Mettiamo, con riferimento a un rapporto di conto corrente bancario, che il giudice accerti il diritto del cliente a ottenere la restituzione delle maggiori somme pretese illegittimamente dalla banca. Come farà, però, il tribunale a stabilire l’esatta somma dovuta dal cliente?
Secondo una recente sentenza del tribunale di Brindisi [1], per determinare l’esatto ammontare spettante alla banca, quest’ultima è obbligata a produrre gli estratti conto dall’inizio del rapporto. Altrimenti, il magistrato dovrà ritenere che il saldo iniziale del conto fosse pari a zero. Con conseguente vantaggio del correntista in termini di somme da restituire.
Vediamo meglio di spiegare questo principio.
Nel caso in cui il correntista intraprenda una causa di anatocismo o contro eventuali commissioni di massimo scoperto, alla banca spetta comunque dimostrare il proprio credito. Pertanto, a fronte della contestazione circa l’applicazione di condizioni economiche illegittime, la banca è tenuta fornire la prova dell’andamento dei rapporti in conto corrente sin dall’origine o, comunque, degli ultimi 10 anni, per dimostrare che tutto è avvenuto in piena correttezza e regolarità.
Se però la banca non fornisce tale dimostrazione, il giudice dovrà arrivare a una conclusione infausta per il creditore: l’inattendibilità del saldo contabile negativo dedotto dall’Istituto di credito. Con la conseguenza che il tribunale dovrà ritenere che il saldo iniziale del conto corrente sia – in assenza di valide prove contrarie – pari a zero.
A tale conclusione era pervenuta anche una sentenza della Cassazione a Sezioni Unite [2], secondo cui l’onere della prova va ripartito tenendo conto in concreto delle possibilità per l’uno e per l’altro soggetto in causa di provare circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione. E non vi è dubbio che la banca, in quanto emette gli estratti conto periodicamente inviati al correntista, ha la piena possibilità di dimostrare che il saldo iniziale negativo sia legittimo e corretto, e non viceversa, frutto dell’illegittima capitalizzazione degli interessi passivi e di altre voci non dovute.
Peraltro la banca ha l’obbligo di adempiere alle proprie obbligazioni con diligenza qualificata [3]. Pertanto la banca stessa deve provvedere alla conservazione di tutti gli estratti conto (che essa stessa forma) per almeno 10 anni, proprio al fine di fornire tale prova.
Come chiarito dalla Suprema Corte, nei rapporti bancari in conto corrente, la banca non può sottrarsi all’onere di provare il proprio credito invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni dalla data dell’ultima registrazione: tale obbligo, infatti, volto ad assicurare una più penetrante tutela dei terzi estranei all’attività imprenditoriale, non può sollevarla dall’onere della prova piena del credito vantato anche per il periodo ulteriore [4].
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[1] Trib. Brindisi sent. del 07.03.2014.
[2] Cass. S.U. sent. n. 13533/2001.
[3] di cui all’art. 1176. comma 2, cod. civ.
[4] Cass. sent. n. 1842/2011.
Autore immagine: 123rf com
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