domenica 15 gennaio 2017

MENDACIO E FALSO INTERNO BANCARIO

 L’art. 137 del TUBC prevede, al primo comma, il delitto di mendacio bancario, consistente nella condotta di “chi, al fine di ottenere concessioni di credito per sé o per le aziende che amministra, o di mutare le condizioni cui il credito venne prima concesso, fornisce dolosamente a una banca notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria delle aziende comunque interessate alla concessione del credito”. La pena è della reclusione fino a un anno e della multa sino a lire dieci milioni. Il secondo comma prevede l’ipotesi contravvenzionale di falso interno bancario, che sanziona “chi svolge funzioni di amministrazione o di direzione presso una banca oltre che i dipendenti di banche che, al fine di concedere o far concedere credito ovvero di mutare le condizioni alle quali il credito venne prima concesso ovvero di evitare la revoca del credito concesso, consapevolmente omettono di segnalare dati o notizie di cui sono a conoscenza o utilizzano nella fase istruttoria notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del richiedente il fido” con l’arresto da sei mesi a tre anni e con l’ammenda fino a venti milioni di lire. Entrambe le ipotesi vengono prese in considerazione qualora il fatto non costituisca più grave reato. Mentre il 1° comma riproduce nelle linee essenziali l’art. 95 della vecchia legge bancaria, oltre che la disciplina dell’art. 37 d.lg. 481/92 che l’aveva sostituito, il 2° comma introduce un’ipotesi del tutto nuova. Le due disposizioni si caratterizzano per una soglia di tutela particolarmente avanzata, poiché i due reati si consumano già nella fase preliminare del rapporto di credito, a prescindere dalla idoneità delle false informazioni a trarre in inganno. In entrambe le ipotesi la condotta consiste in false comunicazioni in relazione alla concessione di un fido. Mentre, tuttavia, il 1° comma esige una condotta commissiva, il falso interno si configura anche con la semplice omissione. Ciò è dovuto al maggior disvalore che consegue a comportamenti ingannevoli posti in essere da soggetti qualificati dalla loro funzione nell’ambito della banca che eroga il credito. È proprio questa considerazione che fa ritenere incomprensibile, a fronte di una previsione delittuosa di mendacio bancario, la scelta legislativa di tutelare il falso interno con una contravvenzione, e la perplessità è ancora maggiore ove si ponga mente al fatto che la nuova ipotesi di cui al secondo comma è verosimilmente destinata a fungere da vera e propria norma di chiusura, in quanto chiamata a comprendere sotto il proprio ambito di operatività, in materia bancaria, le ipotesi che prima della l. 86/90 venivano punite a titolo di peculato per distrazione.