Il Tribunale di Roma, con la sentenza di cui al link http://bit.ly/3H04EIT, pur concludendo con il dare atto che il signoraggio è «un problema astrattamente sussistente e dai grandi risvolti sociali» (chissà poi che vuol dire «astrattamente»), ha dichiarato – con un’erratissima e incondivisibile sentenza – inammissibile la citazione che ho proposto per chiedere la mia quota di signoraggio e la restituzione dei tributi da me pagati nei limiti della prescrizione, compensando le spese di giudizio.
Ha in sintesi applicato la vecchia sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione secondo la quale la magistratura non ha giurisdizione in materia perché si tratterebbe di materia disciplinata da leggi sovranazionali.
Tesi falsissima perché il signoraggio è un crimine e non è né disposto né disciplinato da alcuna legge né nazionale né sovranazionale, ma viene semplicemente commesso impunemente e ad onta di tutte le leggi.
La verità è però che questa guerra, vincere la quale cambierebbe il mondo, è per ora inutile perché non sussiste praticamente nessun sostegno popolare.
La sentenza di inammissibilità, peraltro, è solo ricorribile per Cassazione per poi, ove la Cassazione dichiarasse invece la citazione ammissibile, tornare davanti al Giudice di primo grado affinché decida nel merito. Percorso accidentato e che richiederebbe anni per cui, al limite, varrebbe la pena che qualcun altro iniziasse con una nuova citazione.
Cose che comunque non ho più intenzione di seguire perché, se non c’è sostegno popolare, è inutile e, se invece il sostengo popolare ci fosse e fosse adeguato, far causa non servirebbe, perché si scatenerebbero mille e mille reazioni a catena.
In definitiva, a mio avviso, il vero problema di fondo è che l’abolizione del signoraggio causerebbe un vero, grande cambiamento, e – proprio perché lo sanno tutti, e soprattutto lo sanno tutti coloro che devono saperlo, cioè avvocati, magistrati, politici e giornalisti – detta abolizione per ora non può avvenire perché qui il cambiamento non lo vuole nessuno.
23.1.23, ALM
Repubblica Italiana
In Nome del Popolo Italiano
Tribunale Ordinario di Roma
Seconda Sezione Civile
Il giudice dott. Alberto Cianfarini ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado, iscritta al n. R.G. 35283/2019 del ruolo generale
per gli affari contenziosi e vertente
tra
Avv. ALFONSO LUIGI MARRA, C.F. MRRLNS47T18H919K, quale procuratore
di sé stesso, domiciliato presso il suo studio in Napoli (NA) Centro Direzionale G1
– attore – Contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, P.I. 80188230587, in persona
del Presidente del Consiglio pro tempore, con sede in Roma (RM), Palazzo Chigi,
Piazza Colonna n. 370; BANCA CENTRALE EUROPEA, in persona del
Governatore pro tempore, con sede in Francoforte sul Meno, Germania,
Sonnemannstrasse n. 20, entrambe rappresentate e difese dall’Avvocatura Generale
dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliate in Roma, Via Dei Portoghesi n. 12
– convenuti –
e contro
BANCA D’ITALIA, P.I. 00950501007, in persona del legale rappresentante pro
tempore, con sede in Roma (RM), Via Nazionale n. 91, rappresentata e difesa,
dall’Avvocatura della Banca d’Italia, elettivamente domiciliata presso la stessa in
Roma, Via Nazionale n. 91
– altra convenuta –
In fatto
Con atto di citazione notificato in data 27.5.2019, l’Avv. Alfonso Luigi Marra
conveniva in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Banca Centrale
Europea e la Banca d’Italia al fine di ottenerne la condanna, in solido, al pagamento
di una somma pari all’importo del debito pubblico italiano diviso il numero dei
cittadini italiani e alla restituzione dei tributi pagati nei limiti della prescrizione
decennale, previa rimessione alla Corte Costituzionale per la declaratoria di
incostituzionalità delle leggi disciplinanti detti tributi.
Parte attrice sosteneva quanto segue.
Anzitutto, lamentava l’illiceità del cd. “Signoraggio bancario” (termine impiegato
dalla parte attrice) asseritamente commesso dalle banche centrali – BCE e Banca
d’Italia – tramite la realizzazione di un “falso in bilancio”, che riteneva essere stato
determinato dalla creazione di denaro a basso costo tipografico, generativo di
continua inflazione, venduto allo Stato contro corrispettivo di titoli di debito
pubblico produttivi di interessi finanziati dallo Stato stesso mediante prelievo
fiscale.
