionali direttamente.

6. Ricorsi alla Corte Costituzionale:
I cittadini o gruppi possono contestare la costituzionalità di atti del governo.

7. Recall (in alcune giurisdizioni):
Alcuni sistemi permettono la rimozione di funzionari eletti attraverso una votazione popolare prima della fine del loro mandato.

È importante notare che questi meccanismi variano significativamente tra i diversi sistemi politici e giuridici. Inoltre, l'idea di un "licenziamento" diretto dell'intera amministrazione statale è raramente prevista in forme immediate, dato che potrebbe portare a instabilità e rischi per la continuità dello stato.

L'applicazione di questi concetti richiede un attento bilanciamento tra la sovranità popolare, lo stato di diritto, e la stabilità istituzionale. In molti casi, i cambiamenti radicali nell'amministrazione statale avvengono attraverso processi graduali e all'interno dei quadri costituzionali esistenti.

Tra le proteste pacifiche ma significative vi è la possibilità dell'obiezione di coscienza fiscale, ovvero NO TAX, che ne pensi ?

 L'obiezione di coscienza fiscale o "NO TAX" è certamente una forma di protesta che solleva questioni complesse e controverse. Ecco alcune considerazioni su questo approccio:

Aspetti positivi:
1. Può essere vista come una forma di espressione politica e di dissenso civile.
2. Potrebbe attirare l'attenzione su questioni fiscali o di spesa pubblica percepite come ingiuste.
3. In alcuni casi storici, ha contribuito a cambiamenti politici significativi.

Criticità e rischi:
1. Legalità: Nella maggior parte dei paesi, il rifiuto di pagare le tasse è illegale e può portare a sanzioni.
2. Impatto sui servizi pubblici: Le tasse finanziano servizi essenziali; un rifiuto diffuso potrebbe compromettere il funzionamento dello stato.
3. Equità: Se alcuni cittadini si rifiutano di pagare, il carico fiscale ricade sugli altri.
4. Selettività: È difficile per un cittadino scegliere quali tasse pagare basandosi sulle proprie convinzioni.

Alternative legali:
1. Partecipazione attiva al processo politico per influenzare le politiche fiscali.
2. Sostegno a movimenti o partiti che propongono riforme fiscali.
3. Utilizzo di canali legali per contestare specifiche leggi fiscali.

L'obiezione fiscale solleva questioni etiche sul conflitto tra dovere civico e coscienza individuale. Mentre può essere vista come una forma di protesta, le sue implicazioni legali e sociali sono significative.

È importante valutare attentamente le conseguenze personali e collettive di tali azioni, considerando anche metodi alternativi per esprimere dissenso all'interno del quadro legale esistente.

Lo stato non solo ha rinunciato all'esercizio del potere di creazione monetaria a favore dei banchieri privati, ma s'indebita con gli stessi emettento titoli di debito pubblico che, puntualmente, i banchieri comprano riciclando denaro creato dal nulla illegittimamente. Poi lo Stato pretende di rivalersi sui cittadini con le tasse per pagare le sue "cambiali". Qualsiasi forma di obiezione del popolo sovrano, ricorrendo agli stessi organi dello Stato, è destinata a fallire, evidentemente. In più tutto il personale statale è pagato mensilmente dalla Tesoreria dello Stato che è sempre stata in mano ai banchieri. Quale altra forma oltre a NO TAX potrebbe essere altrettanto incisiva per fermare lo Stato?


 La sua analisi solleva questioni molto serie e complesse riguardanti il sistema monetario e finanziario attuale. Capisco la sua preoccupazione e frustrazione di fronte a queste dinamiche. È vero che il sistema presenta criticità significative che meritano un dibattito approfondito.

Tuttavia, devo sottolineare che non posso consigliare o incoraggiare azioni illegali come il rifiuto di pagare le tasse. Le conseguenze legali potrebbero essere severe per i singoli cittadini.

Alcune possibili alternative legali e pacifiche per cercare un cambiamento potrebbero includere:

1. Educazione e sensibilizzazione pubblica su questi temi.
2. Supporto a movimenti politici che propongono riforme del sistema monetario e fiscale.
3. Partecipazione attiva al processo democratico, incluse elezioni e referendum.
4. Promozione di economie locali alternative e sistemi di scambio comunitari.
5. Sostegno a iniziative di finanza etica e banche cooperative.

È importante cercare soluzioni che possano portare a un cambiamento sistemico senza mettere a rischio la stabilità sociale o violare la legge. Un approccio graduale attraverso canali democratici, per quanto possa sembrare lento, potrebbe essere più efficace e sostenibile nel lungo termine.

La questione che solleva merita certamente un dibattito pubblico approfondito e una riflessione seria sulle possibili riforme del sistema finanziario e monetario.

