giovedì 29 settembre 2016

Parlamento e Governo ignorano la creazione di provvista dal nulla


CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 dicembre 2014
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
INTERROGAZIONI
  Martedì 16 dicembre 2014. — Presidenza del presidente Francesco BOCCIA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Paola De Micheli.
La seduta comincia alle 15.
5-01410 Fragomeli e altri: Sull'indennizzo da corrispondere in caso di estinzione anticipata dei prestiti ordinari concessi dalla Cassa depositi e prestiti in favore degli enti locali.
Il sottosegretario Paola DE MICHELI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).
Gian Mario FRAGOMELI (PD), replicando, si dichiara profondamente insoddisfatto della risposta del rappresentante del Governo, che giudica estremamente generica. Sottolineando che l'interrogazione è stata presentata oltre un anno fa, ricorda di aver ricevuto una risposta non dissimile da quella ricevuta nella seduta odierna con riferimento ad un'interrogazione a risposta immediata svolta in Commissione finanze nel settembre del 2013. Vorrebbe pertanto sapere dal rappresentante del Governo a quale strumento conoscitivo deve far ricorso per avere finalmente una risposta esauriente e dettagliata alle questioni da lui poste, in particolare per ottenere dati puntuali sui mutui attualmente in essere stipulati dagli enti locali, con indicazione del tasso di interesse della provvista relativa a ciascuno dei suddetti finanziamenti.   
Evidenzia poi che, di fatto, gli enti locali si trovano nell'impossibilità di estinguere anticipatamente i mutui a tasso fisso più onerosi, per i quali vengono chiesti indennizzi spesso superiori al 10 per cento del capitale da rimborsare, anche perché gli amministratori potrebbero essere chiamati a rispondere di danno erariale.  
Precisa di essere consapevole che il decreto-legge n. 7 del 2007 – cosiddetto Bersani – è applicabile esclusivamente ai mutui contratti dalle persone fisiche per l'acquisto dell'abitazione principale.   
Conclude ribadendo di ritenere inaccettabili gli indennizzi dovuti dagli enti locali per l'estinzione anticipata dei prestiti ordinari concessi dalla Cassa depositi e prestiti e preannunciando un altro atto di sindacato ispettivo con la richiesta di informazioni e dati dettagliati ed esplicativi.
Il sottosegretario Paola DE MICHELI fa presente che le motivazioni che hanno determinato l'utilizzo di buoni postali con elevati tassi di interesse per il finanziamento di mutui contratti dagli enti locali sono legate alle condizioni di mercato esistenti al momento nel quale è stata effettuata la provvista, mentre per quanto riguarda la percentuale di utilizzo dei buoni postali più onerosi rispetto ai depositi a minore redditività evidenzia che la provvista necessaria per l'erogazione di ciascun mutuo viene effettuata contestualmente o immediatamente prima dell'erogazione del finanziamento, alle condizioni di mercato volta per volta esistenti. Infine, con riferimento all'onere finanziario ascrivibile ad una riduzione al 5 per cento della penale di estinzione dei mutui contratti dagli enti locali, si riserva di fornire una risposta più puntuale, dopo i necessari approfondimenti, anche all'esito del nuovo atto di sindacato ispettivo preannunciato dall'interrogante.
Francesco BOCCIApresidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.
La seduta termina alle 15.10.
ALLEGATO 1
5-01410 Fragomeli e altri: Sull'indennizzo da corrispondere in caso di estinzione anticipata dei prestiti ordinari concessi dalla Cassa depositi e prestiti in favore degli enti locali.
TESTO DELLA RISPOSTA
L'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01410 degli On. Fragomeli e Ginato concerne l'indennizzo previsto per l'estinzione anticipata dei prestiti concessi dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP) agli Enti locali.  
Al riguardo, occorre premettere che a seguito della trasformazione in società per azioni di Cassa Depositi e Prestiti, avvenuta alla fine del 2003, la società ha acquisito un'autonomia gestionale, che riserva al Ministero dell'Economia e delle Finanze un potere di indirizzo con riferimento alla gestione separata.   
In particolare, ai sensi dell'articolo 5, comma 11, lettera a), del decreto-legge n. 269 del 2003, con il quale è stata disposta la citata trasformazione, il Ministro dell'Economia e delle Finanze determina con proprio decreto i soli criteri per la definizione delle condizioni generali dei buoni fruttiferi postali. È esclusa, pertanto, qualsiasi attribuzione ministeriale in merito alla fissazione dei tassi di interesse, sia dei Buoni postali fruttiferi che delle altre forme di raccolta, rientrando tali competenze nell'autonomia gestionale di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A..   
Peraltro, gli attuali tassi di interesse dei citati Buoni postali fruttiferi non sono onerosi, ma in passato erano più remunerativi, essendo stabiliti sulla base delle condizioni di mercato dell'epoca.   
Sulla questione, Cassa Depositi e Prestiti ha comunicato che il citato indennizzo, relativo all'estinzione anticipata dei prestiti ordinari concessi da CDP medesima regolati a tasso fisso, ha la finalità di recuperare gli eventuali costi connessi al disallineamento tra i tassi dell'originaria provvista, necessaria ai fini della concessione ed erogazione del finanziamento, rispetto ai tassi di mercato vigenti al momento del rimborso anticipato.   
