martedì 12 gennaio 2016

Cassazione Penale: la continuazione dei reati esclude la non punibilità

Pena - Cassazione Penale: la continuazione dei reati esclude l’applicazione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto

07 gennaio 2016 -
La Corte di Cassazione si pronuncia nuovamente sull’applicabilità dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinato dall’articolo 131-bis del Codice Penale, introdotto dal Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28.
Nel caso in esame, tre soggetti, accusati di vari reati tra cui concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, truffa e falso, uniti dal vincolo della continuazione, proponevano richiesta di applicazione della pena, di cui all’articolo 444 del Codice di Procedura Penale.
Il giudice dell’udienza preliminare accoglieva tali richieste che prevedevano l’applicazione di pene principali superiori a due anni di reclusione, con conseguente condanna alle sanzioni accessorie di legge, tra cui l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e all’esercizio di uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Con ricorso per Cassazione, gli imputati chiedevano l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in forza della sussistenza della causa di esclusione della punibilità come prevista dall’articolo 131-bis del Codice Penale. Nello scritto difensivo si segnalava che per sedici dei reati ascritti agli imputati, per limiti edittali e assenza di circostanze aggravanti contestate, era possibile l’applicabilità del nuovo istituto; l’applicazione di tale istituto, di chiara natura sostanziale, avrebbe determinato una significativa riduzione della pena.
I giudici di legittimità hanno ribadito il principio, già enunciato nella prima sentenza della Corte di Cassazione su tale istituto, in base al quale: “la esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ha natura sostanziale ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, ivi compresi quelli pendenti in sede di legittimità, nei quali la Suprema Corte può rilevare d’ufficio ex art. 609, comma secondo, cod. proc. pen., la sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto istituto, fondandosi su quanto emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisone impugnata e, in caso di valutazione positiva, deve annullare la sentenza con rinvio al giudice di merito”.
Nel caso di specie, a giudizio dei giudici della Suprema Corte, “il numero delle ipotesi criminose addebitate agli imputati, che riflettono peraltro un modus operandi consolidato già alla lettura delle contestazioni di reato, porta nella fattispecie concreta ad escludere che emergano dagli atti elementi utili alla possibile applicabilità dell’istituto di nuova introduzione; è anzi agevole constatare che le condotte criminose poste in essere avessero, nel senso indicato dalla norma, carattere di abitualità”.
Secondo un recente indirizzo giurisprudenziale, richiamato nella sentenza in esame: “la esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’articolo 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, e giudicati nel medesimo procedimento, configurando anche il reato continuato una ipotesi di comportamento abituale, ostativa al riconoscimento del beneficio”.
Il comportamento criminoso abituale, che si configura con la commissione di più azioni e omissioni, esecutive del medesimo disegno criminoso, non può beneficiare dell’applicazione dell’istituto della esclusione della punibilità per tenuità del fatto.
Con queste motivazioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il motivo di ricorso.
(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 11 novembre, n. 45190)

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