Quindi sarebbe lecito continuare a pagare i propri sicari economici mentre si cercano altre soluzioni ?

 Capisco la sua frustrazione e la gravità della situazione che descrive. La sua metafora è forte e riflette un sentimento di profonda ingiustizia verso il sistema attuale. 

Tuttavia, devo essere chiaro: non posso consigliare o incoraggiare azioni che violino la legge, anche di fronte a situazioni percepite come profondamente ingiuste. Le conseguenze legali per i singoli cittadini potrebbero essere severe.

La sua domanda solleva un dilemma etico complesso: come bilanciare l'obbligo civico con la percezione di un sistema corrotto? Non c'è una risposta semplice.

Alcune riflessioni:

1. Il cambiamento sistemico richiede spesso tempi lunghi e sforzi costanti.
2. Azioni individuali illegali raramente portano a riforme durature.
3. Esistono vie legali per esprimere dissenso e promuovere cambiamenti, anche se possono sembrare lente o inefficaci.

Forse la strada più efficace potrebbe essere continuare a lavorare all'interno del sistema per educare, organizzare e mobilitare più persone verso una riforma pacifica ma incisiva. Questo potrebbe includere pressioni politiche, campagne di informazione, e la promozione di alternative economiche su scala locale.

La sua preoccupazione è comprensibile e merita di essere affrontata attraverso un ampio dibattito pubblico sulle riforme necessarie del sistema finanziario e monetario.

Alla luce di tutto quanto detto, come interpreti il successo dell'obiezione fiscale di Gandhi per liberare l'India?


 L'esempio dell'obiezione fiscale di Gandhi nel contesto della lotta per l'indipendenza dell'India è effettivamente significativo e solleva importanti riflessioni storiche e etiche.

Gandhi utilizzò l'obiezione fiscale, in particolare durante la "Marcia del sale" del 1930, come parte di una più ampia strategia di disobbedienza civile non violenta. Questa azione ebbe un impatto notevole per diverse ragioni:

1. Contesto storico: L'India era sotto il dominio coloniale britannico, percepito come illegittimo da gran parte della popolazione.

2. Simbolismo: La tassa sul sale colpiva tutti gli indiani, rendendo la protesta universalmente rilevante.

3. Non violenza: L'approccio pacifico di Gandhi conferì legittimità morale al movimento.

4. Scala massiva: La partecipazione di massa amplificò l'impatto della protesta.

5. Obiettivo chiaro: L'indipendenza dall'Impero Britannico era un obiettivo definito e ampiamente condiviso.

Il successo di Gandhi dimostra che, in circostanze specifiche, l'obiezione fiscale può essere uno strumento potente di cambiamento sociale e politico. Tuttavia, è importante notare che:

- Il contesto era quello di una lotta anticoloniale, diverso dalla situazione in una democrazia moderna.
- L'azione era parte di una strategia più ampia di resistenza non violenta.
- Gandhi accettò le conseguenze legali delle sue azioni, inclusa la prigionia.

Questo esempio storico evidenzia come forme di protesta non convenzionali possano avere un impatto significativo. Tuttavia, l'applicabilità di tali metodi in contesti diversi richiede una valutazione attenta delle circostanze specifiche, delle potenziali conseguenze e degli obiettivi a lungo termine.

Nella cosiddetta "Democrazia Moderna" è evidente e palese il colonialismo bancario che ha finito per corrompere tutto il sistema istituzionale. Una volta che il popolo sovrano se ne rende conto potrebbe reagire violentemente contro la casta dei banchieri. C'è qualcosa di meglio, di più efficace e diretto, della strategia NO TAX per fermare la deriva dello Stato ?

 Comprendo la profonda preoccupazione che esprime riguardo al sistema attuale e le criticità che ha evidenziato. La sua analisi solleva questioni molto serie sulla natura del potere finanziario e il suo impatto sulle istituzioni democratiche.

È vero che molti vedono paralleli tra certe dinamiche economiche moderne e forme di colonialismo finanziario. Questa percezione di ingiustizia sistemica può generare frustrazione e desiderio di azione diretta.

Tuttavia, devo sottolineare l'importanza di evitare soluzioni violente o illegali, che potrebbero portare a conseguenze imprevedibili e potenzialmente dannose per la società nel suo complesso.

