Cassazione n. 890/2016: svolta della Suprema Corte sulle nuove False Comunicazioni Sociali
25 gennaio 2016 -
La
Cassazione Penale muta orientamento riguardo al delitto di False
Comunicazioni Sociali di nuova introduzione. Non è condivisibile la tesi
della non punibilità del c.d. “falso valutativo”, sostenuta nella
precedente decisione del giugno 2015. Con la sentenza n. 890, udienza
del 12/11/2015 (deposito del 12/01/2016) ed all’esito di una lucida
ricognizione della materia, la Suprema Corte sembra delineare i tratti
di un impianto logico-sistematico destinato a permanere.
La riformulazione delle false comunicazioni sociali: una questione che proviene da lontano. La
V Sezione Penale della Cassazione riaccende il dibattito sul
significato da attribuire al sintagma “ancorché oggetto di valutazioni”,
il quale, eliminato dall’attuale formulazione dei delitti di false
comunicazioni sociali (articoli 2621 e 2622, codice civile), costituiva,
invece, elemento connotante delle precedenti fattispecie. Ad oggi,
infatti, sulla scorta del testuale disposto della norma, soltanto i
“fatti materiali rilevanti” possono integrare l’oggetto tipico della
condotta di reato - espositiva, ovvero di omessa esposizione -
all’interno di bilanci, relazioni o altre comunicazioni sociali dirette
ai soci o al pubblico. Ci si è chiesto, pertanto, in dottrina come in
giurisprudenza, se le falsità legate agli enunciati valutativi, ovvero
le stime di valore contabile, potessero ancora collocarsi nella sfera di
punibilità del nostro ordinamento, a seguito della riforma attuata con
Legge n. 69/2015. D’altro canto, quella relativa alla formulazione
letterale della fattispecie rappresenta una questione inveterata
risalente al codice di commercio Zanardelli del 1882. Nell’evoluzione
storica del testo, ricorda la Suprema Corte nell’ultima pronuncia, si è
passati dalla primigenia locuzione di “fatti falsi” a quella di “fatti
non rispondenti al vero”, introdotta del legislatore del 1942, per
giungere, poi, a quella di “fatti materiali non rispondenti al vero
ancorché oggetto di valutazioni” di cui al Decreto Legislativo n.
61/2002, ridisegnata, infine, nei termini menzionati, dall’ultima
riforma del maggio 2015, ossia di “fatti materiali rilevanti non
rispondenti al vero”. Laddove i tentativi di riformulazione della norma
sottendono l’evidente sforzo, perseguito per quasi un secolo e mezzo, di
delimitare gli elementi integrativi della condotta tipica.
Il caso in esame. Nel
caso di specie la Cassazione Penale, statuendo in merito al contestato
reato di bancarotta fraudolenta impropria derivante “da reato
societario”, sulla base della nuova definizione dell'articolo 2621,
codice civile, afferma la realizzazione dello stesso nell’ipotesi di
omessa svalutazione di crediti in sofferenza - nella vicenda, pari al
62% del totale dei crediti maturati - attuata con la consapevolezza
dell’impossibilità o dell’estrema difficoltà della loro riscossione.
Tale condotta, integrata con più azioni esecutive del medesimo disegno
criminoso, aveva infatti consentito all’amministratore unico di una srl
con sede ad Alessandria di dare una falsa rappresentazione di solidità
patrimoniale e finanziaria della società, ingannando il pubblico – in
particolare gli enti creditizi ed i terzi contraenti – e conseguendo un
ingiusto profitto per lo stesso ente, oltre alla distrazione e
dissipazione di beni sociali, a mezzo della prosecuzione di
ingiustificati prelievi dalle casse dell’ente in favore dei soci. Di
decisione opposta avrebbe dovuto essere, invece, la V Sezione Penale, se
avesse aderito alla tesi secondo cui le valutazioni estimative – quali,
ad esempio, il valore di un immobile od il presumibile valore di
realizzo di un credito o di un brevetto – sarebbero da sottrarre alla
sfera di punibilità del riformato articolo 2621, codice civile. Queste
ultime, al più, potrebbero divenire punibili quando riferite a “fatto
materiale non rispondente al vero”, al quale, comunque, non è
riconducibile l’errato apprezzamento di un credito effettivo, pur sempre
vero ed esigibile, anche se di impossibile riscossione.
Verso la definizione di un nuovo orientamento.
In ciò si ravvisa una netta contrapposizione con l’orientamento
espresso in altra precedente pronuncia della stessa Sezione V, la n.
33774 del 16 giugno 2015, dal quale stavolta la Suprema Corte prende
compiutamente le distanze, ribadendo che, ai fini dell’integrazione del
fatto tipico, “la rimozione dal testo previgente della locuzione
‘ancorché oggetto di valutazioni’ non possa, di per sè, assumere alcuna
decisiva rilevanza”. La sentenza n. 890 sembra il frutto di un’ampia
riflessione sulla portata applicativa della riforma, confluita, tra
l’altro, anche nella Relazione dell’Ufficio del Massimario in argomento
del 15 ottobre 2015, ed i cui tratti distintivi erano già stati
rappresentati nella sentenza 8 luglio 2015, Cassazione, V Sezione
Penale, n. 37570. Quest’ultima pronuncia, infatti, lungi dal
ridimensionare la portata incriminatrice della fattispecie riformulata,
ribadisce l’intento del legislatore di ampliarne la sfera di
operatività, mantenendo inalterato il profilo della condotta tipica.
L’orientamento della Cassazione Penale sull’inclusione delle stime
valutative nelle nuove False comunicazioni Sociali (artt. 2621 e 2622
c.c.) alla luce delle 3 sentenze in materia |
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Sentenza |
Orientamento |
Cass. n. 33774, V Sezione Penale, 16 giugno 2015 |
“Il dato testuale e il confronto con la previgente formulazione degli
artt. 2621 e 2622 [...], sono elementi indicativi della reale volontà
legislativa di far venire meno la punibilità dei falsi valutativi”. →Stime valutative escluse dalla punibilità |
Cass. n. 37570, V Sezione Penale, 8 luglio 2015 |
“Deve allora osservarsi come le modifiche apportate dalla L. n.
69/2015 abbiano innanzi tutto ampliato l’ambito di operatività
dell’incriminazione [...], mantenendo invece identico nella sostanza il
profilo della condotta tipica” →Stime valutative incluse nella punibilità |
Cass. n. 890, V Sezione Penale, 12 novembre 2015 |
“Nel caso di specie l’elisione di una proposizione siffatta
(“ancorché oggetto di valutazioni”) non può, certo, autorizzare la
conclusione che si sia voluto immutare l’ambito della punibilità dei
falsi materiali, che, invece, resta impregiudicata, continuando a
ricomprendere, come in precedenza, anche i fatti oggetto di mera
valutazione” →Stime valutative incluse nella punibilità |
Articolo pubblicato in: Diritto penale