lunedì 28 dicembre 2015

L'iniziativa "Moneta intera" è formalmente riuscita


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“Iniziativa Moneta intera” è formalmente riuscita

Red. Online

BERNA - L'iniziativa popolare "Per soldi a prova di crisi: emissione di moneta riservata alla Banca nazionale! (Iniziativa Moneta intera)", depositata il primo dicembre, è formalmente riuscita. Delle 111'763 firme consegnate, 110.955 sono valide, indica la Cancelleria federale in una nota odierna.

Con la sua iniziativa, l'associazione Modernizzazione Monetaria (MoMo) vuole vietare alle società di credito di stampare - virtualmente - denaro dal nulla. Per l'associazione il denaro appartiene al popolo, non alle banche, ed è giusto che a crearlo sia la Banca nazionale svizzera (BNS), non i singoli istituti, come invece sempre più spesso avviene.

lunedì 21 dicembre 2015

Le banche non fanno intermediazione ma creano il denaro

L'incredibile scoperta della pratica bancaria

di Marco Saba, presidente di IASSEM, 1 dicembre 2015 *


L'ultimo testo del professor Richard Werner, che apparirà pubblicato nel prossimo numero della Rivista Internazionale di Analisi Finanziaria, s'intitola: “Un secolo perduto nell'economia: tre teorie bancarie e la prova conclusiva” (1). 

Riportiamo la traduzione del sommario in italiano per la comodità del lettore:

Come operano le banche e da dove arriva la provvista di denaro? La crisi finanziaria ha sollevato la consapevolezza che queste domande sono state inopportunamente sottovalutate da molti ricercatori. Nel secolo passato, in periodi differenti, hanno dominato tre differenti teorie sulla pratica bancaria:

1) La teoria bancaria correntemente prevalente dell'intermediazione finanziaria dice che le banche raccolgono i depositi e poi li prestano, proprio come gli altri intermediari finanziari non bancari.

2) La vecchia teoria bancaria della riserva frazionaria dice che ogni banca individualmente è un intermediario finanziario che non ha potere di creare moneta, ma che il sistema bancario nel suo insieme è capace di creare moneta attraverso il processo della “multipla espansione dei depositi” (il moltiplicatore monetario).

3) La teoria bancaria della creazione del credito, predominante un secolo fa, non considera le banche come intermediari finanziari che raccolgono depositi per poi prestarli, ma invece argomenta che ogni banca individualmente crea credito e moneta nuova ogni volta che la banca effettua un prestito.

Le teorie differiscono nel loro trattamento contabile del prestito bancario e anche per quanto riguarda le implicazione procedurali.

Poiché secondo la teoria dominante dell'intermediazione finanziaria le banche sono virtualmente identiche agli altri intermediari finanziari non bancari, queste non sono incluse nei modelli economici usati nell'economia o dai banchieri centrali. Inoltre, la teoria che vede le banche come intermediari ci procura il razionale per la regolazione bancaria basata sull'adeguatezza del capitale. Se questa teoria non fosse corretta, la corrente modellazione prevalente nell'economia e le politiche di regolazione sarebbero senza fondamento empirico.

Nonostante l'importanza della questione, finora solo una prova empirica delle tre teorie è stata riportata nelle riviste scientifiche. Questo documento presenta una seconda prova empirica, ricorrendo a metodi alternativi, che permette il controllo di tutti gli altri fattori. Le teorie bancarie dell'intermediazione finanziaria e della riserva frazionaria vengono rifiutate dalle prove presentate. Questa scoperta mette in dubbio le motivazioni per la regolamentazione dell'adeguatezza patrimoniale della banca al fine di evitare le crisi bancarie, come viene illustrato nel caso di studio di Barclays Bank durante la crisi. La scoperta indica che consigliare e incoraggiare i paesi in via di sviluppo a prendere in prestito dall'estero, è fuorviante. La trattazione considera qual'è il motivo per cui gli economisti hanno fallito per gran parte del secolo scorso nel fare progressi per quanto riguarda la conoscenza del sistema monetario, e perché invece si sono spostati sempre più lontano dalla verità, come già era riconosciuta dalla teoria della creazione di credito ben più di un secolo fa. Viene trattato il ruolo dei conflitti di interessi delle parti interessate nel plasmare l'attuale consenso accademico che non tiene conto delle banche. Viene indicata una serie di percorsi per le ulteriori necessarie ricerche.”

E poi Werner, dopo aver analizzato il bilancio della Banca Raffeisen ed aver dimostrato empiricamente la validità dellla teoria della creazione del “credito”, e che questo credito è denaro, conclude:

(quanto sopra) rinforza la necessità di una nuova agenda di ricerca interdisciplinare sul ruolo delle banche e della banca centrale in particolare, e del sistema monetario in generale, che dovrebbe essere saldamente radicata nella metodologia della ricerca empirica e induttiva per produrre economia scientifica. Mentre molti autori hanno proclamato un offuscamento continuo della divisione tra le banche e le istituzioni finanziarie non bancarie, l'autore ha mostrato esattamente quello che consente alle banche di creare denaro (e capitale) dal nulla, mentre le non-banche non sono in grado di farlo. E' quindi richiesto un lavoro interdisciplinare con i ricercatori in politica, diritto, contabilità, gestione, ricerca operativa, informatica, ingegneria e sistemi di ricerca per assicurare che l'economia e la finanza per conto proprio non possano continuare ad ignorare la realtà empirica e si avviino in un altro secolo perso per le scienze economiche .”

Nello studio pubblicato precedentemente, (2) Werner affermava che la legalità o meno del modo con cui le banche gestiscono la parte contabile necessita di una ulteriore ricerca legale al di là degli scopi dell'autore, tuttavia rimane aperta la questione contabile: le banche registrano l'operazione del prestito NON evidenziando la creazione di nuovo denaro ma lasciando supporre all'osservatore che esse utilizzino il denaro contenuto nei depositi, mentre, come empiricamente dimostrato, nella pratica si comportano in tutt'altro modo. Le conseguenze di questa tenuta contabile difforme dalla realtà dei fatti sono state da me evidenziate nel corso di varie assemblee degli azionisti presso le più importanti banche italiane nel 2014 e 2015. 

In pratica, non contabilizzando nell'attivo di cassa il denaro creato ex novo, si simula una situazione passiva dell'istituto che non corrisponde a verità ma che influisce sulla nostra realtà visto l'affannarsi delle autorità nel cercare continuamente metodi per rimpinguare le casse delle banche, come l'esempio della recente legge sul BAIL-IN ben ci dimostra. 

Si cerca cioè continuamente di riempire un falso buco contabile attingendo alle tasche dei cittadini, direttamente o indirettamente, perché non si vuol riconoscere l'enorme guadagno non contabilizzato che le banche ottengono creando soldi dal nulla e pretendendo di farseli restituire con gli interessi.

L'entità della grave situazione che così si crea è sotto gli occhi di chiunque. Basta andare in Grecia, o vivere in Italia aprendo gli occhi. per scoprire la realtà della miseria assurda e non necessaria che creano continuamente queste politiche bancarie di offuscamento contabile dell'abbondanza possibile dei mezzi monetari, e quindi della fattibilità immediata di un reddito di sussistenza per tutti, per capire che viviamo nella caverna di Platone.

 Il vero problema oggi è che il sistema bancario è fuori controllo, ma non solo, c'è anche il fatto drammatico che il mostro di Bankenstein si è impadronito di tutto il resto. Autorità di controllo comprese, oltre a tutta l'ostentata ignoranza e indifferenza mostrata dai media col silenzio assordante su questo problema.


Note:

* Istituto di Alti Studi sulla Sovranità Economica e Monetaria (Milano).