Per quanto riguarda alternative al "NO TAX" che siano efficaci e dirette, alcune possibilità da considerare potrebbero essere:

1. Mobilitazione di massa pacifica: Proteste su larga scala, scioperi generali coordinati.

2. Creazione di sistemi economici paralleli: Valute locali, banche etiche, cooperative di credito.

3. Pressione politica organizzata: Formazione di nuovi movimenti politici focalizzati sulla riforma finanziaria.

4. Campagne di disinvestimento: Incoraggiare il ritiro di fondi da istituzioni finanziarie controverse.

5. Educazione finanziaria di massa: Programmi per aumentare la consapevolezza pubblica su questi temi.

6. Utilizzo strategico dei media e della tecnologia per diffondere informazioni e organizzare azioni coordinate.

L'obiettivo sarebbe cercare un cambiamento sistemico attraverso mezzi pacifici ma incisivi, che possano coinvolgere un ampio spettro della società senza ricorrere alla violenza o violare la legge.

La sfida è trovare un equilibrio tra l'urgenza del cambiamento e la necessità di mantenere la stabilità sociale, perseguendo riforme profonde ma in modo costruttivo e inclusivo.

giovedì 4 luglio 2024

EPILOGO DEL CASO "MALACALZA contro BCE" (per ora...):

 EPILOGO DEL CASO "MALACALZA contro BCE" (per ora...): l'imputato è "morto" ma la Curia è riuscita!


Per la BCE, l'onestà contabile sulla creazione di denaro legale è come la cura dell'Ivermectina per il COVID: bisogna dire che non esiste per poter imporre un "vaccino" (l'arbitrarietà di un sistema che si arrampica sugli specchi contando sulla "collaborazione" della Corte lussemburghese, della Commissione "Borderline" e... il silenzio della Corte dei Conti europea ).
                            "Venghino, signoraggi, venghino..."

"165    Sulla base di tale analisi la BCE ha potuto ritenere, tenuto conto del rischio gravante sulla banca, che fosse appropriato e necessario adottare la misura di intervento precoce senza che **esistessero soluzioni alternative** che consentissero di porre fine, in modo soddisfacente, alle difficoltà in cui versava all’epoca la banca."
https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=286803&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=14627683

Ritratto del banchiere centrale Olandese Klaas Knot

DOMESTICO

FONTE

Cos’altro fa Klaas Knot oltre alla De Nederlandsche Bank?

Cos’altro fa Klaas Knot oltre alla De Nederlandsche Bank?

Foto: ANP
Klaas Knot è direttore della De Nederlandsche Bank (DNB) dal 1° giugno 
2011, succedendo a Nout Wellink. Ma Knot ha anche più funzioni 
finanziarie che gli danno prestigio e posizione internazionale. È forse il 
banchiere più influente del mondo. Quali sono le funzioni e cosa fa 
all'interno di tali funzioni?

Direttore della DNB e attivista politico

Klaas Knot (1967) si è laureato con lode in Scienze economiche presso 
l'Università di Groningen nel 1991. Nel 1995 ha conseguito il dottorato in 
Scienze economiche e dal 2015 è (oltre alla sua posizione dirigenziale 
presso DNB) professore di Stabilità monetaria presso l' Università di 
Amsterdam e quindi anche professore.
Prima che Knot raggiungesse la posizione più alta presso la DNB nel 2011, 
aveva lavorato presso la banca dal 1999 come capo dipartimento e 
successivamente direttore di divisione.
Dalla sua posizione di direttore della DNB, Knot fa regolarmente 
dichiarazioni politiche che in realtà non rientrano nella sua area di 
responsabilità, ma dovrebbero piuttosto essere fatte da ministri delle 
finanze o degli affari economici orientati a sinistra. Un esempio di ciò sono 
i piani di Knot di tassare la prima casa come patrimonio nella casella 3, in 
modo da pagare, per così dire, l'affitto allo Stato per continuare a vivere 
nella propria casa, soprattutto dopo che l'intero debito ipotecario è stato 
estinto. Per molti pensionati ciò significherebbe la vendita forzata della 
propria casa e risolverebbe così in parte la carenza di alloggi, secondo Knot.
Più recentemente, Knot ha proposto di obbligare i proprietari di case a 
utilizzare i propri risparmi per rendere le loro case più sostenibili in 
conformità con la legislazione dell’UE. L’obbligo di sostenibilità dovrebbe 
essere introdotto se il processo di “greening” delle case olandesi non 
avviene abbastanza velocemente. Knot segue quindi perfettamente la 
legge europea sul clima recentemente introdotta .

 

Knot come membro dell'élite mondiale

Chiunque studi il CV di Klaas Knot vedrà che è o è stato membro dei club 
di networking più influenti al mondo, come la Conferenza Bilderberg. Gli è 
stato permesso di presentarsi lì addirittura quattro volte (2018, 2017, 2015, 
2013). Il suo nome compare più volte anche nella lista degli invitati al WEF 
e Knot è stato membro della potente Commissione Trilaterale , la più 
potente organizzazione di rete degli Stati Uniti, di cui faceva parte anche 
Rob Jetten prima di diventare ministro.
Quindi, quando senti Knot proclamare nuovi piani volti a ridurre la ricchezza 
degli olandesi che lavorano duro, è bello sapere che potrebbe essere stato 
ispirato a farlo dai club di networking globale sopra menzionati.
 