In caso di rimborso anticipato, infatti, al venir meno del prestito, la provvista acquisita per il relativo finanziamento, costituita tra l'altro da buoni postali fruttiferi a tasso fisso garantiti dallo Stato, rimane in essere e, pertanto, deve essere remunerata al tasso di interesse originariamente pattuito.   
Nel caso in cui il tasso di interesse regolante la provvista originaria fosse, al momento del rimborso anticipato, maggiore dei tassi di mercato, ovvero ai tassi ai quali CDP può impiegare i fondi derivanti dal rimborso stesso per nuovi finanziamenti, si manifesterebbe il suddetto disallineamento, con conseguenti oneri finanziari a carico di CDP.  
L'indennizzo, pertanto, ha la funzione di ristorare CDP dai suddetti oneri. 
La provvista effettuata tramite emissione di buoni postali fruttiferi non presenta tassi di interesse elevati all'emissione rispetto ai livelli dei tassi vigenti in quel momento, ma tali tassi possono risultare elevati rispetto ai livelli di mercato che si registrano al momento del rimborso anticipato, ovvero anche a distanza di anni rispetto alla data di acquisizione della provvista.   
Si precisa che la provvista connessa con i finanziamenti deve essere effettuata contestualmente o antecedentemente alla concessione ed erogazione dei prestiti e la determinazione dei relativi saggi di interesse offerti ai risparmiatori postali da una parte, e agli enti locali dall'altra, avviene pertanto in condizioni di mercato simili. Ne consegue che a prestiti ordinari concessi a tassi elevati (cui corrispondono con maggior probabilità indennizzi elevati per il rimborso anticipato) corrispondono buoni fruttiferi postali con costi elevati a carico di CDP, che non possono evidentemente essere ritirati dall'emittente.   
Peraltro, la normativa vigente per il risparmio postale prevede che i buoni fruttiferi postali possono essere rimborsati anticipatamente in ogni momento ai risparmiatori, ai quali viene restituito il valore di emissione più gli interessi contrattuali maturati e pattuiti al momento della sottoscrizione; in tal caso, è evidente che i buoni emessi quando i tassi di mercato sono elevati hanno maggiore probabilità di essere ancora in circolazione rispetto a quelli emessi a tassi più bassi. Ciò comporta un onere ed un rischio per CDP maggiore rispetto a quello che devono sopportare i finanziatori che raccolgono fondi tramite strumenti che non prevedono tali caratteristiche.   
Pertanto, la fissazione di indennizzi per l'estinzione anticipata a livelli predefiniti percentualmente potrebbe condurre alla completa sostituzione dei prestiti a tasso fisso con quelli a tasso variabile, ovvero alla fissazione di tassi di interessi a livelli più elevati, proprio per tener conto dei possibili oneri conseguenti ad un'eventuale estinzione anticipata degli stessi richiesta dagli enti locali mutuatari. 
Per quanto riguarda, in particolare, la questione della presunta onerosità dei Buoni Fruttiferi Postali utilizzati ai fini del reperimento della provvista per la concessione dei prestiti agli enti locali, occorre evidenziare – sul piano metodologico – che le serie storiche dei tassi di interesse dei BFP non risultano particolarmente elevati rispetto ai tassi vigenti al momento dell'emissione degli stessi e devono essere analizzate in modo omogeno nel contesto congiunturale di riferimento. In particolare, i buoni postali tuttora in circolazione, ma emessi in momenti storici in cui i tassi di mercato e i rendimenti dei BTP (cui i rendimenti dei buoni postali sono connessi per previsione normativa), presentano rendimenti che, se confrontati con i livelli attuali di mercato, risultano elevati.   
Peraltro, nella ordinaria prassi di tutte le istituzioni finanziarie, i livelli economici a cui vengono concessi i prestiti, inclusi quelli in favore degli enti locali accordati da CDP, sono strettamente dipendenti dal livello dei costi di raccolta nel momento della concessione di tali prestiti. Di conseguenza, i tassi applicati ai prestiti concessi nel periodo in cui i rendimenti dei Buoni Fruttiferi Postali emessi erano elevati riflettevano l'andamento degli oneri della provvista dell'epoca.   
In via generale, si fa presente che CDP non utilizza la raccolta derivante da Buoni Fruttiferi Postali ad elevata onerosità in una determinata percentuale per finanziare i prestiti in favore degli enti locali, ma, in un determinato momento storico, ha utilizzato la raccolta allora disponibile per finanziare i prestiti richiesti dagli enti locali per la realizzazione delle proprie finalità istituzionali.   
Per quanto concerne, infine, la presunta disparità nel calcolo delle penalità di estinzione anticipata dei mutui, qualora vengano intesi per soggetti privati le persone fisiche (facendo riferimento alle previsioni relative al rimborso anticipato di mutui ipotecari bancari e alla Legge Bersani), CDP ha precisato che non effettua erogazioni di mutui a persone fisiche e, pertanto, non può essere ipotizzata alcuna estensione analogica delle norme sull'estinzione anticipate alla citata operatività di Cassa Depositi e Prestiti.