1) Werner, R.A., A lost century in economics: Three theories of banking and the conclusive evidence, International Review of Financial Analysis (2015)

2) Whether the Client Money Rules were designed for this purpose, and whether it is indeed lawful for banks to reclassify general ‘accounts payable’ items as specific liabilities defined as ‘customer deposits’, without the act of depositing having been undertaken by anyone, is a matter that requires further legal scrutiny, beyond the scope of this paper.”
In: Werner, R.A., How do banks create money, and why can other firms not do the same? An explanation for the coexistence of lending and deposit-taking, International Review of Financial Analysis, Volume 36, December 2014, Pages 71–77

venerdì 27 novembre 2015

Elementi giuridici del sistema di creazione di mezzi monetari

Workshop per Magistrati, Avvocati,
Notai e Dottori Commercialisti

“Elementi giuridici del sistema di creazione di mezzi monetari delle banche private”

giovedì, 26 novembre – ore 15.00 – 17.30
BOLZANO – Casa Kolping, Via A. Kolping, 3 – Josefsaal

http://humaneconomy.it/workshop-elementi-giuridici-del-sistema-di-creazione-di-mezzi-monetari-delle-banche-private-per-magistrati-avvocati-notai-e-dottori-commercialisti/

giovedì 5 novembre 2015

Antiriciclaggio, Mutuo e credito fondiario

Antiriciclaggio, Mutuo e credito fondiario
02/11/2015

Le illegittime prassi per l’erogazione dei mutui e la fattispecie di autoriciclaggio

http://www.dirittobancario.it/giurisprudenza/antiriciclaggio/le-illegittime-prassi-erogazione-dei-mutui-e-la-fattispecie-di-autoriciclaggio

Cassazione Penale, Sez. II, 14 ottobre 2015, n. 41353
Luca Benvenuto, Associate, Orrick, Herrington & Sutcliffe LLP


La seconda sezione della Cassazione Penale ha emanato la sentenza n. 41353/2015, depositata il 14 ottobre, con la quale ha ribadito l’antigiuridicità della prassi, sovente seguita dagli istituti di credito italiani, volta a facilitare l’erogazione dei mutui ipotecari, anche a discapito della correttezza, completezza e veridicità delle informazioni acquisite. Antigiuridicità che, peraltro, può talvolta addirittura sfociare nella commissione del reato di c.d. “autoriciclaggio”.
1. La ricostruzione dei fatti di causa
La questione esaminata dalla Cassazione Penale attiene all’opponibilità alla confisca del credito ipotecario vantato da un istituto di credito e derivante da un mutuo fondiario, che era stata riconosciuta dalla Corte d’Appello di Torino in riforma del decreto emesso in primo grado dal tribunale competente.
Nello specifico, dagli atti di causa è emerso che una banca ha erogato un mutuo fondiario individuando, in maniera del tutto arbitraria e fittizia, il mutuatario nel coniuge che non risultava già intestatario di una abitazione, pur essendo quest’ultimo privo di redditi per la restituzione del mutuo. Nondimeno, nel corso dell’istruzione della pratica, la banca ha ovviato a tale circostanza mediante il compimento di ulteriori irregolarità, in particolare (i) indicando un prezzo dell’immobile differente da quello reale e (ii) riportando, quale reddito del mutuatario, quello del coniuge nei cui confronti, nei fatti, veniva contratto il mutuo. Quale ulteriore dimostrazione dello scambio di persona operato, il reddito del mutuatario veniva inserito tra virgolette. In aggiunta a quanto sopra il coniuge non mutuatario, oltre a “prestare” il proprio reddito ai fini della corretta istruzione della pratica, veniva altresì a garantire l’erogazione del mutuo mediante trasferimento di titoli idonei a fungere da provvista.
La finalità, piuttosto evidente, della fattispecie sopra descritta era quella di consentire al coniuge mutuatario di beneficiare delle agevolazioni fiscali riconosciute nell’ipotesi di acquisto della prima casa, sebbene a sobbarcarsi del peso del mutuo fosse, di fatto, l’altro coniuge.
A fronte di un contesto già prima facie piuttosto nebuloso e ricco di incongruenze, la Corte d’Appello, pur riconoscendo l’esistenza delle predette irregolarità, che venivano ricondotte nell’alveo di una generalizzata prassi di elusione fiscale, negava l’opponibilità alla procedura del credito ipotecario derivante dal richiamato contratto di mutuo, affermando che le circostanze dianzi richiamate non fossero idonee e sufficienti a contestare lo stato soggettivo di buona fede della banca.
2. La decisione
Posta dunque la situazione suindicata, tanto il coniuge non mutuatario quanto, soprattutto, il procuratore generale presso la Corte d’Appello hanno presentato ricorso, il primo asserendo l’esistenza di elementi idonei a determinare la proposizione di una questione di legittimità costituzionale circa la normativa vigente in materia di misure di prevenzione patrimoniale, il secondo rimarcando invece l’incompatibilità del principio di buona fede in una fattispecie caratterizzata da tali e tante irregolarità quale quella di cui ci si occupa in questa sede.
L’errore di diritto che la Suprema Corte ha rinvenuto nella motivazione della Corte d’Appello di Torino attiene alla verifica circa l’elemento di buona fede quale connotato essenziale dell’operato della banca erogante. Richiamando infatti alcuni precedenti di legittimità, la Cassazione ha evidenziato come la buona fede possa rinvenirsi in quelle situazioni nelle quali l’affidamento incolpevole sia ingenerato da una situazione “di oggettiva apparenza che rende scusabile l’eventuale ignoranza o difetto di diligenza”, risultando del tutto estranea a tale valutazione la circostanza che il soggetto garantito abbia o meno tratto vantaggio dall’attività delittuosa.
Ebbene, nel caso di specie l’incolpevolezza dell’affidamento non soltanto viene categoricamente esclusa dalle circostanze fattuali, che invero dimostrano una situazione caratterizzata da anomalie e carenze, anche di tipo procedurale, invero piuttosto grossolane ed evidenti; ma anche dalla stessa motivazione della Corte d’Appello di Torino la quale, seguendo un discutibile percorso logico-argomentativo, da un lato riconosce come l’intera vicenda rappresenti un maldestro tentativo di ampliare oltremodo l’ambito di applicazione delle agevolazioni fiscali collegate all’acquisto della prima casa e, dall’altro, ritiene non sufficientemente dimostrato che l’operato degli addetti della banca sia stato caratterizzato da colpa grave o voluta negligenza.
Sennonché, osservano correttamente i giudici di legittimità, proprio gli elementi evidenziati dalla Corte d’Appello sono, di per se soli, idonei a ritenere comprovata la mala fede della banca, la cattiva gestione delle pratiche ed una diffusa carenza a livello di controlli e procedure.
Appare infatti di tutta evidenza come la selezione del coniuge non intestatario di alcuna abitazione quale titolare del mutuo rappresenti una prassi ormai solita ed avallata dalle stesse banche, le quali non approfondiscono le proprie indagini sino a verificare la coerenza e la conformità delle richieste loro pervenute. Ciò che, tuttavia, rende il caso di specie particolarmente eclatante, sono le ulteriori circostante che inducono a ritenere come la pianificazione della manovra elusiva fosse pienamente conosciuta dalla banca: l’erogazione di un mutuo a favore di un soggetto privo di autonome fonti reddituali risulta infatti difficilmente giustificabile alla luce di qualsiasi procedura interna di credit scoring e affido consapevole. Ancor più laddove si consideri come, nel corso dell’istruttoria, al cliente mutuatario sia stato riconosciuto, compiendo una evidente inversione, il reddito del coniuge (peraltro indicato tra virgolette, con ciò ad evidenziare ulteriormente come i funzionari della banca fossero pienamente consapevoli circa l’impossibilità di ricondurre quel reddito all’effettivo mutuatario).
Il caso di specie risulta poi ulteriormente aggravato dalla provvista, fornita (evidentemente) anch’essa dal cliente non mutuatario, mediante un’operazione di trasferimento titoli a garanzia del mutuo.
Proprio tale operazione, sottolinea la Suprema Corte, rappresenta un classico elemento del reato di autoriciclaggio[1], che avrebbe dovuto indurre la banca a valutare ancor più attentamente la possibilità di erogare il finanziamento, addirittura dovendo riportare tale circostanza ai soggetti competenti per materia, onde verificare l’opportunità o la necessità di trasmettere una segnalazione di operazione sospetta all’Unità di Informazione Finanziaria[2].
3. Considerazioni
Nel caso di specie, la pronuncia della Cassazione appare pienamente condivisibile in quanto adottata in conformità con i fondamentali principi non soltanto giuridici ma anche di buon senso. L’esistenza di una prassi, senz’altro largamente diffusa, finalizzata a rientrare nell’ambito di applicazione di misure agevolative di natura fiscale non può infatti essere certo posta a fondamento di una pronuncia atta a legittimare tale comportamento ma neanche della scelta, da parte dell’istituto di credito, di erogare il finanziamento ignorando elementi di attenzione che appaiono visibili secondo la normale diligenza del buon padre di famiglia. Tanto più che, nel caso di specie, sarebbe stata sufficiente la semplice cointestazione del mutuo (con conseguente riduzione – ma non annullamento – del beneficio fiscale) per ridurre drasticamente il rischio di contestazione ed applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale.