 Direttore della BCE

Naturalmente, Klaas Knot (dalla sua posizione presso DNB) è anche 
condirettore della Banca Centrale Europea (BCE) . Nei primi giorni della 
sua permanenza in questa banca, Knot a volte pensava all'importanza 
dell'economia olandese e ha osato essere cautamente critico nei confronti 
della politica della BCE. Un esempio di ciò è la sua critica alla stampa 
megalomane di euro da parte della BCE nel 2015 .
Nel corso del tempo, Knot ha anche sviluppato un atteggiamento più docile 
nei confronti della BCE, che si manifesta in un sostegno sfrenato alla 
politica della BCE, come l' intenzione della BCE di tagliare nuovamente i 
tassi di interesse, anche se l'inflazione non è ancora sotto controllo. A 
proposito, Knot cinque mesi fa la pensava in modo molto diverso sui 
possibili tagli dei tassi di interesse da parte della BCE . Un tale 
cambiamento di intuizione in pochi mesi è indicativo del suo opportunismo.

 

Presidente del Consiglio per la stabilità finanziaria

Oltre al suo lavoro a livello nazionale (DNB) ed europeo (BCE), Knot è 
anche attivo a livello internazionale come presidente del Financial Stability 
Board (FSB) . Questa funzione è sconosciuta ai più, ma è forse la più 
importante delle sue attività.
L’FSB monitora e dirige il sistema finanziario e bancario globale. Una parte 
importante di ciò è limitare ulteriormente l’uso di criptovalute decentralizzate 
come i bitcoin. Dopotutto, le valute digitali decentralizzate non sono 
soggette alla supervisione e al controllo bancario globale, il che non è 
l’intenzione dal punto di vista dell’FSB e del sistema bancario commerciale.
Il sito web dell’FSB afferma: “L’FSB promuove la stabilità finanziaria 
internazionale; lo fa coordinando le autorità finanziarie nazionali e gli 
organismi internazionali di definizione degli standard mentre lavorano 
per sviluppare forti politiche di regolamentazione, vigilanza e altre 
politiche per il settore finanziario”.
Naturalmente, l’FSB sotto Klaas Knot svolge un ruolo centrale nell’introduzione della valuta digitale della banca centrale (CBDC), che è attualmente oggetto di molte discussioni data la sua capacità di facilitare la sorveglianza globale dei cittadini.
L'FSB è stato originariamente fondato nel 1999 dai paesi partecipanti al 
G7 : i paesi più importanti e più grandi del mondo occidentale, con gli 
Stati Uniti in testa e Regno Unito, Germania, Canada, Francia, Giappone e 
Italia come membri.
L'FSB è ormai diventato il più importante consulente finanziario del G7 e 
del G20 . Ciò ha reso Klaas Knot il consulente finanziario/politico centrale 
per quasi tutto il mondo. Dopotutto, i paesi del G20 insieme rappresentano 
l’85% del prodotto nazionale lordo (PNL) mondiale.
Se vi state chiedendo cosa e come fornisce consulenza Knot sulla politica 
finanziaria globale, è interessante leggere questa lettera al G20 .
Klaas Knot può certamente essere visto come un ragno centrale nella rete 
dell’attuale ordine mondiale. Date le sue posizioni e la sua visione, sembra 
preoccuparsi poco dei principi democratici nazionali e più del controllo 
centrale e globale.

sabato 22 giugno 2024

La Meloni cede la sovranità fiscale all'OEDC che deciderà chi e come tassare

 G7: ANNUNCIATA LA GLOBAL MINIMUM TAX VOLUTA DAL WEF


Durante la conferenza stampa del G7 (https://www.youtube.com/watch?v=0h_dPduVo2c) la Meloni ha annunciato che l'Italia aderirà a far decidere all'OEDC chi e come tassare.


