lunedì 29 agosto 2016

Derivati, tassi e creazione di denaro, spiegati da un CTU

Perché la Federal Reserve continua a tenere bassi i  tassi ?

Cosa significa innanzitutto tenere i tassi bassi? significa tenere basso, prossimo allo zero,  il tasso ufficiale di sconto ossia il tasso al quale la FED presta i soldi a Citigroup, a Jp Morgan, a Bank of America Merryl Linch ed a Morgan Stanley.
La Bank of England e la BCE stanno facendo la stessa cosa , IL TUR infatti è lo 0,05% . I due sistemi , il sistema bancario area dollaro ed il sistema bancario area euro sono fortemente concatenati , hanno gli stessi azionisti sia pure con quote  diverse , entrambi hanno come azionisti, attraverso interposte persone fisiche in realtà studi legali , una decina di hedge fund anglo americani e caucasici che rappresentano, avendo partecipazioni nelle società quotate all'indice S&P 500, il 99% del PIL di Stati Uniti, Regno Uniti e Georgia.

 Sono due i motivi che spingono la FED a tenere il tasso ufficiale di sconto prossimo allo zero: 

1) per permettere alle 21  banche d'affari anglo americane e caucasiche che hanno piazzato derivati sul tasso  con clausola killer banca vince se tasso cala dal 1992 ai Tesoro  italiano, spagnolo , portoghese e greco,  di continuare ad incassare il differenziale tra  tasso fisso circa del 7% che i Tesori suddetti pagano sui  CCT  ed il tasso variabile (Euribor)  oggi prossimo allo zero, per continuare ad incassare ossia circa un  14 % ad ogni cedola del CCT,  piu i mark to market  (una sorta di penale di estinzione anticipata ) che devono essere pagati se i Tesori suddetti  decidessero oggi di uscire dai contratti derivati (42 miliardi di euro la perdita in termini di mark to market stimata nell'agosto del 2015 per il Tesoro italiano per uscire anzitempo dai contratti derivati che nel frattempo hanno permesso alle 21 banche d'affari esecutrici degli ordini della decina di hedge fund di incassare, in aggiunta all' incasso del  mtm,   i flussi del 14% ad ogni scadenza di cedola del CCT) 
Senza contare gli incassi che le 21 banche s'affari stanno realizzando a danno di circa 900 enti locali italiani colpiti anch'essi da derivati sul tasso con clausola killer banca vince se tasso cala,  stipulati su sottostanti mutui .   .

venerdì 19 agosto 2016

Tribunale di Genova: accertamento tecnico sulla creazione di danaro bancario

Tribunale di Genova: accertamento tecnico sulla creazione di danaro bancario

L'avv. Marco della Luna, parte attrice

Tribunale civile di Genova, 18 agosto 2016, udienza nella causa sulla mancata contabilizzazione della creazione di danaro da parte di Banca Carige. L'avvocato di Carige è Paolo Canepa (fratello del magistrato Anna Canepa, segretaria di Magistratura Democratica), dello studio legale Roppo e Canepa, che aveva assistito De Benedetti nella causa sul Lodo Mondadori...

L'avvocato chiede che la causa sia risolta subito per totale infondatezza, invocando la temerarietà della controparte. Il Tribunale rimanda a prossima udienza, il 4 ottobre 2016 alle 10.15, davanti al Dott. Luigi Costanzo, presidente di sezione nonché presidente vicario del Tribunale, per decidere sulla nomina del CTU. 

L'avvocato Marco Della Luna, che rappresenta la parte attrice, costituita da una società finanziaria britannica e da Marco Saba, sostiene che far emergere i ricavi da creazione di danaro da parte delle banche commerciali, nel caso di Carige oltre 25 miliardi, oltreché a risanare il sistema bancario italiano, porterebbe - attraverso la conseguente tassazione - alla messa in sicurezza del bilancio dello Stato.

Una domanda sorge spontanea: se tutto è in regola, perché il management della Cassa di Risparmio di Genova si oppone all'accertamento ?