[1] Si fa riferimento alla fattispecie delittuosa di cui all’art. 648-ter.1 che sanziona “chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”.
[2] Si rammenta infatti come, a norma dell’art. 41 del D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 l’obbligo di segnalazione discenda anche dal semplice sospetto (o addirittura dall’esistenza di ragionevoli motivi per sospettare) circa la commissione o il tentativo di commissione di un reato di riciclaggio, non essendo invece richiesta una certezza quanto alla commissione del delitto.

venerdì 30 ottobre 2015

I MUTUI BANCARI SONO UNA FRODE

I MUTUI BANCARI SONO UNA FRODE: COME DIFENDERSI


“Voglia il tribunale dichiarare inesistente o nullo per illiceità l’apparente contratto di mutuo in questione, condannando la banca a restituire al cliente tutti gli importi percepiti a titolo di capitale, interesse e commissioni.”
L’intero sistema monetario e creditizio è fondato sull’inganno e sull’ignoranza, e si regge sulla connivenza delle istituzioni. Per sua natura produce inevitabilmente ricorrenti disastri, e costanti profitti per chi lo manovra.
Espongo di seguito un suo aspetto rilevante per la vita quotidiana, ossia alcuni argomenti giuridico-economici che dimostrano che i mutui e in generale i prestiti delle banche sono o inesistenti, oppure nulli perché illeciti. Questi argomenti sono fondati su norme e realtà certe, sono perfettamente controllabili, e possono essere usati per opporsi in causa alle pretese delle banche; ma non è affatto certo che i giudici li capiscano e li accettino, e che applichino le norme di legge che dovrebbero applicare. Farlo, infatti, sarebbe pericoloso per la carriera del magistrato che osasse tanto, equivalendo a mettersi contro il sistema. In tutte le società e in tutte le epoche, i giudici, nel complesso, difendono il sistema esistente, gli interessi costituiti, le leggi di fatto, non quelle solo scritte sulla carta, anche se, ovviamente, si presentano come i loro tutori.
Finora ho visto giudici che, davanti a questi argomenti, per evitare rischi, se li capiscono, fingono che non siano stati nemmeno formulati, oppure dicono che si tratterebbe di scelte politiche, oppure tirano fuori altre frottole e pretesti.
Però se farete causa a migliaia e migliaia contro le banche mettendo in evidenza questi principi evidentissimi di diritto e realtà, e facendoli percepire dall’opinione pubblica, sarà sempre più facile che crolli il muro di finzione, di ignoranza e di connivenza delle istituzioni. Connivenza che si sta spingendo, con la legge del bail-in, a scandalosi picchi di scelleratezza.
INESISTENZA DEI MUTUI (PRESTITI) – OMESSA DAZIONE DI MONETA – INADEMPIMENTO
I supposti contratti di mutuo e simili (apparenti prestiti) in realtà non esistono, perché il mutuo viene in esistenza solo quando il prestatore effettivamente consegna “danaro” al prestatario, e di fatto le banche non consegnano mai “danaro”, dato che il “danaro” è la moneta legale, cioè le banconote emesse dalla BCE, e non accrediti contabili.
A norma dell’art. 1813 CC, “Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità.” Il mutuo è un contratto di natura reale, re perficitur: viene in essere con la dazione della cosa mutuata – denaro, nel caso di mutuo di denaro. Prima della dazione non è in essere. Dunque prima della dazione non può spiegare effetti.
Non basta, dunque, per porre in essere un contratto di mutuo, redigere e firmare una convenzione e chiamarla “contratto di mutuo”. Un siffatto, sedicente contratto non contiene la prova della dazione di moneta, anzi contiene – come si preciserà – la prova della sua non dazione. Non contiene quindi la prova della venuta in essere, del perfezionamento, del mutuo. Come si vedrà nel proseguimento, il rapporto monetario intercorso consiste nella dazione di una promessa della quantità di moneta, ma non di moneta.
Si noti che “moneta” o “denaro”, in base al Codice Civile, è la valuta legale in Italia, ossia l’Euro emesso dalla Banca Centrale Europea, unico soggetto legittimato a emettere moneta nell’Eurozona, in virtù del Trattato di Maastricht.
Il Codice Civile, compreso l’art. 1813, conosce solamente la moneta legale. Ovviamente, non costituisce moneta legale un qualsiasi titolo denominato in moneta legale. Una cambiale o un assegno o un bonifico o un qualsiasi strumento finanziario da 10.000 Euro o Dollari non sono 10.000 Euro o Dollari. L’art. 105 del Trattato di Maastricht stabilisce che l’unica forma di moneta legale è la banconota (oltre al conio metallico), e ne riserva l’emissione alla BCE. Quanto ciò sia concretamente e applicativamente vero si vedrà in seguito, e anche studiando il sistema di pagamenti transfrontalieri entro l’Eurozona, detto Target2.
La non-analogia, la non-assimilabilità, la non-interscambiabilità tra moneta legale e “moneta” contabile bancaria è determinata dalla diversità giuridico-ontologica tra la prima e la seconda, cioè dal fatto che la prima è una carta-valore, ossia una carta che ha un potere d’acquisto ma non ha natura di credito (non incorpora alcun rapporto di credito-debito), mentre la seconda è un credito (una registrazione contabile creditoria) cui corrisponde un debito (una registrazione contabile debitoria), e che può essere speso perché è trasferibile da un soggetto a un altro, e il trasferimento di questo credito è inteso, vale, come pagamento o prestito. Il fatto che lo pseudo-denaro bancario è in realtà un credito verso la banca che lo emette o che te lo accredita, implica che se questa banca fallisce tu puoi perdere in tutto o in parte questo pseudo-denaro. Esso infatti dipende, per la sua esistenza, dalla solvibilità della banca. Invece il denaro vero ha un valore che, non essendo un credito, non dipende dalla solvibilità di alcuno. E questo dimostra definitivamente che il preteso denaro bancario non è denaro, sicché non può essere oggetto di mutuo, e i mutui concessi con esso sono nulli e non vanno rimborsati, né su essi va pagato un interesse – a termini di legge. Ma in mezzo mondo i politici-criminali al servizio dei banchieri truffatori stanno introducendo norme per scoraggiare, limitare e sostanzialmente abolire l’uso del denaro vero, allo scopo che la gente non possa più capire la differenza tra questo e lo pseudo-denaro dei banchieri, e che sia sottomessa alle loro truffe, per esempio perdendo i risparmi per effetto del meccanismo del bail in (ultimamente introdotto anche in Italia) quando la banca diviene insolvente (il che avviene, solitamente, per effetto di truffe dei banchieri stessi). I politicanti-criminali mirano a privare la gente della possibilità di avere denaro vero, al fine di porre la gente stessa, anzi tutta la società. in balia delle banche.
Per approfondire la natura non monetaria dello pseudo-denaro bancario, consideriamo l’operazione di bonifico. Quando Tizio esegue un bonifico a Caio, che cosa avviene? Avviene che Tizio, che ha un saldo attivo nel suo conto presso la sua banca X, ordina a questa di sostituire a lui Caio nella posizione di creditore, e a se stessa la banca di Caio nella posizione di debitrice. Cioè il bonifico è una doppia novazione soggettiva del rapporto di credito tra bonificante e banca: cambiano i due soggetti di questo rapporto: al posto di Tizio, subentra Caio, come creditore; e al posto della banca di Tizio subentra la banca di Caio, come debitrice. Quindi il bonifico è il trasferimento di un credito, che non è una dazione di danaro.
Ma, tornando al modo di erogare credito delle banche, la traditio pecuniae, la dazione di denaro, non avviene nemmeno con un “accredito” creato dal nulla, su un conto corrente, consistendo questo accredito meramente nel digitare un importo, da parte nella banca, in un conto di disponibilità – operazione elettronica in cui nessun denaro viene spostato -; e altresì per il fatto stesso che accreditare, ossia creare una disponibilità di un saldo attivo (su un conto di disponibilità) è creare la disponibilità di un credito, e non di danaro. Quando una banca accorda un apparente prestito (mutuo), contabilmente attiva due conti:
-un conto di disponibilità per il cliente, in cui segna la somma in questione come proprio dare e come avere del cliente, nel senso che il cliente potrà usare il saldo attivo di questo conto trasferendolo in tutto o in parte a soggetti verso cui vuole eseguire pagamenti; quando trasferisce l’intero importo del detto credito, il saldo va a zero;
-un conto di debito, in cui, al momento dell’erogazione del “prestito” (cioè dell’azzeramento del saldo del conto di disponibilità) registra la detta somma come proprio avere e dare del cliente.