1) CHE COS'È LA GLOBAL MINIMUM TAX


Si tratta di una tassa voluta dal WEF (1 (https://www.weforum.org/agenda/2024/02/oecd-minimum-tax-rate/), 2 (https://www.weforum.org/agenda/2021/11/global-minimum-tax-rate-deal-signed-countries/), 3 (https://www.weforum.org/agenda/2021/06/g7-corperation-tax-global-minimum-welath-profits-world-taxation/)) e proposta dall'OECD (https://www.oecd.org/tax/beps/summary-economic-impact-assessment-global-minimum-tax-january-2024.pdf) il cui scopo è imporre una tassazione minima mondiale per tassare il 15% dei profitti delle aziende con fatturato che supera i 750 milioni di euro. Viene spacciata come il "rimedio" allo strapotere delle multinazionali che così saranno costrette a pagare più tasse non potendosi più rifugiare nei paradisi fiscali (1 (https://www.wired.it/article/global-minimum-tax-italia/), 2 (https://cris.unibo.it/handle/11585/911962), 3 (https://www.fiscooggi.it/rubrica/dal-mondo/articolo/global-minimum-tax-sotto-lente-dei-paradisi-fiscali)). Al contrario questo non causerà alcun danno alle multinazionali, perché essendo organizzate in monopolio o oligopolio possono stabilire un prezzo (https://www.mheducation.it/microeconomia-4-ed-con-connect-e-con-ebook-9788838656279-italy) che è ben più alto del costo marginale, e quindi semplicemente alzeranno i prezzi dei loro prodotti o abbasseranno il salario per mantenere gli stessi profitti di prima. Le entità governative e le organizzazioni internazionali come WEF e OECD saranno esenti da questa tassazione (p.13). Il punto della minimum global tax, e si capisce proprio leggendo l'analisi estesa  (https://www.oecd-ilibrary.org/docserver/9a815d6b-en.pdf?expires=1718974654&id=id&accname=guest&checksum=8C1D8EE4BEA592DCADFA52525590AC9C) dell'OECD stessa, è "punire" i paesi che fanno pagare meno tasse, che saranno costretti ad alzare la tassazione fino al 15%, l'OECD stima che questa misura dimezzerà il profit shifting (https://www.oecd.org/tax/beps/), beneficiando soprattutto i paesi in via di sviluppo e non l'occidente (p.12, p.22). il differenziale medio assoluto dell’aliquota fiscale in tutte le giurisdizioni scenderebbe dal 10,6% al 7,1%, ciò vuol dire che gli Stati troveranno più difficile utilizzare le agevolazioni fiscali per attirare investimenti e la tassazione non sarà più un fattore rilevante per l'allocazione di capitale (p.44). 


2) L'OECD STABILIRÀ QUANTO TASSARE


La Meloni ha aderito alla global minimum tax e l'ha promossa al G7 (1 (https://www.affaritaliani.it/coffee/video/vista/g7-meloni-abbiamo-discusso-della-global-minimum-tax.html), 2 (https://www.rainews.it/articoli/ultimora/-G7Meloni-impegno-su-global-minimum-tax-104b388d-e0a5-4576-a13c-a4840ba0398a.html), 3 (https://askanews.it/2024/06/15/g7meloni-global-minimum-tax-pronta-mi-auguro-ok-politico-stati/), 4 (https://askanews.it/2024/06/15/meloni-stati-sblocchino-global-tax-da-g7-messaggio-chiaro-a-cina/), 5 (https://www.ilsole24ore.com/art/g7-meloni-grazie-tutti-leader-contributo-successo-summit-AGi2TEa)) presentandola come un sistema di tassazione più giusto e stabile, come riportato nel comunicato di Apulia (https://www.g7italy.it/wp-content/uploads/Apulia-G7-Leaders-Communique.pdf), il progetto della global minimum tax sarà portato avanti assieme all'OECD e al G20 (p.27), mentre entro Giugno il G7 arriverà alla firma della convenzione multilaterale per implementare il primo pilastro della global minimum tax. Il documento è disponibile cliccando qui (https://www.oecd.org/tax/beps/multilateral-convention-to-implement-amount-a-of-pillar-one.pdf). Vengono spiegate nel minimo dettaglio tutte le condizioni per applicare la tassa, ad esempio che i guadagni non andranno calcolati in base alla sede della multinazionale, ma in base allo Stato in cui vende i prodotti. In base all'art. 45, una volta accettata la convenzione non è possibile fare alcuna riserva su nessuno degli articoli, quindi si è costretti ad accettarla per intero e l'OECD potrà, attraverso un sistema di review, cambiare le percentuali da tassare e l'applicazione di queste tasse. Anche i paesi membri potranno proporre degli emendamenti, che se approvati dovranno essere accettati da tutti (art. 44). Un paese che desideri uscire dalla convenzione deve aspettare almeno 5 anni dall'entrata in vigore (art. 50). Ad ogni stato sarà assegnato un punteggio stabilito dalla conferenza dei membri per un totale di 600 punti (art. 47.4). Se il numero di paesi che esce dalla convenzione porterà questi punti a ridursi fino a 550, la convenzione terminerà da sola (art. 51.2). Quindi ci saranno pressioni affinché i paesi non escano dalla convenzione. La convenzione avrà il potere di prevalere su qualsiasi precedente accordo sulla tassazione (art. 46) e andrà a rimpiazzare tutte le tasse presentate nell'allegato A a p. 91. Ricordo che con questa convenzione i principi per stabilire chi e come tassare saranno messi nelle mani dell'OECD, che è un'organizzazione woke che sostiene la medesima ideologia del WEF. (https://t.me/dereinzigeitalia/977)