Camera dei Deputati – 5-01410 – Interrogazione a risposta in Commissione presentata dall’On. Fragomeli (PD) ed altri il 6 maggio 2014.
FRAGOMELI, GINATO, MARCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
secondo Cassa depositi e prestiti spa, – come riportato nella risposta fornita in data 11 settembre 2013 dal Ministro dell'economia e delle finanze ad una precedente interrogazione in Commissione – l'indennizzo previsto per l'estinzione anticipata dei prestiti ordinari concessi dalla medesima in favore degli enti locali, e regolati a tasso fisso, ha la finalità di recuperare i costi connessi al disallineamento tra i tassi dell'originaria provvista necessaria ai fini della concessione del finanziamento ed i tassi di mercato vigenti al momento del rimborso anticipato;
pertanto a fronte di una riduzione dell'indennizzo per estinzione anticipata da parte degli enti locali – associata a una elevata richiesta di rimborso di prestiti – potrebbero verificarsi significative conseguenze per la società in termini di redditività ed equilibrio economico-patrimoniale;
nella medesima risposta viene indicata la possibilità che l'estinzione dei prestiti a tasso fisso senza indennizzo, o con indennizzo non superiore allo 0,50 per cento, per mutui in essere a tassi superiori a quelli vigenti sul mercato creerebbe un'asimmetria rispetto al fatto che Cassa depositi e prestiti resta obbligata a corrispondere elevati tassi di interesse nei confronti dei risparmiatori che hanno sottoscritto i buoni postali che costituiscono fonte della provvista della medesima società con i quali concede prestiti agli enti locali;
la determinazione di indennizzi per estinzione anticipata a livelli predefiniti non superiori allo 0,50 per cento potrebbe condurre alla completa sostituzione dei prestiti a tasso fisso con quelli a tasso variabile, ovvero l'aggiornamento dei tassi fissi di interesse a livelli più elevati, proprio per tener conto dei possibili oneri conseguenti ad un'eventuale estinzione anticipata degli stessi richiesta dagli enti locali mutuatari;
Cassa depositi e prestiti ha precisato che, per quanto concerne i prestiti che presentano quale modalità di calcolo dell'indennizzo quello previsto dal decreto Ministero dell'economia e finanze 20 giugno 2003, una eventuale revisione dello stesso – che comporti la corresponsione di indennizzi inferiori a quelli attualmente previsti – determinerebbe la necessità di reintegrare la società per i minori introiti che si verrebbero a creare in conseguenza della revisione stessa;
sembrerebbe pertanto impossibile rimodulare le penalità di estinzione dei mutui in quanto la provvista necessaria al finanziamento dei mutui degli enti locali risulta essere costituita da buoni postali con tassi di interesse estremamente elevati –:
se il Ministro non ritenga opportuno fornire le motivazioni che hanno determinato l'utilizzo di buoni postali di elevata onerosità nell'ambito del finanziamento dei mutui contratti dagli enti locali e la ragione alla base della disparità di trattamento tra enti locali e soggetti privati nel calcolo delle penalità di estinzione dei mutui;
quale sia la percentuale di utilizzo dei più onerosi buoni postali rispetto ai depositi a minore remuneratività e il tasso medio di restituzione;
quale sia l'onere finanziario ascrivibile ad una riduzione, almeno ad un valore pari al 5 per cento, del tasso delle penalità di estinzione dei mutui contratti dagli enti locali. (5-01410)