Ma – si ripete – ciò che viene “messo” nel conto di disponibilità è solo un insieme di cifre digitate, non denaro (moneta legale); e il numero composto di queste cifre è un credito (di disponibilità, e salvo il rimborso) del cliente verso la banca. Non è denaro. Il denaro non è mai un credito, non incorpora un’obbligazione o un diritto di credito.
Gli apparenti contratti di mutuo spesso contengono la prova che la banca non ha eseguito alcuna traditio pecuniae, che non ha cioè trasferito moneta agli attori, e che si è limitata a digitare  un numero nel conto di disponibilità. E lo provano espressioni facilmente riconoscibili. Ad esempio, il cotnratto dichiara che la banca ha prestato il denaro o erogato la somma “mediante accredito”, “mittels Gutschrift”; oppure il mutuatario dichiara “di aver ricevuto, mediante accreditamento in un conto a proprio nome aperto presso la direzione della Cassa di Risparmio stessa, la somma di… …”.
In una causa in cui si contesti l’inesistenza di un siffatto mutuo, si può chiedere al giudice che, se non gli risulta abbastanza chiaro dai documenti come quelli sopra indicati, disponga una perizia o CTU per accertare che l’erogazione dell’apparente mutuo in questione è avvenuta con le modalità descritte sopra nonché dal prof. Werner nel suo paper allegato all’opposizione, ossia senza movimentazione di fondi della banca da altri conti, senza riduzione di altri fondi, senza diminuzione di poste di bilancio, bensì mediante mera scritturazione, a costo zero per la banca, di un numero nel conto di disponibilità. Il nominando CTU non dovrà fare altro che ripetere sulla controparte la verifica eseguita dal prof. Werner sulla banca da lui presa in esame, per accertare che non vi è stata alcuna uscita di moneta.
Da quanto detto sopra, consegue anche che la banca non presta denaro, cioè valuta legale, cioè euro, ma consegna al supposto mutuatario sue proprie promesse di pagamento di quantità di moneta legale che non possiede e che, a livello di aggregati, non esiste (quindi sono promesse a vuoto), si ha che il capitale prestato è 0, quindi qualsiasi interesse preteso è infinito, dato che qualsiasi numero, diviso per zero, dà infinito. Dunque, con questo sistema bancario, il superamento della soglia sussiste sempre.
 Una ulteriore prova che il denaro bancario non è denaro vero, ma falso, fraudolentemente spacciato come deanro con la complicità di chi dovrebbe impedirlo, ci viene dall’istituzione nota come Target 2. Il funzionamento e la stessa esistenza di Target2, la piattaforma per pagamenti interbancari nell’Eurozona (e non solo), dimostrano che il denaro sui conti correnti bancari, anche se denominato “euro”, non è l’euro, e non è creato dalla BCE ma dalle banche dei singoli paesi aderenti. Infatti, se fosse l’euro “vero”, l’euro-valuta legale della BCE, per fare un bonifico di 1.000 euro dal mio conto corrente italiano a quello del mio fornitore in Germania, la mia banca opererebbe quando fa un bonifico a un altro conto corrente italiano, a un altro conto corrente ABI, anziché passare per Target2, cioè chiedere alla Banca d’Italia di prestarle 1.000 euro della BCE (e la Banca d’Italia lo fa indebitandosi verso la BCE), con cui viene eseguito l’accredito sul conto corrente tedesco. Infatti, l’euro vero disponibile al privato, ossia la banconota e il conio, è egualmente spendibile e accreditabile sui conti correnti direttamente (senza cioè passare per le banche centrali) in qualsiasi paese dell’Eurozona. Il che dimostra in modo diretto e compiuto, che gli “euro” segnati sui conti correnti italiani non sono veri euro (la valuta legale), non sono emessi dalla BCE, sono diversi anche dagli “euro” segnati sui conti correnti tedeschi (greci, spagnoli, finlandesi…), e non sono l’Euro, la valuta legale del SEBC, di Maastricht, l’unica ammessa e lecita. Sono una moneta privata, creata internamente a ciascun sistema bancario nazionale, e diversa per ogni sistema bancario (cioè per ogni paese). In Italia, sono la moneta dell’ABI. Contabilizzarla al medesimo modo e con la medesima denominazione dell’Euro vero, è scorretto, ingannevole, illecito. E’ un’elusione del Trattato di Maastricht.
Insomma, non è possibile sostenere in buona fede che la dazione di denaro bancario, ossia di un accredito, sia una dazione di danaro ai fini della venuta in essere di un mutuo. Ma ovviamente molti giudici sceglieranno di stare dalla parte del sistema, degli interessi costituiti.
NULLITA’-INESISTENZA E ILLICEITA’ DEL CONTRATTO
In ogni caso, i contratti come quelli sopra descritti sono nulli perché illeciti, contrari alla legge; quindi niente è dovuto alla banca per capitale o per interessi. Infatti,
-o si afferma che ciò che le banche di credito danno negli apparenti mutui è (considerabile ai fini dell’attuazione del mutuo come) danaro – e allora, per far salvo il mutuo, si va contro al TUB (DLT 385/1993 art. 10, c. 1: “La raccolta di risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono l’attività bancaria”) e al Trattato di Maastricht, art. 105, che riserva al SEBC la creazione della moneta;
-oppure si riconosce che non è danaro e che quindi non vi è mutuo, nel senso spiegato al punto 1.
Se si opta per la prima ipotesi, allora si dovrà anche riconoscere che i bilanci delle banche sono falsi, in quanto non espongono i ricavi da creazione monetaria; e per conseguenza vi è una corrispondente evasione fiscale.
Premettiamo che gli argomenti che seguono hanno ricevuto di recente una conferma da parte di papers della Bank of England – conferma che riportiamo in fondo al presente motivo, e che non consente ulteriori elusioni dei problemi giuridici di seguito posti. Chi diversamente sostiene, sembra ignorare che il Codice Civile e le norme di esso che, in particolare, che regolano i rapporti in esame, conoscono soltanto il danaro legale, ossia la moneta legale, cioè le banconote, ossia carte-valore non contenenti obbligazioni o crediti, mentre al contrario le transazioni e i contratti con le banche hanno prevalentemente, e specificamente nel nostro caso, come oggetto rapporti di credito-debito, quali sono gli assegni, i bonifici, gli attivi di conti correnti. Chi diversamente sostiene equivoca, invece, tra moneta legale (cartamoneta) e mezzi monetari “obbligazionali” (scritturali, contabili, creditizi, comunque non legali), li confonde, non li distingue, equipara ai primi i secondi.. Si potrebbe obiettare che i detti argomenti sarebbero volti a contestare il vigente sistema bancario come disciplinato dal TU bancario, e che contrasterebbe con l’ordinamento positivo. Niente di più erroneo: le argomentazioni in parola sono fondate sul diritto positivo, come di seguito si espone, ma come era già stato spiegato nella parte precedente di questo motivo.
Innanzitutto, il Trattato di Maastricht riserva alla BCE (rectius: al Sistema Europeo delle Banche Centrali) la creazione di moneta, cioè della moneta legale, o cartamoneta (Art. 105), che è quindi l’unica valuta legale; mentre il T.U. bancario autorizza le banche all’esercizio del credito (ossia al prestito della raccolta, al prestito di denaro già esistente) ma non alla creazione di mezzi monetari (DLT 385/1993 art. 10, c. 1: La raccolta di risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono l’attività bancaria). Per contro, e in violazione di queste norme di diritto positivo, le banche, applicando il principio della riserva frazionaria ([1]), ossia il principio per il quale le banche di credito, possono prestare un multiplo – in Italia, oggi, fino a 50 volte – del totale dei depositi detenuti – depositi che, a loro volta, non sono di moneta legale (se non per millesimi) ma consistono di crediti (bonds e accrediti da altre banche) . In tal modo il sistema bancario, prestando, crea mezzi monetari – cosa che il citato art. 10 non gli consente, e che costituisce quindi, in base al diritto positivo, un’attività illecita, rispetto a cui il giudice, ogni volta che si pronuncia, può o dichiarare la situazione di illegalità e sanzionarla, oppure evitare il merito. Il sistema di produzione della moneta scritturale bancaria da parte delle banche di credito, ora “banche universali” perché fanno anche “investimento” (ossia speculazioni), si sostanzia nel fatto che, se Tizio riceve un prestito di –poniamo- un assegno circolare di 1.000 Euro della banca 1 e lo dà a Caio in estinzione di un debito, e Caio lo deposita sul suo conto corrente presso la banca 2, la banca 2 potrà, in base a questo incremento dei depositi da essa detenuti, prestare il 90% di 1.000, cioè 900; e i 900, depositati nella banca 3, consentiranno a questa di prestare 810… e così via. In tal modo, il sistema creditizio non si limita a intermediare, mamoltiplica il denaro, il money supply – cosa che non gli è consentita dalla legge positive, e su cui quindi il giudice non deve consentire che la banca guadagni.