Vedi anche: Crac bancari, giustizia non è fatta: quelle indagini fra sospetti e conflitti di interesse

domenica 7 agosto 2016

Note sul danaro bancario e l'obbligo di restituzione

Note sul danaro bancario e l'obbligo di restituzione
di Marco Saba, IASSEM, 8 agosto 2016

Rileggendo l'art. 1834 del codice civile, alla luce dei cambiamenti intervenuti nella pratica bancaria dal 1942 ad oggi, è opportuno effettuare alcune riflessioni. Per esempio, l'introduzione del cosiddetto danaro elettronico, ovvero della possibilità di disporre direttamente ed immediatamente da parte del cliente della somma depositata sul conto - con il cosiddetto "home banking"-  effettuandone traferimenti o bonifici che rappresentano pagamenti legali finali di imposte, tasse, multe, spese giodiziarie, etc., non era contemplata dall'estensore della legge all'epoca. E nemmeno il fatto che la banca, almeno già dall'800, non usava testualmente le somme depositate in contanti per effettuare mutui o aperture di credito, ma creava la somma corrispondente sul conto del cliente tramite scorrette scritture contabili. L'art. 1834 prevede che la banca sia tenuta a restituire al cliente una somma depositata nella stessa specie versata (tandundem eiusdem generis). Facciamo l'esempio di un dipendente qualsiasi che abbia avuto il salario accreditato sul conto tramite trasferimento elettronico, da parte del datore di lavoro, e che si rechi in banca per ritirare contanti. La banca è obbligata a cambiare in contanti il danaro elettronico presente sul conto ? Ovviamente no, se lo fa è per pura cortesia, perché il cliente potrebbe sempre utilizzare direttamente quel danaro trasferendolo o spendendolo dove vuole. Se la banca ha ricevuto il denaro sotto forma di trasferimento elettronico, non si vede perché dovrebbe essere obbligata a restituirlo in un'altra specie, non è certo un obbligo dettato dall'art. 1834. D'altra parte all'epoca il legislatore ignorava la pratica dell'attività bancaria di non utilizzare il danaro in deposito ma di creare nuovi depositi ex novo ogni qual volta effettuava degli impieghi. Ma allora perché si parla di trasferimento della proprietà del deposito alla banca ? Perché non era di dominio pubblico il fatto che le banche utilizzano la supposta proprietà dei depositi solo come espediente contabile nel loro bilancio per nascondere i profitti di capitale derivanti dall'effettiva creazione di nuovo denaro ! Infatti, nell'aggregato monetario M1 indicato dalla Banca Centrale Europea, le tre specie monetarie si sommano: monete, banconote e depositi! Si scopre così che le banconote non hanno bisogno di essere garantite da monete metalliche per la loro circolazione, così come per inferenza il denaro iscritto nei depositi non ha bisogno di cartamoneta alle spalle per avere vita propria come mezzo monetario. Le conclusioni notevoli che voglio trarre da questa semplice riflessione, sono:

1 - La banca non ha l'obbligo di cambiare in contanti le somme depositate sui conti quando queste abbiano avuto origine da denaro elettronico inizialmente trasferito da altri conti correnti bancari;

2 - Se ne deduce che non può essere considerata insolvente la banca che, non potendo o volendo per vari motivi cambiare il deposito in contanti, si rifiuti di eseguire l'operazione almeno per la parte che non è stata originata da diretto deposito di contante presso la banca stessa (tantundem eiusdem generis);

3 - Le banche commerciali e centrali non usano i depositi della clientela per prestarli ad altri ma, con gli impieghi, creano continuamente denaro nei depositi che rappresentano una specie monetaria differente da monete e banconote. Tale specie, in unità minime del centesimo di euro, è conteggiata dalla banca centrale come assommata alle due specie precedenti, quindi non deve essere garantita dalle stesse per assumere una sua validità indipendente come mezzo monetario;

4 - La creazione di denaro elettronico-bancario - assimilata alle due specie di monete e banconote - deve essere registrata contabilmente in entrata nei flussi di cassa della banca stessa, alla creazione, per poter poi presentare un bilancio di fine d'anno che rispetti i criteri contabili dettati dal codice civile (art. 2423 - Redazione del bilancio).

Insomma, da qualche parte devo pur vedere che la banca, anziché un semplice intermediario finanziario, paragonabile agli intermediari finanziari non bancari, è una vera e propria fabbrica di danaro. Con la registrazione contabile della creazione del danaro, l'equivoco si risolve e, ovviamente, nessuna banca sarà più dichiarata insolvente.