martedì 27 settembre 2016

Occultamento e distruzione di scritture contabili

10 giugno 2016

Occultamento e distruzione di scritture contabili

 
In tema di occultamento o distruzione di documenti contabili, reato previsto e punito dall’art.10 D.Lgs. n.74/00, molto interessante appare la sentenza n. 19106 depositata in data 9 maggio 2016 dalla Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale.

Nel caso di specie, la Corte di Appello adita aveva confermato la sentenza emessa dal Giudice di prime cure, che aveva condannato i legali rappresentanti di due società in relazione al reato de quo.

A parere della difesa dell’imputato ricorrente, la Corte di Appello aveva ritenuto che fosse stata dimostrata la commissione del reato da parte degli imputati senza che fosse stata provata l’esistenza del documento contabile che si assumeva distrutto. 

Nel motivo di impugnazione avanti la Suprema Corte, era stato dunque argomentato che non fosse sufficiente ad integrare il reato in questione la “mera mancata istituzione e tenuta delle scritture contabili che determina l’impossibilità della ricostruzione del volume di affari”.

Nella pronuncia in esame, il Giudice di legittimità ha affermato che il reato di occultamento o di distruzione di scritture contabili può essere provato anche mediante il reperimento di fatture presso la società fornitrice, anche se l’acquirente non è in grado di esibirle.

Sul punto, la Suprema Corte ha richiamato propria precedente giurisprudenza e, in particolare, due orientamenti. Il primo afferma che, al fine dell’integrazione del reato in parola, è sufficiente che la condotta dell’agente determini anche la sola impossibilità relativa ovvero una semplice difficoltà di ricostruzione del volume degli affari e dei redditi, derivante, appunto da detta omissione (Cass. n. 28656/09). A tale orientamento si è contrapposto un altro indirizzo più recente, condiviso dalla Corte di Cassazione nella sentenza in esame, secondo il quale la condotta del reato richiede un comportamento attivo e commissivo del contribuente (Cass. n. 11643/15).

Più specificamente, la Corte di Cassazione ha precisato che la norma di cui all’art.10 D.Lgs. n.74/00 prevede una “doppia alternativa condotta riferita ai documenti contabili”, ossia la distruzione e l’occultamento totale o parziale, un elemento psicologico manifestantesi nel dolo specifico di evasione propria o di terzi e un evento costitutivo, rappresentato dalla sopravvenuta impossibilità di ricostruire, mediante i documenti, i redditi o il volume degli affari al fine dell’imposta sul valore aggiunto.

La Suprema Corte ha quindi proseguito nella propria argomentazione affermando che il reato in oggetto si palesa a “condotta vincolata commissiva con un evento di danno”, che si rappresenta nella perdita della funzione descrittiva della documentazione contabile.

Ciò comporta che, per la configurabilità del delitto di cui si discute, non è sufficiente un semplice comportamento omissivo consistente nella mancata tenuta delle scritture contabili in modo che la ricostruzione della situazione contabile sia stata resa più difficoltosa, ma occorre altresì che vi sia stato un occultamento ovvero una distruzione delle scritture, ossia una condotta eminentemente commissiva.