In realtà, come recentemente provato dal prof. Richard Werner (vedi infra), la banca non opera nemmeno col principio della riserva frazionaria, ossia non attinge (frazionalmente) a riserve, non ne diminuisce l’importo, nel prestare, proprio perché in realtà opera come descritto sopra nel caso di specie, cioè digitando ex nihilo un importo in un conto di disponibilità creato ad hoc, senza trasferimenti da altre poste o fondi di bilancio. Quindi l’illegalità è ancora più grave e radicale.
Ma che cosa emette la banca, quando presta? Eroga non moneta legale, bensì mezzi monetari, virtual money, consistenti in promesse di pagamento o ricognizioni di debito (assegni circolari, lettere di credito, promissory notes) obbliganti la banca emittente a un solvere formalmente consistente in una dazione di moneta legale, ossia cartamoneta (un assegno circolare di 100 Euro della banca Alfa è un titolo di credito che obbliga la banca a pagare 100 Euro in contante al legittimo portatore, a vista. Ma dato che, in sistemi a copertura frazionale, la banca detiene in contante solo una minima parte del totale delle promesse di pagamento che ha emesso, e nondimeno queste promesse sono accettate e accreditate come se fossero esse stesse denaro – dato ciò, si deve dire che le banche creano money supply anche in questo senso, ossia facendo accettare come moneta legale le loro promesse di moneta legale. L’emissione di promesse di pagamento bancarie scoperte, o coperte solo in minima parte (pratica in cui si sostanzia, in generale e in questo caso particolare, l’erogazione del c.d. credito bancario), è un atto non di esercizio del credito, ma di creazione di mezzi monetari dal nulla, che le banche esercitano abusivamente, anche in violazione del trattato di Maastricht, che riserva alla BCE, in via esclusiva, la funzione di emissione della moneta Euro.
Inoltre, è un atto che alla banca, a fronte della creazione di un matching account che va in attivo, per la banca (cioè le procura ricavi) a misura che il cliente preleva dal conto di disponibilità, non comporta un costo, una diminuzione, un’uscita patrimoniale, o al più comporterebbe (ma non è così) un’uscita pari alla riserva frazionaria applicabile, cioè circa 1/50 – rectius, comporterebbe un assorbimento, (una diminuzione) della capacità di ulteriore creazione psudo-monetaria. La banca, in un sistema monetario a riserva frazionaria, eroga a costo frazionario. Ma, come già detto, non è nemmeno questo, ciò che accade nell’erogazione del credito.
Da dove provengono i “soldi” che la banca presta o dichiara di prestare e contabilizza come prestati? In proposito vi sono da tempo tre teorie:
-La teoria ufficiale, recepita dall’intenzionalmente fuorviante linguaggio del legislatore: la banca è un’intermediaria finanziaria, cioè presta i soldi della raccolta: tanto raccoglie, tanto può prestare. Da un lato riceve depositi, e dall’altro lato li presta, applicando una forbice di interessi, e guadagnando su questa e sulle commissioni; quindi, se presta 100, in bilancio deve registrare un calo di cassa di 100, e un incremento di 100 dei crediti. Ovviamente, ogni mancato rimborso dei prestiti concessi è una pari perdita. La quantità di liquidità, il money supply, è generata interamente dalla banca centrale di emissione e non dipende dalla quantità di credito erogato dalle banche. Questa la teoria per il popolo bue, i mass media e i benpensanti.
-La teoria per gli “istruiti”, insegnata all’università, è quella della riserva frazionale: la singola banca può prestare un multiplo delle sue riserve, cioè può creare moneta creditizia o scritturale o contabile per un multiplo delle sue riserve – diciamo dieci volte – emettendo bonifici, lettere di credito, assegni etc. E siccome questi mezzi di pagamento possono essere depositati in altre banche, andando così ad aumentare le loro riserve, essi mettono queste altre banche in condizioni di emettere ulteriore moneta contabile. L’effetto complessivo è di una moltiplicazione reciproca da parte del sistema bancario, in virtù della quale, se la banca centrale opera un incremento iniziale di 1.000 di moneta legale, con un moltiplicatore di 10 abbiamo un aumento di liquidità totale, nel sistema, di 9.900. La banca, quindi, non è un semplice intermediario finanziario, e l’uso di questa definizione, anche da parte dei testi di legge, è ingannevole. L’attività creditizia delle banche, comportando la creazione di mezzi monetari privati accettati anche dal settore pubblico (con l’assegno circolare della banca voi potete pagare le tasse o il prezzo di un terreno all’asta del tribunale), è in contrasto con la legge, come già spiegato. In ogni caso, poiché la banca, secondo questa teoria, intacca frazionalmente le sue riserve per erogare il prestito, necessariamente ad ogni erogazione le sue riserve in bilancio devono ridursi in proporzione al rapporto frazionario.
-La terza teoria è che la banca – ogni banca, individualmente – crei direttamente i mezzi monetari che presta, senza dipendere dalla raccolta né dalla moneta primaria della banca centrale, semplicemente come ha fatto c.p. ed è dichiarato nel contratto di “mutuo” de quo: aprendo un conto di disponibilità intestato al cliente e scrivendoci sopra l’importo che intende prestare, senza attingere dalla cassa e senza usare o intaccare le riserve. Quindi crea moneta creditizia al 100% ex nihilo e la presta. O più esattamente la crea con l’atto del metterla a disposizione o prestarla. Il prestato (il messo a disposizione) non preesiste al prestare (al mettere a disposizione): it is lent into existence. L’incompatibilità col Tub e con Maastricht è totale. Questa capacità di creare mezzi monetari è la vera peculiarità della banca, conferita di fatto (anche se non di diritto) dalle istituzioni che stanno al gioco dei banchieri disapplicando la legge, e che rende il prestare della banca qualitativamente diverso dal prestare di qualsiasi altro soggetto, perché qualsiasi altro soggetto presta solo denaro che si è procurato in precedenza in cambio di qualcosa (oppure con una rapina, un furto, una frode…); sicché, se non recupera quanto ha prestato, soffre una perdita vera e propria; mentre la banca no, quindi può sopportare molto bene le perdite sui crediti e non ha bisogno di scaricarle sul trattamento salariale dei dipendenti o sui livelli occupazionali, né sui depositi dei clienti (bail in). Le leggi che stanno introducendo il bail-in sono quindi del tutto ingiustificate sul piano economico come su quello giuridico, veri atti criminali della politica verso i cittadini e a beneficio dei banchieri truffatori.
Orbene, che le cose stiano come spiega questa terza teoria, è stato dimostrato scientificamente dal prof. Richard Werner dell’Università di Southampton mediante un esperimento, che è stato filmato da una troupe televisiva. Su International Review of Financial Analysis – 36 (2014), Werner ha pubblicato un paper su questo esperimento1, col titolo Can banks individually create money out of nothing? – The theories and the empirical evidence.[2]
L’esperimento è stato molto semplice: previo accordo con un’altra Raiffasenbank, la Raiffeisenbank Wildenberg, una banca cooperativa della Bassa Baviera inserita in una rete di molte banche cooperative servite da un unico sistema contabile elettronico, il 07/08/13 Werner personalmente si fece erogare un mutuo di 200.000 Euro. Prima e dopo l’erogazione, e di nuovo il giorno dopo, egli si fece stampare il bilancio (balance sheet, situazione contabile) della banca per confrontare il suo stato prima e dopo l’erogazione del mutuo. Dal confronto tra le due situazioni, risultò che la banca aveva aumentato i propri crediti di 200.000, mentre non vi era stata alcuna variazione in meno vuoi delle riserve, vuoi di alcun altro conto o fondo.
Quindi la banca aveva effettivamente aumentato il proprio attivo patrimoniale a costo zero proprio con l’atto del prestare. In effetti, aveva creato un conto di disponibilità in favore del mutuatario Werner e vi aveva digitato dentro un importo, accreditandosi al contempo la medesima somma. Sarebbe interessante controllare se, quando il prestito viene rimborsato, le varie banche cancellino o non cancellino questa posta attiva. La scritturazione contabile operata nell’erogazione da parte dei funzionari della banca registra:
Account overview



