domenica 20 aprile 2025

Bilanciamento quantitativo: Metafora del Mito di Ercole e Caco

Il Mito di Ercole e Caco: Una Metafora dell’Illusione Contabile Bancaria


L'Ercole e Caco è una scultura in marmo del 1533 di Baccio Bandinelli situata in Piazza della Signoria davanti a Palazzo Vecchio a Firenze.


Il mito di Ercole e Caco è una delle narrazioni più affascinanti della tradizione classica. Raccontato da autori come Virgilio, Ovidio e Dante, esso descrive un inganno basato sulla manipolazione delle apparenze: Caco, un gigante ladro, nasconde il furto del bestiame di Ercole facendo credere che gli animali escano dalla sua caverna, quando in realtà vi entrano trascinati per la coda. Questa storia, oltre a essere un simbolo di coraggio e giustizia, offre un’analogia potente per comprendere l’illusione contabile del sistema bancario moderno, dove i soldi sembrano "uscire" dalle banche (prestiti) mentre in realtà "entrano" (depositi creati dal nulla).


1. Il Mito di Ercole e Caco: Storia di un Inganno

Secondo la leggenda, Caco – figlio di Vulcano e mostro dalla forza erculea – ruba parte del bestiame di Ercole mentre il eroe dorme. Per nascondere il misfatto, trascina le mucche all’interno della caverna per la coda , lasciando tracce che fanno sembrare gli animali in fuga verso l’esterno. Ercole, accortosi dell’inganno, uccide Caco e recupera il bestiame.

Questo stratagemma – invertire la direzione apparente del flusso – è sorprendentemente simile a ciò che accade nella contabilità bancaria:

  • I prestiti vengono registrati come "uscite" di denaro, mentre in realtà generano nuovi depositi (denaro creato dal nulla).
  • Le banche simulano un flusso di cassa negativo quando concedono prestiti, nascondendo che i depositi sono passività fittizie, non coperte da riserve reali .

2. Parallelo con la Contabilità Bancaria

2.1 La Creazione di Denaro: Un "Furto" Moderno?

Come Caco nasconde il furto manipolando le tracce, le banche nascondono la vera natura della creazione monetaria. Quando una banca concede un prestito di €1.000.000, non preleva soldi da altri depositanti, ma crea denaro ex novo . Tuttavia, questa operazione viene registrata come un "debito" verso i clienti, alimentando l’illusione che i depositi siano fondi preesistenti.

2.2 L’Illusione dei Flussi di Cassa

I bilanci bancari tradizionali mostrano i prestiti come attività (investimenti) e i depositi come passività. Tuttavia, i depositi non sono "soldi in cassa" ma promesse di pagamento basate su un sistema di garanzie fragili. Questo meccanismo, denunciato da economisti come Graziani e Saba, genera un paradosso:

  • Apparenza : Le banche "prestano" denaro.
  • Realtà : Le banche creano denaro, aumentando simultaneamente attività e passività.

3. Gli Autori Classici che Hanno Citato il Mito

Il mito di Ercole e Caco ha ispirato numerosi autori nel corso dei secoli:

  1. Virgilio (Eneide , VIII, 190-275):
    Virgilio descrive Caco come un mostro che usa l’inganno per nascondere il furto, simbolo della corruzione che Ercole deve eliminare

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  2. Ovidio (Fasti , I, 543-586):
    Ovidio sottolinea l’astuzia di Caco, paragonandolo a un demone dell’illusione

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  3. Dante Alighieri (Inferno , XXV, 16-17):
    Dante colloca Caco nell’Inferno, tra i ladri, punendolo con una pena eterna per il suo inganno

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  4. Properzio (Elegie , IV, 9):
    Properzio utilizza il mito per riflettere sulla natura ambigua del potere e della giustizia

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  5. Servio, Commento all’Eneide (per l’interpretazione simbolica di Caco).
  6. Lutero, M. (1540). In An die Pfarrherrn wider den Wucher zu predigen, paragona gli usurai a Caco, accusandoli di rubare valore attraverso interessi esorbitanti.
  7. Marx, K. (1867). Ne Il Capitale (Libro I, Cap. 24) riprende questa analogia per criticare il sistema finanziario che trasforma il debito pubblico in un meccanismo di arricchimento delle élite, alimentando crisi e disuguaglianze.
  8. Friedrich Engels (Scritti sulla storia antica):
    Engels cita il mito in chiave materialista, interpretando Ercole come simbolo della lotta di classe contro l’oppressione

4. Il Bilanciamento Quantitativo (QB) come "Ercole Moderno"

Così come Ercole smaschera l’inganno di Caco, il Bilanciamento Quantitativo (QB) smaschera l’illusione contabile delle banche. Il QB propone:

  1. Segregazione dei Depositi : I depositi creati attraverso i prestiti sono registrati come passività verso lo Stato Tesoro, non come fondi privati delle banche.
  2. Riconoscimento del Signoraggio : Il profitto derivante dalla creazione di moneta (signoraggio) è trasferito allo Stato, eliminando l’accaparramento privato.
  3. Trasparenza Assoluta : Attraverso la blockchain, ogni transazione è tracciabile, rendendo impossibile manipolare i flussi di denaro.