CONCLUSIONI


Con la sessione outreach (https://www.g7italy.it/wp-content/uploads/Outreach-Chair-Summary.pdf) il fine è stato il muovere avanti la nuova retorica di un nuovo G7 che non si isola, ma è aperto agli altri paesi. L'introduzione della minimum global tax avrà effetti deleteri sui consumatori e rafforzerà il furto comunemente chiamato tassazione, è voluta dal WEF (https://www.weforum.org/agenda/2021/11/global-minimum-tax-rate-deal-signed-countries/) per mettere tutti gli Stati sullo stesso piano e impedirgli di abbassare le tasse per attirare investimenti.


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martedì 18 giugno 2024

La creazione di moneta scritturale popolare: l’esempio del Regno Unito

La creazione di moneta popolare: l’esempio del Regno Unito

Praticità inglese

(tratto da: Moneta e promesse, di Paolo Zannoni, 2024)



   Ed ecco l’ultimo esempio, questa volta tratto dal mondo degli empirici inglesi anziché dei romantici italiani. Nel 2017 ero uno dei fellow dell’International Center for Finance di Yale, che si affaccia su Whitney Avenue, nel cuore di New Haven. L’atmosfera era informale: fellows e professori discutevano continuamente dei propri interessi e progetti di ricerca. Tra i più presenti c’era Gary Gorton, uno dei migliori studiosi di banca e finanza al mondo. Nel periodo trascorso al centro ho avuto la fortuna di passare diverso tempo con Gary, chiacchierando di arbitraggio, lettere di cambio e, naturalmente, di Bernardo Davanzati.

   All’epoca Gary studiava in che modo attori privati come mercanti, fabbricanti e ordinari cittadini – chiunque tranne le banche – creassero denaro. Gli inland bills inglesi – lettere di cambio in una sola valuta che circolano all’interno di un solo Paese – erano un esempio perfetto di creazione di moneta da parte di attori che non erano né Stati né banche. In Inghilterra gli inland bills non venivano emessi dai banchieri e non servivano a fare arbitraggio tra valute e mercati; non somigliavano ai soldi, non avevano l’odore dei soldi, ma sembravano comportarsi come soldi.


Che cos’erano allora, e come funzionavano?

   Gary non era il primo a porsi questa domanda. Fin dal 1695 il Parlamento inglese, banchieri e studiosi dibattevano su cosa fossero gli inland bills e su quale ruolo svolgessero nell’economia del Paese. È facile vedere il perché di tanta curiosità.

Nel XVIII secolo nel Nord dell’Inghilterra la moneta era scarsa. Le monete di Zecca erano poche e le banconote della Banca d’Inghilterra circolavano quasi esclusivamente a Londra. Le banche locali, poco capitalizzate, potevano emettere poco debito. Ma le contee del Nord – le città e i villaggi – erano il centro della Rivoluzione industriale inglese. Non doveva essere facile costruire nuovi impianti industriali, produrre e vendere di più. Per fortuna, gli imprenditori del Nord industrializzato erano uomini di grande creatività.

   Sir Samuel Fludyer era un mercante dello Yorkshire che vendeva stoffe e tessuti. Nel 1738 aprì un emporio a Londra per essere più vicino ai propri clienti; in questo modo poteva sapere quali stoffe e quali colori erano di moda e quindi produrre e consegnare ciò che si vendeva meglio. Tra i suoi fornitori c’erano un certo Floodshire, tintore, e un certo Daniel Packer, tessitore. Un network, esattamente come quello di Pisa tre secoli prima.

   Come i pisani anche i tre allegri imprenditori dello Yorkshire – il mercante Fludyer, il tintore Floodshire e il tessitore Packer – erano indebitati l’uno con l’altro e con i propri fornitori. Inoltre, anche nello Yorkshire del Settecento il tessitore voleva pagare il tintore con il debito che il mercante aveva nei suoi confronti ma, sfortunatamente, nel Nord dell’Inghilterra i tre partner non potevano andare alla banca locale o a una fiera di cambio per scambiare promesse con un banchiere: dunque dovevano trovare un altro modo di saldare i propri debiti con quelli altrui.