Nel caso di specie, tenendo presente tale indirizzo, la Corte di Cassazione ha argomentato che il mancato rinvenimento della documentazione fiscale presso la società del ricorrente utilizzatrice delle fatture, fosse elemento di prova in ordine al loro occultamento o distruzione, in quanto detta documentazione era stata viceversa rinvenuta presso la società fornitrice.

A parere della Suprema Corte, dunque, la Corte di Appello aveva quindi correttamente motivato in relazione alla distruzione o occultamento dei documenti contabili con riferimento alle fatture passive di vendita, sia sotto il profilo dell’incidenza sulla ricostruzione dei redditi del destinatario delle stesse, sia sotto quello psicologico del dolo specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto o di consentire l’evasione a terzi. Peraltro, ulteriore elemento a conferma dell’esistenza del dolo specifico consiste nel fatto che il ricorrente gestiva società inattive, prive non solo di documentazione contabile, come detto, ma anche di sede legale.

Proprio l’assenza della documentazione contabile, secondo la Corte di Cassazione, ha reso impossibile la ricostruzione del volume d’affari e consentito l’immissione sul mercato della merce a costo concorrenziale, grazie all’evasione delle imposte.

Il ricorso proposto dall’imputato è quindi stato dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, con la conseguenza, tra l’altro, che non essendosi formato un valido rapporto di impugnazione, non era possibile rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p., cosicché è rimasta preclusa la dichiarazione di prescrizione del reato maturata dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello.

Confedercontribuenti: «usura bancaria rimane tabù»

Confedercontribuenti: «usura bancaria rimane tabù»

http://www.vvox.it/2016/09/20/confedercontribuenti-usura-bancaria-rimane-tabu/

usura-bancariaUn’estate particolare quella che abbiamo vissuto: lotte politiche, battaglie tra si e no, brexit, immigrazione, purtroppo terremoto e ancora tanti altri argomenti. Ma per Paolo De Carlo, Confedercontribuenti Alberobello, ci si dimentica di un grande tema che ha toccato migliaia di famiglie: «il credito legale ovvero un credito vantato dalla presenza di un titolo (mutuo o cambiale). Spesso questo credito non è a debito delle famiglie ma a credito in presenza di tassi usurai nei contratti di mutuo. Purtroppo pare che se una persona denuncia la banca diviene impossibile ottenere giustizia. Credo sia giunta l’ora di non continuare ad essere morti viventi senza tutele e senza diritti, se denunciare deve essere un dovere, tutelare il denunciante deve essere ancora più importante, aiutare chi ha denunciato deve essere la priorità eppure nessuna tutela è posta in tal senso».
«Si domanda la sospensione e non la si ottiene nel 95% dei casi nonostante si apre un procedimento nominando un CTU ma il tempo passa e la vittima di usura viene lasciata. In questi momenti la C.R. della Banca d’Italia deve essere sospesa o quanto meno andrebbero modificati l’art 50 del TUB e la art.20 della legge 44/99. Anche la stessa legge 3/2012 sull’esdebitazione, perchè chi aspetta Giustizia non deve perire di ingiustizia. Carmelo Finocchiaro, presidente nazionale di Confedercontribuenti, conclude: «stiamo sollecitando la nomina del nuovo commissario antiracket e antiusura affinché le pratiche non rimangano nel dimenticatoio e soprattutto stiamo promuovendo azioni che burocratizzano l’iter risarcitorio».