EUR Credit Liabilities Balance No. contract
Current accountLoan 200,000 200,000 200,000-200,000 11
Bank sum total 200,000 200,000 0,00 2
Cioè i mezzi monetari, l’oggetto del prestito, sono creati semplicemente registrando  ex nihilo un debito contro un credito, con un’operazione contabile esclusiva e peculiare delle banche, che nessun altro operatore economico potrebbe compiere. Ma – osserva questa difesa – a quanto ammontano i mezzi monetari così creati? A 200.000, cioè la “somma” prestata, o a 400.000, ossia la somma prestata al cliente più il credito che la banca ha registrato a proprio avere? Se questo credito è in qualche modo utilizzabile dalla banca come (se fosse) moneta, allora la creazione monetaria totale nel prestito di 200.000 è di 400.000.
Questo esperimento (il quale ha ulteriori aspetti e corollari, che per brevità qui si tralasciano) conferma la terza teoria, quella della creazione ex nihilo, confutando le altre due, cioè quella della banca come intermediaria finanziaria, e quella della riserva frazionaria, dato che ambedue ritengono che un prestito possa essere erogato soltanto usando denaro preesistente. D’altronde, già la Fed e la Bank of England[3], recentemente, avevano pubblicato papers3 da cui appare che il grosso, circa il 97% della liquidità (M1), consiste in denaro bancario privato (contabile, scritturale, creditizio), e solo il resto in legal tender, ossia moneta legale creata dalle banche centrali di emissione: euro-note. E molti l’avevano capito in occasione della crisi finanziaria del 2008, in quanto si spiegava che la causa del liquidity crunch (restrizione della liquidità) era… il credit crunch (restrizione del credito bancario). Quindi il money supply è creato dal prestito bancario e, dopotutto, Werner ha confermato, col suo esperimento, ciò che già si sapeva e vedeva. I tempi erano maturi… per dirlo.
Del resto, il funzionamento e la stessa esistenza di Target2, la piattaforma per pagamenti interbancari nell’Eurozona (e non solo), dimostrano che il denaro sui conti correnti bancari, anche se denominato “euro”, non è l’euro, e non è creato dalla BCE ma dalle banche dei singoli paesi aderenti. Quindi è pseudo-denaro, non è moneta legale.  Infatti, se fosse l’euro “vero”, l’euro-valuta legale della BCE, per fare un bonifico di 1.000 euro dal mio conto corrente italiano a quello del mio fornitore in Germania, la mia banca opererebbe così come quando fa un bonifico a un altro conto corrente italiano, a un altro conto corrente ABI, cioè, anziché passare per Target2, cioè chiedere alla Banca d’Italia di prestarle 1.000 euro della BCE (e la Banca d’Italia lo fa indebitandosi verso la BCE), con cui viene eseguito l’accredito sul conto corrente tedesco. Infatti, l’euro vero disponibile al privato, ossia la banconota e il conio, è egualmente spendibile e accreditabile sui conti correnti direttamente (senza cioè passare per le banche centrali) in qualsiasi paese dell’Eurozona. Il che dimostra in modo diretto e compiuto, che gli “euro” segnati sui conti correnti italiani non sono veri euro (la valuta legale), non sono emessi dalla BCE, sono diversi anche dagli “euro” segnati sui conti correnti tedeschi (greci, spagnoli, finlandesi…), e non sono l’Euro, la valuta legale del SEBC, di Maastricht, l’unica ammessa e lecita, e che infatti può essere direttamente spesa o depositata in banca in qualsiasi paese dell’Eurozona. Sono una moneta privata, creata internamente a ciascun sistema bancario nazionale, e diversa per ogni sistema bancario (cioè per ogni paese). In Italia, sono la moneta dell’ABI. Inoltre, sono titoli di debito-credito (a differenza della moneta legale, che non ha tale valenza, quindi sono onto-giuridicamente altro da essa). Contabilizzarli al medesimo modo e con la medesima denominazione dell’Euro vero, è scorretto, ingannevole, illecito. E’ un’elusione del Trattato di Maastricht. E’ una frode.
Dal punto di vista del bilancio, dei ricavi e dell’imponibile, le conseguenze sono facilmente immaginabili: l’importo prestato comporta automaticamente un ricavo di pari importo, quindi, se il bilancio un domani verrà fatto fedelmente, risulteranno maggiori gli utili e maggiore il reddito.  E’ significativo che le tre teorie siano esistite fianco a fianco per molti decenni senza mai essere verificate sperimentalmente per accertare quale fosse quella vera. Evidentemente, è un tema molto delicato, sul quale si è preferito mantenere l’oscurità e la disinformazione, indispensabili per poter continuare a parlare, anche da parte del legislatore, delle banche come “intermediarie finanziarie” senza che la gente anche solo un poco esperta del settore si accorga dalla falsità di questa definizione, del contrasto tra le leggi in materia bancaria e ciò che le banche realmente fanno, e degli erronei presupposti tecnici degli interventi sulle crisi bancarie, i cui costi sono stati, nel mondo, scaricati principalmente sui conti pubblici (quindi sui contribuenti) e sui risparmiatori (bail-in), con effetti molto negativi sull’economia reale.