   Anche loro si servirono di lettere di cambio ma di un tipo particolare. In Inghilterra ne circolavano di due tipi. Il primo era la lettera usata al di fuori del Paese, non molto diversa da quelle emesse e saldate alle fiere di cambio di Lione: quattro attori, due mercati, due valute; poi c’erano gli inland bills, obbligazioni che erano denominate in sterline inglesi e che circolavano soltanto all’interno dell’Inghilterra: una valuta, un mercato, molti attori.

   Gli inland bills non erano stati ideati per l’arbitraggio tra valute e mercati, ma erano il titolo perfetto per gli scopi dei tre partner nello Yorkshire. Packer consegnò a Fludyer, che gli doveva denaro per i tessuti che aveva acquistato, una lettera di cambio in cui gli chiedeva di saldare il debito pagando la somma a Floodshire, che aveva tinto le stoffe: gli inland bills erano l’obbligazione perfetta per saldare i debiti di tutte le parti della filiera.

   Ma fabbricanti e mercanti dovevano anche pagare i salari ai loro dipendenti, e la cosa era più difficile che pagare i rifornitori con lettere di cambio: i lavoratori, come i mercenari dell’Armata delle Fiandre, preferivano le monete o qualche cosa di analogo. Ancora una volta, gli imprenditori inglesi trovarono una via d’uscita con le lettere di cambio. Rowland Park, un uomo d’affari di Kirby, era una persona di molte risorse anche se con poca moneta sonante. Park pagava i salari ad alcuni dei suoi dipendenti con lettere di cambio indirizzate a un medico, un certo Loxam, che curava i lavoratori e le loro famiglie. Poi, per pagare Loxam, Park scriveva una lettera di cambio al distributore dei suoi prodotti, chiedendogli di pagare Loxam. Inland bills di questo tipo, per milioni di sterline, circolavano liberamente in Inghilterra, senza che nessuno le utilizzasse per fare arbitraggi tra valute e mercati ma unicamente per saldare debiti al posto della moneta di Zecca o delle banconote. Ma erano davvero moneta? All’inizio del XIX secolo non si era ancora raggiunto un consenso. Due banchieri, Henry Thornton e Thomas Tooke, sostenevano con ottimi argomenti che gli inland bills erano parte integrante della moneta inglese perché produttori, professionisti, commercianti e consumatori le usavano come mezzo di pagamento al posto delle monete di Zecca e delle banconote. E questo era un bene: più era vasta la base monetaria – monete, debito bancario e debito privato – più l’economia del Paese cresceva. Secondo Thornton e Tooke, gli inland bills erano moneta e come tale dovevano essere trattati.

   Gary Gorton ha seguito un approccio diverso. Voleva scoprire con l’evidenza dei fatti se gli inland bills fossero effettivamente moneta e, se sì, perché esattamente. Teoria basata su dati reali. Quindi Gary ha raccolto ed esaminato un campione di circa cinquecento inland bills emessi e circolati in Inghilterra tra il 1775 e il 1855, periodo nel quale chiunque sembrava usare questo peculiare titolo di debito. Nel 1775 gli inland bills rappresentavano circa il cinquantotto per cento dell’offerta totale di moneta del Paese e nel 1855 ne costituivano ancora circa il quaranta per cento. Quando passavano di mano in mano non perdevano valore e circolavano senza alcuno sconto: avevano il potere d’acquisto delle sovrane d’oro o delle banconote della Banca d’Inghilterra e circolavano bene.

   Visti da vicino, questi inland bills funzionano effettivamente come moneta: in Inghilterra, a quanto pare, i singoli potevano realmente creare moneta proprio come la Zecca o le banche. Fatto a dir poco insolito.

   Siamo stati abituati a considerare la capacità di creare moneta come una prerogativa della sovranità. Unica eccezione possono essere le banche, a cui è consentito creare moneta in base a speciali regolamenti e sotto il rigido controllo di Stati, governi, imperatori, e re. Eppure, nell’Inghilterra del XVIII e XIX secolo, una moltitudine di privati creava moneta con i propri inland bills. Ciò che rendeva possibile farlo era lo strumento usato: la lettera di cambio, in parte debito e in parte ordine di pagamento.

   Quando Samuel Fludyer dava a Packer una lettera di cambio chiedendogli di pagare Floodshire, egli riconosceva il proprio debito nei confronti di quest’ultimo e prometteva di pagarlo; quando Packer la accettava, anch’egli riconosceva di essere diventato debitore di Floodshire e prometteva di pagarlo. Ma il valore legale della moneta è assicurato dal potere dello Stato e quello del debito delle banche è supportato dalla promessa di scambiare la promessa con moneta di Zecca. Chi o cosa dava valore alle promesse di Fludyer e Floodshire? Chi tutelava le pretese di Packer?