Rif. Art. 1834: http://www.brocardi.it/codice-civile/libro-quarto/titolo-iii/capo-xvii/sezione-i/art1834.html

Vedi anche: Tesoro sommerso: l'errore contabile del ministro Padoan

sabato 6 agosto 2016

NPL e banche: a rischio tutti i contratti monofirma

Sofferenze: banche e governo trascurano un grosso rischio

26 luglio 2016, di Daniele Chicca
http://www.wallstreetitalia.com/sofferenze-governo-si-sbaglia-e-banche-sottovalutano-un-rischio/
 
ROMA (WSI) – Le sofferenze bancarie dei gruppi italiani, pari a 360 miliardi e il 18% circa del totale dei prestiti in portafoglio, sono un male che il governo ritiene curabile e sopravvalutato dai mercati. Un rischio di cui nessuno parla e di cui nemmeno i management delle big della finanza stanno tenendo conto, però, è quello dei contenziosi legali che potrebbero seguire alle operazioni di tentato smaltimento degli Npl iscritti a bilancio (Non-performing loans).
L’Italia è il paese con la maggiore incidenza di sofferenze e l’istituto che più rischia di pagarne le conseguenze è Mps, il cui Cda affronterà il nodo il prossimo 29 luglio, giorno della pubblicazione degli stress test. Il punto su cui si discute oggi è il valore di cessione di tali crediti deteriorati e il faro è puntato sulla cessione degli npl da parte della banca di Rocca Salimbeni.
“Il pricing potrebbe costituire un benchmark per le future operazioni sui crediti inesigibili”, dice il legale Marco Rossi. L’avvocato dello studio legale Rossi Rossi & Partners esprime una certa preoccupazione per un fattore che non è ancora stato preso in esame: l’aspetto dei rischi legali.
“Penso che ogni banca dovrà eseguire un’attenta due diligence sui propri Npl. A mio avviso, il rischio fino ad ora non calcolato è concentrato in quelle che io amo chiamare strong contingent liabilities, ovverosia quelle passività potenziali future, derivanti da contenziosi legali non ancora iniziati, il cui esito negativo per la banca è stimabile con un certo grado di certezza in base ai più recenti orientamenti della Cassazione”, dice il presidente del Comitato Scientifico Alma Iura.
Mentre le normali contingent liabilities indicate in bilancio dalle banche sono collegate ai contenziosi già preannunciati (si tratta di passività potenziali ma non facilmente quantificabili), le strong contingent liabilities hanno un’aspettativa di formarsi che andrebbe stimata “con maggiore precisione”.

Crediti rischiano di trasformarsi in debiti

L’avvocato Rossi fa un esempio su tutti: una banca cede il proprio pacchetto di Npl al 25% del loro valore. L’acquirente inizia poi l’attività di recupero dei crediti bancari, con l’obiettivo di recuperare una percentuale maggiore di quanto li abbia pagati (nel nostro caso superiore al 25%). L’aspetto che, secondo Rossi, va valutato con moltissima attenzione è quello del rischio legale.
“In alcuni casi, questi Npl, da crediti possono trasformarsi in debiti per l’acquirente. Infatti, il cliente che ha smesso di pagare, nel momento in cui viene chiamato in causa, si difenderà e cercherà di ottenere dalla banca la restituzione di quanto pagato in passato”.
Il rischio è forte anche in base ai recenti orientamenti della giurisprudenza della Cassazione che, per esempio, con quattro sentenze del 2016 ha dichiarato la nullità dei contratti bancari/finanziari firmati dal solo cliente e non dalla banca. I contratti “monofirma” rappresentano quasi la regola e quindi sono a forte rischio di essere dichiarati nulli.
In questo caso, se la banca fosse costretta a restituire tutto ciò che ha ricevuto in passato, il proprio credito potrebbe tramutarsi in un debito verso il cliente inadempiente.
Ovviamente può valere il contrario: ad esempio, dice Rossi “in materia di usura su cui la Cassazione si è da poco espressa infliggendo un duro colpo alla tesi dei correntisti. Ciò vuole dire – sottolinea Rossi – che nella valutazione di tali Npl sarà necessario tenere conto dinamicamente di tali mutamenti di giurisprudenza e degli impatti che un futuro contenzioso potrebbe avere sul credito deteriorato.
“I presidi per le banche ci sono ma vanno studiati attentamente e occorre sul punto una specialistica competenza nel settore della litigation bancaria e finanziaria”. Il tema del legal risk – conclude Rossi – è “molto attuale” per il sistema bancario “tanto che ne parleremo nell’ambito del Corso di specializzazione professionale organizzato dall’Università di Verona in collaborazione con il Centro Studi Alma Iura e con il Banco Popolare“.