Sulle premesse sopra esposte, possiamo agire contro le banche contestando l’inesistenza, nullità, simulazione, inesecuzione etc. in generale dei supposti contratti di sconto, anticipazione, mutuo, ai sensi degli artt. 1813, 1814, 1823, 1846, 1858 CC. Anche queste sono norme di diritto positivo, ovviamente. Qualche tribunale ha ammesso, in ordine a questa prassi, trattarsi di pagamenti in moneta diversa da quella legale – ma non ha considerato che, se la banca dispone di moneta diversa da quella legale, bisogna che essa la crei – e questa attività non le è consentita dall’art. 10. E, se la crea, la crea a costo zero, anzi la crea nell’atto di erogarla, quindi non sopporta un’uscita patrimoniale dal proprio patrimonio, sicché l’erogazione del prestito è un ricavo netto, un utile, che va dichiarato e tassato.
Ai nostri fini, la realtà giuridico-finanziaria sopra spiegata e dimostrata ha quattro primarie implicazioni:
1) L’attività di prestito delle banche è illecita perché la legge bancaria e quella internazionale non la consentono; quindi tutti i contratti lato sensu di prestito, compreso quello in esame, sono illeciti e nulli;
2)La banca non eroga, con l’atto del prestare, moneta legale, ma promesse di moneta legale – tali essendo bonifici, assegni circolari, promissori notes (promesse, tra l’altro, scoperte di riserve di moneta legale), tuttavia pretende, su queste promesse (scoperte), un pagamento di interessi in denaro sudato, ossia che il cliente deve sudare per procurarselo; e così pure un rimborso in denaro sudato; il che viola l’art. 1813 cc, che presuppone, ai fini dell’esistenza del mutuo, che sia consegnato denaro, e non promessa di esso; e che non consente la pretesa di interessi e rimborso in denaro su un qualcosa e di un qualcosa che non è stato erogato in denaro. Queste promesse di pagamento sono mutuamente accettate dalle banche del circuito nazionale ed entro di esso, le quali mutuamente ricevono e accreditano le promesse emesse sui propri conti correnti, trattandole contabilmente come se fossero moneta legale, accettandole come mezzo di pagamento, e creando con ciò un sistema monetario privato e interno al proprio circuito nazionale di appartenenza, e, al contempo, l’apparenza ingannevole che tale sistema e la sua valuta interna sia il sistema dell’Euro legale.
3) Inoltre, poiché la banca pretende interessi e rimborso su non-denaro (ma promessa di denaro), e poiché il tasso di interesse si calcola dividendo l’ammontare degli interessi nell’anno per il capitale, si ha che, qualunque sia questo ammontare, essendo il capitale monetario prestato zero, il tasso di interesse è sempre infinito, essendo che ogni numero diviso per zero dà infinito. Dunque il tasso è usurario e nessun interesse è dovuto, ex art. 1815 CC.
4) Infine, oltre alle predette norme di legge ordinarie, la suddescritta prassi viola una serie di norme costituzionali, che Codesto Giudice non potrà ignorare.
Innanzitutto, l’art. 3 Cost., perché la banca genera un quid a costo zero per se stessa, e pretende un rimborso e un pagamento di interessi in un qualcosa di diverso da quel quid, dato che il cliente prestatario non è in grado di generare quel quid (promessa di pagamento di moneta che fa le veci della moneta). Ma vi è ben altro.
Dal 1975 ad oggi la suddivisione dei redditi tra lavoro e capitale ha visto il capitale in grande rimonta e i lavoratori in grande arretramento, fino ai livelli del 1960. Ma che cosa è, questo capitale? Che costo di produzione ha, che valore intrinseco? Nessuno. Come brillantemente esposto al parlamento di Westminster il 20 novembre 2014 dal deputato conservatore Steve Baker in un memorabile dibattito, il capitale finanziario altro non è che denaro scritturale lent into existence, cioè generato a costo zero (ma fruttante interesse) dalle banche con l’atto stesso di erogare i prestiti creando un pari accredito a se stesse, che possono spendere come denaro legale (cioè, col prestare 100 la banca crea 100 di prestato e 100 come proprio ricavo).
Quindi, da un lato il dato che i possessori-creatori di capitali tolgono crescenti quote di reddito ai lavoratori si spiega col fatto che essi continuano a creare per se stessi capitale a costo zero prestandolo a interesse agli altri, ai lavoratori (di tutte le sorte), sottraendo loro reddito in forma di interessi passivi; mentre, dall’altro lato,  questa continua creazione di denaro, di capitale, dà conto del continuo crescere dell’indebitamento generale e crea il crescente bisogno, per questo sistema capitalistico finanziario, di destinare tutte le risorse economiche e fiscali, compresi i redditi e i risparmi privati e la spesa pubblica, quindi le tasse, a sostenere il pagamento degli interessi sui debiti, perché, se si interrompe, tutto il castello del capitalismo finanziario crolla in un financial meltdown. Col denaro generato come sopra, e con quello donato o quasi-donato loro dalle banche centrali (quantitative easing ed omologhi europei), cioè con denaro creato senza rapporto con la creazione di beni reali, i banchieri (direttamente o indirettamente) investono in titoli finanziari  e in immobili (solo il 16% circa del denaro addizionale va ad impieghi produttivi – ecco perché siffatti interventi, come anche il QE, giovano poco l’economia reale, dall’America all’Europa al Giappone), gonfiando le famigerate bolle, che sono destinate a scoppiare perché sono bolle di valori creati sulla carta, senza corrispettivo valore reale; e i loro scoppi travolgono le banche, lasciando agli Stati di salvarle coi soldi dei contribuenti (bail-out). Ecco inoltre spiegato perché, nell’ultimo ventennio, i redditi da lavoro non sono aumentati in termini reali, mentre la produttività è aumentata di molto grazie alla tecnologia: i maggiori utili sono andati al capitale. Insomma, la creazione e regolazione della moneta non è affatto neutrale rispetto all’andamento economico e sociale, come invece insegnano i mendaci economisti di palazzo.
Faccio qui notare che questo sistema socio-economico, con la normativa che lo sostiene, è direttamente incompatibile con l’art. 1 della Costituzione italiana (“L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”) nonché con gli artt. 3 (principio di eguaglianza e della rimozione delle diseguaglianze: qui lo Stato è usato per fare proprio l’opposto, per ampliare le diseguaglianze di classe), 35 e 36 (tutela del lavoro, dignitosa retribuzione), 41 (divieto di pratiche imprenditoriali contrarie al bene collettivo), 47 (tutela del risparmio), perché in esso il non-lavoro, la rendita parassitaria, il privilegio di creare moneta gratis, ha il diritto di togliere sistematicamente il reddito ai lavoratori e i risparmi ai risparmiatori. Un’ampia e cogente argomentazione giuridica di quanto sopra è fornita dal giudice Luciano Barra Caracciolo, presidente di sezione del Consiglio di Stato, nel suo saggio del 2013, Euro e (o) democrazia costituzionale (Dike 2013),spiegando concretamente -tra le altre cose – come la Costituzione italiana non è neutra rispetto al sistema economico-finanziario,  perché i suoi principi di base prescrivono un’impostazione economico-finanziaria molto chiara, opposta a quella in via di attuazione oggi. Si può affermare che la Costituzione del 1948 è stata concepita proprio per prevenire che avvenisse la vittoria del capitale sul lavoro.
26.07.15 Avv. Marco Della Luna