5. Perché il Mito è Attuale?

5.1 La Crisi del 2008 e l’Inganno Contabile

   La crisi finanziaria del 2008 ha dimostrato come l’opacità dei bilanci bancari – simile allo stratagemma di Caco – abbia alimentato speculazioni e rischi sistemici. QB, invece, offre un sistema in cui:

  • I depositi sono garantiti dallo Stato, non dalle banche.
  • Il signoraggio è una risorsa pubblica, non un privilegio privato.

5.2 Il Valore Legale della Moneta Bancaria

   Riconoscere la moneta bancaria come corso legale (come previsto dal QB) equivale a dare a Ercole il compito di sorvegliare il bestiame: lo Stato diventa il garante ultimo della moneta, eliminando il rischio di crisi e panico.

6.  La Lezione di Caco

   Il mito di Caco ci insegna che l’inganno prospera nell’ombra. Per troppo tempo, il sistema bancario ha nascosto la verità sulla creazione di denaro, arricchendo pochi a scapito di molti. Il Bilanciamento Quantitativo è il nostro Ercole: con la forza della trasparenza e il supporto della blockchain, può smascherare l’illusione e restituire il denaro al suo scopo originario—servire il bene comune. 

   È tempo di agire: come Ercole, dobbiamo entrare nella caverna e liberare ciò che ci appartiene.

Versione gramsciana:

Il mito di Ercole e Caco secondo Antonio Gramsci

   Nella vasta opera dei Quaderni del carcere, Antonio Gramsci si sofferma talvolta su figure mitologiche per mettere in luce le dinamiche profonde del potere e della cultura. Una delle sue letture più suggestive è quella del mito di Ercole e Caco, che Gramsci interpreta non nella prospettiva eroica classica, ma come allegoria della lotta tra egemonia dominante e resistenza subalterna.

   Nel mito romano, Ercole è il simbolo della forza civilizzatrice che uccide Caco, un mostro truffatore che aveva rubato parte del bestiame di Gerione. Secondo la narrazione tradizionale, Ercole trionfa con la potenza e la rettitudine, mentre Caco rappresenta la frode, la barbarie, il disordine. Tuttavia, Gramsci propone un ribaltamento radicale di questa simbologia. In un passo del Quaderno 1 (§ 62), osserva che Caco potrebbe essere letto come «l’elemento autoctono, l’elemento popolare», cioè il rappresentante delle masse indigene che si difendono con l’astuzia contro un invasore straniero — Ercole — portatore sì di ordine, ma fondato sulla forza brutale.

   Questa inversione di prospettiva è tipica del metodo gramsciano, che invita a sospettare delle narrazioni ufficiali e a considerare che i miti, come la storia, sono scritti dai vincitori. Ciò che viene esaltato come "civiltà" può nascondere una violenta espropriazione, mentre ciò che è bollato come "frode" può essere un’espressione di resistenza e sopravvivenza da parte dei dominati. La forza di Ercole non è neutra: è la forza dell’egemonia che si presenta come naturale, giusta, inevitabile. La frode di Caco, invece, diventa simbolo dell’intelligenza popolare che si muove ai margini del potere, usando i mezzi a disposizione per sopravvivere alla conquista.

   In questa lettura, Gramsci mette in evidenza il carattere ideologico dei miti e la loro funzione nella legittimazione dell’ordine esistente. Il mito di Ercole e Caco, così reinterpretato, diventa un’allegoria del conflitto tra classi: l’egemonia non è solo una questione di forza coercitiva, ma anche di dominio culturale, di imposizione di una narrazione in cui i vincitori si autocelebrano e i vinti vengono demonizzati.

   Attraverso questa chiave di lettura, Gramsci apre uno spazio critico per una controcultura capace di rivelare le strutture occulte del potere. Decostruendo il mito, mostra che la “civiltà” non è un bene assoluto, ma spesso il nome dato a un ordine imposto. La vera frode, suggerisce Gramsci, non è quella di Caco, ma quella di chi traveste la violenza con le vesti della legittimità.


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