Pena - Cassazione Penale: la continuazione dei reati esclude l’applicazione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto
07 gennaio 2016 -
La Corte di Cassazione si pronuncia nuovamente sull’applicabilità dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinato dall’articolo 131-bis del Codice Penale, introdotto dal Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28.
Nel caso in esame, tre soggetti,
accusati di vari reati tra cui concorso in bancarotta fraudolenta
patrimoniale e documentale, truffa e falso, uniti dal vincolo della
continuazione, proponevano richiesta di applicazione della pena, di cui all’articolo 444 del Codice di Procedura Penale.
Il giudice dell’udienza preliminare accoglieva tali richieste
che prevedevano l’applicazione di pene principali superiori a due anni
di reclusione, con conseguente condanna alle sanzioni accessorie di
legge, tra cui l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e
all’esercizio di uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Con ricorso per Cassazione, gli imputati
chiedevano l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in
forza della sussistenza della causa di esclusione della punibilità come
prevista dall’articolo 131-bis del Codice Penale. Nello scritto
difensivo si segnalava che per sedici dei reati ascritti agli imputati,
per limiti edittali e assenza di circostanze aggravanti contestate, era
possibile l’applicabilità del nuovo istituto; l’applicazione di tale
istituto, di chiara natura sostanziale, avrebbe determinato una
significativa riduzione della pena.
I giudici di legittimità hanno ribadito il principio, già enunciato nella prima sentenza della Corte di Cassazione su tale istituto, in base al quale: “la esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ha natura sostanziale
ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in
vigore del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, ivi compresi quelli
pendenti in sede di legittimità, nei quali la Suprema Corte può
rilevare d’ufficio ex art. 609, comma secondo, cod. proc. pen., la
sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto istituto, fondandosi su quanto emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisone impugnata e, in caso di valutazione positiva, deve annullare la sentenza con rinvio al giudice di merito”.
Nel caso di specie, a giudizio dei giudici della Suprema Corte, “il numero delle ipotesi criminose addebitate agli imputati, che riflettono peraltro un modus operandi consolidato già alla lettura delle contestazioni di reato, porta nella fattispecie concreta ad escludere che emergano dagli atti elementi utili alla possibile applicabilità dell’istituto di nuova introduzione; è
anzi agevole constatare che le condotte criminose poste in essere
avessero, nel senso indicato dalla norma, carattere di abitualità”.
Secondo un recente indirizzo giurisprudenziale, richiamato nella sentenza in esame: “la
esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui
all’articolo 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza di
più reati legati dal vincolo della continuazione, e giudicati nel
medesimo procedimento, configurando anche il reato continuato una
ipotesi di comportamento abituale, ostativa al riconoscimento del beneficio”.
Il comportamento criminoso
abituale, che si configura con la commissione di più azioni e omissioni,
esecutive del medesimo disegno criminoso, non può beneficiare
dell’applicazione dell’istituto della esclusione della punibilità per
tenuità del fatto.
Con queste motivazioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il motivo di ricorso.
(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 11 novembre, n. 45190)
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