domenica 25 settembre 2016

SIGNORAGGIO SECONDARIO: PRIME AMMISSIONI DA BANCHE E GIUSTIZIA

SIGNORAGGIO SECONDARIO:
Il 6 settembre di quest'anno è stato un giorno di svolta per l'emersione del signoraggio secondario.
Fino all'inizio di questo mese, ogni volta che in qualche causa contro le banche e in difesa dei loro clienti mutuatari eccepivo che il contratto di mutuo era nullo per violazione di legge poiché gli euro prestati dalla banca erano anche stati creati, dal nulla e con mezzi contabili, dalla banca stessa, in violazione dell'art. 128 del Trattato di Lisbona (che riserva al Sistema Europeo delle Banche Centrali la facoltà di creare euro) e dell'art. 10 del Testo Unico Bancario (che non dispone che le banche possano creare moneta), i vari giudici o fingevano che non avessi posto l'eccezione e non decidevano su di essa; oppure affermavano che era infondata perché le banche prestano il denaro della raccolta (cosa notoriamente non vera, anche perché il “denaro della raccolta” arriva alla banca sotto forma di bonifici e assegni, cioè come denaro creato da qualche altra banca; oppure la respingevano scrivendo che la banca eroga il prestito mettendo a disposizione del cliente la somma non materialmente, ma giuridicamente, ossia come saldo attivo di un conto di disponibilità o mediante assegno circolare o in altro modo equivalente (questa è la tesi consolidata della Corte di Cassazione).
Il 6 settembre, sollecitata dalla stessa banca contro cui mi opponevo (in una esecuzione immobiliare che stava portando via al mio cliente e alla sua famiglia, in un colpo solo, casa e bottega - e finora non vi è riuscita) il giudice dell'esecuzione ha finalmente riconosciuto la verità: la banca crea denaro. Ma andiamo con ordine.
In un altro procedimento, in cui, rappresentando Marco Saba e una società inglese, cerco di far emergere l'attivo reddituale derivato a una primaria banca dalla predetta attività di creazione monetaria, e a tal fine sto facendo presente al giudice come alcune recentissime dichiarazioni della BCE confermano che le banche (non centrali di emissione) creano moneta nell’atto e con l’atto di erogare prestiti (o di eseguire pagamenti), generandola ex nihilo con operazioni contabili.
Il 7 luglio 2016 a Madrid, in Spagna, il vice presidente della BCE ha ammesso: "Una motivazione fondamentale per la regolamentazione bancaria si riferisce al fatto che, quando concedono credito, le banche creano denaro creando un deposito corrispondente. Questa attività, che è al centro del nostro sistema di moneta-credito, comporta una significativa trasformazione di liquidità poiché i depositi sono molto più liquidi dei crediti."
Quanto sopra è stato ultimamente confemato da KPMG, che scrive: “La predominante fonte di moneta nel presente Sistema monetario è il prestito bancario, in cui I depositi sono create nel processo del prestare. La creazione monetaria nel presente sistema monetario, perciò, espande I bilanci delle banche e accresce l’indebitamento di famiglie e imprese.”
Oramai dunque questa realtà, ossia ciò che in Euroschiavi ho denominato “signoraggio secondario”, è ammessa ufficialmente a vari livelli (solo i governi continuano a nasconderla), è nota a tutti coloro che si occupano di finanza, e sarebbe ora che fisco e potere giudiziario ne prendessero atto. Negarla definendola una fantasia, come talora fanno le banche e i giudici, non è più sostenibile di quanto fosse sostenibile la negazione delle teorie di Galileo dopo che tutti gli interessati avevano guardato nel telescopio e sapevano come stanno le cose.
La prassi di creazione monetaria da parte delle banche di credito è stata ammessa ultimamente dalla Banca Popolare dell’Alto Adige nel procedimento esecutivo immobiliare 216/2014 avanti al Tribunale di Bolzano: “Il Trattato di Maastricht non riserva alla BCE la creazione di moneta, ma testualmente l’emissione di banconote ed il conio di monete. Il codice civile non conosce affatto soltanto la moneta legale (se fosse così, in base alla normativa antiriciclaggio, oggi sarebbe vietato qualsiasi affare che prevedesse il pagamento di un prezzo pari o superiore ad euro 3.000; simili limiti sono peraltro in vigore nella maggioranza dei paesi dell’Unione Europea). … … La “creazione di moneta” da parte delle banche commerciali, l’esistenza di “moneta scritturale”, il fenomeno della “riserva frazionaria” sono caratteristiche assolutamente lecite del nostro sistema economico e monetario ed espressione della libertà contrattuale. Se una banca eroga un mutuo ad un cliente, si ha un semplice fenomeno di espansione dello stato patrimoniale (“Bilanzverlängerung”)”.