[1] La riserva frazionaria è la percentuale dei depositi bancari che per legge la banca è tenuta a detenere sotto forma di contanti o di attività facilmente liquidabili. Tale riserva è l’insieme delle poste contabili che, in percentuale rispetto ai depositi, un istituto di credito non può erogare

[3] Money creation in the modern economy, di Michael McLeay, Amar Radia and Ryland Thomas of the Bank’s Monetary Analysis Directorate (www.bankofengland.co.uk/…/2014/qb14q1prereleasemoneycreation.pdf ):

“La creazione monetaria in pratica differisce da alcune concezioni diffuse: le banche non agiscono semplicemente come intermediari, prestando i depositi affidati loro dai risparmiatori, ne moltiplicano la moneta della banca centrale per creare nuovi prestiti e depositi… … nella realtà, le banche sono le creatrici della moneta costituente i depositi… … l’atto di prestare crea i depositi – l’inverso della sequenza tipicamente descritta nei libri di testo.

lunedì 26 ottobre 2015

Tasso soglia: occorre computare i costi eventuali

 Usura
26/10/2015

Ai fini della verifica del superamento del «tasso soglia», occorre computare (anche) i costi eventuali

Tribunale di Bari, 19 ottobre 2015
segnalato da: avv. Antonio Tarantino
Con Ordinanza del 19 ottobre 2015, il Tribunale di Bari ribadisce (cfr., per tutti, Trib. Pescara, 28 novembre 2014 e Trib. Bari, 12 dicembre 2014, entrambe in questa Rivista) la necessità di computare, ai fini della verifica dell’usurarietà del tasso, anche della commissione (o penale) di estinzione anticipata. E ciò, alla stregua del disposto di cui all’art. 644 c.p., come pure di quanto affermato dalla Suprema Corte con la sentenza del 9 gennaio 2013, n. 350.
L’Ordinanza rileva, infatti, che «ai fini della verifica della usurarietà del tasso convenuto nel contratto di mutuo deve tenersi conto non solo del tasso di interessi convenuto ma anche di tutti gli altri costi previsti in contratto, sia quelli certi (come le spese di istruttoria e quelle per l’assicurazione dell’immobile o degli immobili concessi in garanzia) che quelli eventuali quali possono essere gli interessi moratori (dovuti in caso di inadempimento nel pagamento delle rate di mutuo) e la commissione per estinzione anticipata». Occorre, dunque, «cumulare gli interessi moratori con la commissione anticipata»: si tratta di necessità che, prosegue l’Ordinanza, appare ancora più evidente nel caso in cui «tale commissione nel contratto è dovuta anche in caso di risoluzione per inadempimento del mutuatario».
Ai fini dell’accertamento dell’usurarietà del contratto, la commissione per estinzione anticipata deve essere calcolata – precisa l’Ordinanza – «con riferimento al capitale concesso a mutuo, dovendosi avere riguardo al momento in cui le condizioni contrattuali del mutuo vengono pattuite, così come prescrive la legge, considerato anche che in ipotesi ben può accadere che l’estinzione anticipata venga richiesta a distanza di qualche giorno».
Poste tali considerazioni, il Tribunale di Bari ha accolto la domanda di sospensione della procedura esecutiva attivata per l’asserito inadempimento della società mutuataria. L’usurarietà del tasso convenuto («dato dalla sommatoria del tasso convenzionale, di quello di mora, delle spese di istruttoria e di assicurazione, nonché dell’1,50% per estinzione anticipata»), infatti, determina la gratuità del mutuo (ex art. 1815, comma 2, c.c.). Per l’effetto, «alla data in cui è stato intimato il precetto l’opponente aveva pagato una somma superiore a quella dovuta per le rate scadute della sola sorte capitale sicché il credito azionato in via esecutiva è privo del requisito dell’esigibilità atteso che la Banca opposta non poteva avvalersi della clausola risolutiva espressa non essendosi verificato alcun inadempimento dell’opposta al pagamento di quanto dovuto fino a quel momento per sorte capitale».

Circolari e istruzioni Bankitalia non sono fonte di diritto

La Cassazione e le «opinioni» di Banca d’Italia

“Le circolari e le istruzioni della Banca d’Italia non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi e nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca d’Italia in una circolare, non può essere esclusa la sussistenza del reato … Le circolari o direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza della Banca d’Italia, neppure quale mezzo di interpretazione …” (Cassazione sentenza n. 46669/2011). Basta questo richiamo per percepire la distanza che separa alcuni orientamenti della Corte di Cassazione dalle indicazioni fornite agli intermediari dalla Vigilanza. Non solo a proposito di usura sopravvenuta (intervenuta, cioè, dopo la stipulazione del contratto), ma, ad esempio, anche a proposito della corretta rilevazione degli interessi di mora, oppure del computo complessivo e annualizzato di tutti gli oneri, diversi dagli interessi, connessi all’erogazione del credito.
Interessi di mora: soggetti all’usura anche se non rilevati nei tassi medi
Dopo la conferma arrivata nel gennaio 2013 dalla Cassazione (sentenza 350/2013), anche Banca d’Italia, con la nota del 3 luglio, ha precisato che gli interessi di mora sono soggetti alla normativa anti-usura. Ma, a differenza della Suprema Corte, ne ha esclusa la rilevanza ai fini dell’usura originaria (al momento cioè della definizione contrattuale, quando gli interessi sono promessi o comunque convenuti), con la motivazione che non sono dovuti dal momento dell’erogazione del credito ma solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente.
Il problema sorge, inoltre, perché nel rilevare trimestralmente i tassi effettivi globali (Teg), Bankitalia ha disposto l’esclusione degli interessi di mora contrattualizzati, con la conseguenza che i tassi medi e i tassi soglia pubblicati non li considerano. L’immediato confronto con i tassi effettivamente applicati, quindi, è disomogeneo. Ed è per questo che la Vigilanza, nei controlli sugli intermediari, in presenza di interessi moratori, utilizza come criterio quello di aumentare i Teg medi pubblicati di 2,1 punti percentuali, per poi determinare i tassi soglia su tale importo. Si tratta di una maggiorazione risultante da un’indagine campionaria condotta nel 2002 che viene da anni riportata nei decreti trimestrali del Mef.
Il corto circuito fra Banca d’Italia e Mef, da una parte, e normativa sull’usura e Cassazione, dall’altra, si completa poi con l’obbligo per banche e intermediari, disposto dai decreti trimestrali Mef (articolo 3, comma 2)  di verificare l’usurarietà dei tassi applicati sulla base degli stessi criteri tecnici di calcolo disposti dalle specifiche istruzioni impartite da Bankitalia.