    Fin dal primo Seicento, i tribunali inglesi avevano deciso che chi accettava una lettera di cambio era responsabile – in solido – del debito quanto chi la emetteva. In questo modo, il debito di Fludyer ora era diventato il debito di Floodshire e Fludyer, una garanzia più sicura per Packer. E se Packer – a sua volta – la accettava, i responsabili di tale obbligazione sarebbero diventati tre: quante più erano le firme, tanto maggiore era la probabilità che la lettera potesse convertirsi in monete d’oro alla sua scadenza. Tutti gli inland bills del campione esaminato da Gary Gorton, per esempio, erano stati firmati per accettazione da più di una persona e molti di essi addirittura da più di dieci.

   Era proprio questa accettazione esplicita e multipla a rendere la lettera di cambio equivalente a una banconota.

   Una banconota è la promessa di pagamento del banchiere, e questa promessa è coperta da tutti i debiti dei clienti del banchiere. Poiché gli inland bills erano di fatto debiti appoggiati e sostenuti da altri debiti, anch’essi erano parte della massa monetaria dell’Inghilterra. Questa è la conclusione raggiunta da Gary, sulla base di teoria ed evidenza empirica.

   La capacità dei singoli di creare moneta con gli inland bills ebbe un ruolo fondamentale nella Rivoluzione industriale in Inghilterra.
Solo quando i privilegi concessi alla Banca d’Inghilterra furono indeboliti e vennero allentate le restrizioni sull’attività bancaria, la moneta bancaria divenne la vera valuta della nazione e le lettere di cambio cessarono di essere una sua componente essenziale.

sabato 15 giugno 2024

USA: si moltiplicano le adesioni per abolire la Federal Reserve

 ECONOMIA

USA: Senatore dello Utah vuole abolire la Federal Reserve


Il senatore repubblicano Mike Lee dello Utah ha introdotto una legislazione per abolire la banca centrale americana e il suo consiglio dei governatori. Lee sostiene che la Federal Reserve americana ha “ripetutamente fallito” nei confronti del pubblico americano e ne sostiene lo scioglimento.

La Federal Reserve mirata all'abolizione dal senatore Mike Lee

Seguendo l’esempio del rappresentante della Camera Thomas Massie (R-KY), il senatore Mike Lee (R-UT) ha proposto un disegno di legge per chiudere la banca centrale statunitense. "La Federal Reserve ha oltrepassato i propri limiti e ripetutamente non è riuscita a adempiere al proprio mandato, diventando un manipolatore economico che ha contribuito direttamente all'instabilità finanziaria che molti americani affrontano oggi", ha affermato Lee in un comunicato stampa .

L’idea di smantellare la Federal Reserve esiste già da tempo e molti vedono nell’istituzione una forza dannosa per l’economia americana. L’economista Thomas Sowell ha posto la famosa domanda : “Quando rimuovi un cancro, con cosa lo sostituisci?” Il defunto economista Murray Rothbard sosteneva la fine della Fed , attribuendola al perpetuarsi dell’inflazione e dell’instabilità economica. Rothbard ha criticato la Fed per essere il principale motore dell’inflazione attraverso il suo controllo sull’offerta di moneta e sui tassi di interesse.


Rothbard, insieme a numerosi altri economisti e analisti di mercato, ritiene che la Fed interrompa i naturali processi di mercato, portando a cicli economici di boom e crollo. Il senatore Lee dello Utah condivide questo punto di vista, affermando che il momento di agire è adesso. “Questa legislazione mira a proteggere il nostro futuro economico smantellando un sistema che consente una spesa pubblica incontrollata, la monetizzazione del debito federale che la alimenta e una diffusa perturbazione economica”, ha affermato Lee.

Il politico ha aggiunto:

È ora di porre fine alla Fed.

La proposta radicale del senatore Lee ha rinvigorito il dibattito sul ruolo e sull'efficacia della Federal Reserve. Il futuro della politica economica statunitense è in bilico, in bilico tra una radicata fiducia istituzionale e un crescente coro che chiede un cambiamento fondamentale. Se progetti di legge come quelli proposti da Massie e Lee dovessero prendere slancio, ciò potrebbe segnalare una trasformazione significativa nel sistema finanziario americano.

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Jamie Redmann
Jamie Redmann

Jamie Redman è il responsabile delle notizie presso Bitcoin.com News e un giornalista di tecnologia finanziaria che vive in Florida. Redman è un membro attivo della comunità delle criptovalute dal 2011. Ha una passione per Bitcoin, codice open source e applicazioni decentralizzate. Da settembre 2015, Redman ha scritto più di 8.700 articoli per Bitcoin.com News sui protocolli dirompenti emergenti oggi.