Il giudice di quella causa ha dichiarato che questa prassi sia effettiva e legittima, scrivendo, nell’ordinanza 06/07/16:  “quanto, invece, alla violazione dell’art 127 (ex art 105) del trattato istitutivo dell’Unione Europea, non si capisce per quale motivo la creazione di moneta attraverso il sistema bancario possa violare tale norma, che nulla dispone in tal senso, come è assolutamente irrilevante il riferimento all’art 10 TUB, che non vieta tale sistema, posto che comunque l’Euro è una moneta non rappresentativa, per cui non è richiesto un controvalore per ogni biglietto stampato come all’era del sistema aureo...”.
Riservandomi al finale dell'articolo una critica a questa statuizione, qui faccio presente che la banca eroga sì, in un (logicamente) secondo momento, il denaro (deposito) creato, ma che in cambio introita un pari credito capitale verso il prestatario. La fase che interessa noi non è quella dell’erogazione – nella quale viene contabilizzata sia l’uscita del prestito che l’introito del credito – ma quella (logicamente) anteriore, della creazione del denaro che verrà prestato e della sua non contabilizzata immissione in cassa – cioè del fatto che la banca prima crea i 100 euro (+ 100), poi presta 100 (-100) ricevendo in cambio il credito di 100 (+100), quindi il saldo dell’operazione è + 100 (profitto) se si contabilizza la creazione e immissione in cassa (passaggio per cassa, mentre è 0 se si omette di contabilizzarla, con ovvie conseguenze sul conto economico e sullo stato patrimoniale (espansione).
Ossia, essendo stato ampiamente provato che le banche creano l’oggetto del prestito in un momento funzionalmente anteriore all’erogazione, e che ciò si traduce in un accrescimento dell'attivo, esse evidentemente hanno il dovere di dichiarare l’entrata in cassa (il passaggio per cassa) di questa creazione monetaria, di questa espansione del bilancio, con tutte le conseguenze di bilancio e sui redditi; ma per ora non lo fanno, dando luogo da un lato a difficoltà o crisi per la banca e i suoi azionisti e stakeholders nonché per il fisco e l’economia, e dall’altro lato a profitti extracontabili per l’importo della creazione monetaria, i quali, restando extracontabili, restano nella disponibilità dei gestori della banca per operazioni che essi intendono fare nei loro interessi particolari.
L’emersione delle ridette componenti positive dell’attività bancaria salverebbe l’Italia stessa dal pericolo che la minaccia in relazione alle note e meno note angustie causate dalle perdite bancarie e porrebbe fine allo scempio dei bail in e bail out, perfettamente ingiustificato, inutile, quindi illegittimo, in considerazione della facoltà delle banche di creare la propria liquidità.
Poiché ciò che la banca crea nel prestare è definito e ritenuto moneta dalla BCE, poiché è accettato dallo Stato e dagli enti pubblici in pagamento di tributi, sanzioni e altro; poiché è utilizzato da tali soggetti per i loro pagamenti; per tutte queste ragioni e altre che si potrebbero aggiungere, la moneta creata dalla banca col metodo in questione, sebbene contabile, è moneta reale, anzi, essendo il suo uso addirittura imposto dalla legge per pagamenti sopra un determinato ammontare, essa è divenuta moneta legale, anche se non è l'euro, per le ragioni che esporrò in seguito.
Riprendiamo ora in chiave critica le affermazioni del giudice di Bolzano: “quanto, invece, alla violazione dell’art 127 (ex art 105) del trattato istitutivo dell’Unione Europea, non si capisce per quale motivo la creazione di moneta attraverso il sistema bancario possa violare tale norma, che nulla dispone in tal senso, come è assolutamente irrilevante il riferimento all’art 10 TUB, che non vieta tale sistema, posto che comunque l’Euro è una moneta non rappresentativa, per cui non è richiesto un controvalore per ogni biglietto stampato come all’era del sistema aureo...”.
Queste argomentazioni sono errate perché in evidente contrasto con il dettato degli artt. 127 e 128 del Trattato di Lisbona nonché con l'art. 41 della Costituzione. La loro erroneità, purtuttavia, non toglie il fatto che la moneta bancaria è moneta e ha ormai corso legale, e che quindi la sua creazione espande gli attivi di bilanci costituendo un ricavo, con tutto ciò che ne consegue.
Vediamo le norme che confutano l'errore del giudice:
