- di Stefano Elli, sabato 8 luglio 2017
(articolo censurato da ilSole24Ore PLUS24)
Il segreto d'ufficio sul sistema del credito è sancito dal secondo comma dell'articolo 7 del Testo unico bancario. Recita: "I dipendenti della Banca d'Italia, nell'esercizio delle funzioni di vigilanza, sono pubblici ufficiali e hanno l'obbligo di riferire esclusivamente al Direttorio (3) tutte le irregolarità constatate, anche quando assumano la veste di reati". La nota 3 si riferisce al fatto che fino al 2015 il destinatario delle notizie era "il Governatore". Dieci anni dopo la stagione delle scalate bancarie e l'uscita "accompagnata" di Antonio Fazio si è pensato fosse meglio investire un organo collegiale (il Direttorio) del compito di custodire il segreto d'ufficio. Perché questa norma (che è declinata pressoché nello stesso modo per i servizi segreti e per la Consob) è importante ? Perché ha consentito per 81 anni (il Tub risale al 1936) alla banca d'Italia di governare le crisi bancarie in modo discrezionale. Chiariamo meglio questo concetto: in qualunque altro ambito un pubblico ufficiale che,nell'esercizio delle sue funzioni, si imbatta in un reato, ha l'obbligo (non "la facoltà") di riferire all'autorità giudiziaria. Se non lo fa si rende a sua volta reo. In campo bancario no. [da qui l'articolo viene"cambiato"] La ragione è semplice: il risparmio è un valore tutelato dalla Costituzione (articolo 47). Se una crisi bancaria si palesasse "urbi et orbi" in tutta la sua gravità, il sistema si troverebbe in balìa del panico. Per scongiurarlo Banca d'Italia che cosa fa ? Procede con le ispezioni, verifica le irregolarità, dopodiché, a passi felpati, esercita la moral suasion.
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