martedì 26 gennaio 2016

Cassazione n. 890/2016: le nuove False Comunicazioni Sociali

Cassazione n. 890/2016: svolta della Suprema Corte sulle nuove False Comunicazioni Sociali

25 gennaio 2016 -
Cassazione n. 890/2016: svolta della Suprema Corte sulle nuove False Comunicazioni Sociali
La Cassazione Penale muta orientamento riguardo al delitto di False Comunicazioni Sociali di nuova introduzione. Non è condivisibile la tesi della non punibilità del c.d. “falso valutativo”, sostenuta nella precedente decisione del giugno 2015. Con la sentenza n. 890, udienza del 12/11/2015 (deposito del 12/01/2016) ed all’esito di una lucida ricognizione della materia, la Suprema Corte sembra delineare i tratti di un impianto logico-sistematico destinato a permanere.
La riformulazione delle false comunicazioni sociali: una questione che proviene da lontano. La V Sezione Penale della Cassazione riaccende il dibattito sul significato da attribuire al sintagma “ancorché oggetto di valutazioni”, il quale, eliminato dall’attuale formulazione dei delitti di false comunicazioni sociali (articoli 2621 e 2622, codice civile), costituiva, invece, elemento connotante delle precedenti fattispecie. Ad oggi, infatti, sulla scorta del testuale disposto della norma, soltanto i “fatti materiali rilevanti” possono integrare l’oggetto tipico della condotta di reato - espositiva, ovvero di omessa esposizione - all’interno di bilanci, relazioni o altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico. Ci si è chiesto, pertanto, in dottrina come in giurisprudenza, se le falsità legate agli enunciati valutativi, ovvero le stime di valore contabile, potessero ancora collocarsi nella sfera di punibilità del nostro ordinamento, a seguito della riforma attuata con Legge n. 69/2015. D’altro canto, quella relativa alla formulazione letterale della fattispecie rappresenta una questione inveterata risalente al codice di commercio Zanardelli del 1882. Nell’evoluzione storica del testo, ricorda la Suprema Corte nell’ultima pronuncia, si è passati dalla primigenia locuzione di “fatti falsi” a quella di “fatti non rispondenti al vero”, introdotta del legislatore del 1942, per giungere, poi, a quella di “fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni” di cui al Decreto Legislativo n. 61/2002, ridisegnata, infine, nei termini menzionati, dall’ultima riforma del maggio 2015, ossia di “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero”. Laddove i tentativi di riformulazione della norma sottendono l’evidente sforzo, perseguito per quasi un secolo e mezzo, di delimitare gli elementi integrativi della condotta tipica.
Il caso in esame. Nel caso di specie la Cassazione Penale, statuendo in merito al contestato reato di bancarotta fraudolenta impropria derivante “da reato societario”, sulla base della nuova definizione dell'articolo 2621, codice civile, afferma la realizzazione dello stesso nell’ipotesi di omessa svalutazione di crediti in sofferenza - nella vicenda, pari al 62% del totale dei crediti maturati - attuata con la consapevolezza dell’impossibilità o dell’estrema difficoltà della loro riscossione. Tale condotta, integrata con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, aveva infatti consentito all’amministratore unico di una srl con sede ad Alessandria di dare una falsa rappresentazione di solidità patrimoniale e finanziaria della società, ingannando il pubblico – in particolare gli enti creditizi ed i terzi contraenti – e conseguendo un ingiusto profitto per lo stesso ente, oltre alla distrazione e dissipazione di beni sociali, a mezzo della prosecuzione di ingiustificati prelievi dalle casse dell’ente in favore dei soci. Di decisione opposta avrebbe dovuto essere, invece, la V Sezione Penale, se avesse aderito alla tesi secondo cui le valutazioni estimative – quali, ad esempio, il valore di un immobile od il presumibile valore di realizzo di un credito o di un brevetto – sarebbero da sottrarre alla sfera di punibilità del riformato articolo 2621, codice civile. Queste ultime, al più, potrebbero divenire punibili quando riferite a “fatto materiale non rispondente al vero”, al quale, comunque, non è riconducibile l’errato apprezzamento di un credito effettivo, pur sempre vero ed esigibile, anche se di impossibile riscossione.
Verso la definizione di un nuovo orientamento. In ciò si ravvisa una netta contrapposizione con l’orientamento espresso in altra precedente pronuncia della stessa Sezione V, la n. 33774 del 16 giugno 2015, dal quale stavolta la Suprema Corte prende compiutamente le distanze, ribadendo che, ai fini dell’integrazione del fatto tipico, “la rimozione dal testo previgente della locuzione ‘ancorché oggetto di valutazioni’ non possa, di per sè, assumere alcuna decisiva rilevanza”. La sentenza n. 890 sembra il frutto di un’ampia riflessione sulla portata applicativa della riforma, confluita, tra l’altro, anche nella Relazione dell’Ufficio del Massimario in argomento del 15 ottobre 2015, ed i cui tratti distintivi erano già stati rappresentati nella sentenza 8 luglio 2015, Cassazione, V Sezione Penale, n. 37570. Quest’ultima pronuncia, infatti, lungi dal ridimensionare la portata incriminatrice della fattispecie riformulata, ribadisce l’intento del legislatore di ampliarne la sfera di operatività, mantenendo inalterato il profilo della condotta tipica.

L’orientamento della Cassazione Penale sull’inclusione delle stime valutative nelle nuove False comunicazioni Sociali (artt. 2621 e 2622 c.c.) alla luce delle 3 sentenze in materia

Sentenza
Orientamento
Cass. n. 33774, V Sezione Penale, 16 giugno 2015 “Il dato testuale e il confronto con la previgente formulazione degli artt. 2621 e 2622 [...], sono elementi indicativi della reale volontà legislativa di far venire meno la punibilità dei falsi valutativi”.

Stime valutative escluse dalla punibilità

Cass. n. 37570, V Sezione Penale, 8 luglio 2015 “Deve allora osservarsi come le modifiche apportate dalla L. n. 69/2015 abbiano innanzi tutto ampliato l’ambito di operatività dell’incriminazione [...], mantenendo invece identico nella sostanza il profilo della condotta tipica”

Stime valutative incluse nella punibilità

Cass. n. 890, V Sezione Penale, 12 novembre 2015 “Nel caso di specie l’elisione di una proposizione siffatta (“ancorché oggetto di valutazioni”) non può, certo, autorizzare la conclusione che si sia voluto immutare l’ambito della punibilità dei falsi materiali, che, invece, resta impregiudicata, continuando a ricomprendere, come in precedenza, anche i fatti oggetto di mera valutazione”

Stime valutative incluse nella punibilità


Articolo pubblicato in: Diritto penale

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