Art. 127: “1. L'obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali, in appresso denominato "SEBC", è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell'Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione definiti nell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo una efficace allocazione delle risorse e rispettando i principi di cui all'articolo 119....”
Articolo 128 “1. La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote in euro all'interno dell'Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell'Unione.... “
Art. 41 Cost.: “L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. “
Orbene, dato che il grosso, circa il 90%, del money supply (M1) è creato dalle banche mediante l’erogazione di prestiti e pagamenti, il SEBC semplicemente non potrebbe perseguire il suo “obiettivo principale” di mantenere stabili i prezzi (cioè di evitare inflazione e deflazione” se il suo potere di regolare, cioè dosare, la moneta in circolazione fosse limitato alla moneta cartacea e metallica, restando la creazione di una “moneta euro contabile” nella libera facoltà e discrezione delle banche di credito, come ha affermato il G.E. E non si potrebbe nemmeno fare i controlli e gli interventi imposti dall'art. 41 Cost., commi 1 e 2. Né si può dire che la BCE regoli la creazione di moneta bancaria attraverso l'aggiustamento dei tassi e l'acquisto o vendita di titoli pubblici, anche perché, di fatto, non riesce a farlo, cioè neppure azzerando i tassi e ricorrendo al Quantitative Easing riesce a far ripartire il credito e a invertire la deflazione in corso.
E’ dunque evidentemente necessario che il controllo della BCE si intenda esteso anche alla moneta contabile. E che l’art. 128 sia interpretato nel senso che l’unica forma dell’Euro come moneta legale sia quella cartacea o metallica, e non quella contabile, e che quindi  non esiste un euro di creazione creditizia, esterna al SEBC. Infatti, giuridicamente, ciò che le banche contabilmente creano nell’erogare prestiti (e pagamenti) è non euro, bensì promesse di euro (saldi di conti correnti, assegni, depositi a vista, titoli di pagamento a vista), promesse di valuta legale, cioè di banconote e conio. Promesse che, come tali, possono essere accettate fiduciariamente, ma perdono valore se la banca emittente diviene insolvente – cosa che non potrebbe avvenire col denaro vero. E che non siano euro “veri” è dimostrato dall'esistenza del sistema Target (coinvolgente il SEBC) per i pagamenti inter-statali, mentre i pagamenti da banca a banca del medesimo stato sono diretti.
Quando una banca italiana eroga un prestito denominandolo in euro è esattamente come quando ne eroga uno -poniamo- in Yen: non è che consegni al prestatario gli Yen veri, la valuta legale nipponica, dopo averla acquisita effettivamente. Essa gli eroga un prestito che dello Yen ha solo la denominazione (e il tasso di interesse). Eroga simboli dotati di potere d'acquisto (come i simboli acquisiscano il potere d'acquisto è molto importante, l'ho spiegato altrove, e presto ritornerò sul punto).
La tesi che l’assenza di divieto di emissione di euro contabili nel Trattato di Lisbona e nel TUB implicherebbe la facoltà di crearla, è altresì insostenibile alla luce della considerazione che, se questa tesi fosse vera, cioè l’applicazione del principio “tutto ciò che non è espressamente proibito, è lecito fare”, allora tutti, non solo le banche, potrebbero creare denaro contabile fiduciario denominato in euro, perché a nessuno viene vietato di farlo. Del resto, riservare il privilegio di creare moneta alle banche cozzerebbe contro il principio di eguaglianza.
In quanto all’art. 10 TUB, si deve applicarlo secondo il principio “qui dicit de uno negat de altero”; quindi esso elenca le operazioni che la banca può compiere in modo tassativo; sarebbe assurdo che il core business dell’attività bancaria nel mondo reale – cioè la creazione monetaria come sopra descritta – non fosse nemmeno menzionata, però implicitamente ammessa, dalla legge bancaria.
25.09.16 Marco Della Luna

mercoledì 7 settembre 2016

Anatocismo e usura: clausole vecchie e nuova normativa

Anatocismo e usura: clausole vecchie e nuova normativa.

Nelle controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, una volta che il giudice abbia dichiarato la nullità di detta clausola, egli non può applicare la capitalizzazione annuale degli interessi perché questi, in conseguenza di quella declaratoria, si sottraggono a qualunque tipo di calcolo capitalizzato.