Eccepiva, quindi, l’illegittimità del debito pubblico, l’illiceità del prelievo fiscale e
della conseguente riscossione dei tributi. Insisteva, inoltre, per la rimessione alla
Corte costituzionale affinché fosse rilevata la incostituzionalità delle normative di
cui al d.lgs. 344/2003; T.U.n.917/1986; d.lg. n.446/1997; d.p.r. n.633/1972;
l.n.388/2000 presuntivamente contrastanti con gli artt. 1, 2, 3, 4, 35, 41, 42, 47 Cost.
Chiedeva, infine: a) la pronuncia di condanna generica nei confronti della
BCE e della Banca d’Italia, in solido, al pagamento in favore di parte attrice di una
somma pari all’importo del debito pubblico italiano diviso il numero dei cittadini
italiani al momento del pagamento; b) la pronuncia di condanna generica nei
confronti del Governo italiano a restituire a parte attrice i tributi pagati nei limiti
della prescrizione decennale; c) il tutto con interessi ex art. 1284 c.c. calcolati dalla
maturazione dei diritti, spese e competenze di giudizio.
Si costituivano in giudizio la Banca d’Italia e la Presidenza del Consiglio dei
ministri, quest’ultima congiuntamente alla Banca Centrale Europea, chiedendo il
rigetto delle domande formulate da parte attrice per essere esse inammissibili ed
infondate.
All’udienza del 23.11.2021 il Giudice concedeva alle parti i termini ex art. 183 co.
6 c.p.c. con decorrenza dal 1.1.2022.
In data 26.4.2022 il Giudice invitava le parti alla precisazione delle conclusioni in
relazione al mancato deposito di note autorizzate ex art.183 c.p.c.; tratteneva la
causa in decisione assegnando alle parti, ai sensi dell’art. 190 c.p.c., termini di
giorni 60 per il deposito di comparse conclusionali e di ulteriori giorni 20 per il
deposito delle memorie di replica, con decorrenza dal 15.6.2022.
Le parti depositavano comparse conclusionali e memorie di replica in cui
ribadivano ed insistevano per l’accoglimento delle proprie domande.
Motivi della decisione
Premessa. Per la risoluzione della presente controversia occorre, preliminarmente,
definire il concetto dell’asserito (termine impiegato dalla parte) cd. “Signoraggio”.
Tale termine viene “comunemente” inteso l’insieme dei redditi derivanti
dall’emissione della moneta. Attraverso la moneta emessa, le banche centrali
nazionali assolvono alle funzioni istituzionali di politica monetaria loro attribuite
dall’Unione Europea. Tale attività consente alle banche centrali nazionali di
produrre il proprio reddito monetario, definito dall’art.32 del Protocollo sullo
Statuto del SEBC e della BCE come il “reddito annuo che esse ottengono dagli
attivi detenuti in contropartita delle banconote in circolazione e dei depositi
costituiti dagli enti creditizi”.
In particolare, la stampa e l’emissione di moneta da parte delle banche centrali
richiede un prezzo, pagato dai singoli Stati quale contropartita per la messa in
circolazione della moneta.
Dunque, il reddito dal cd. “signoraggio” costituisce il flusso di interessi generato in
contropartita delle banconote in circolazione, c.d. base monetaria, da ricomprendere
nel reddito monetario prodotto dalle banche centrali nazionali. Tale reddito viene
accentrato e redistribuito alle singole Banche centrali sulla base delle rispettive
quote di partecipazione al capitale della BCE. Le banche centrali nazionali, di
conseguenza, lo fanno affluire ai rispettivi Stati una volta dedotte le spese di
funzionamento ed effettuati i necessari accantonamenti.
Nel tempo, però, la crescente creazione e vendita di denaro da parte delle banche
centrali agli Stati membri ha prodotto debiti pubblici in capo ai rispettivi
Ordinamenti. Tra questi figura, indubbiamente, quello italiano.
Emerge, quindi, un legame tra il cd. “signoraggio bancario” e la “sovranità
monetaria” delle banche centrali: poiché lo Stato non può emettere liberamente
moneta, neppure per far fronte al debito pubblico, è costretto a richiedere alla BCE
e alle Banche centrali nazionali emissione di moneta, fornendo adeguata
contropartita in titoli di debito.
Tale legame è indice della complessità della materia, la cui rilevanza
politicoeconomica ha richiesto l’introduzione di rigorosi limiti legislativi, sia a
livello nazionale che europeo, nonché di stringenti vincoli all’accertamento
giurisdizionale.
A) Difetto di giurisdizione.
Come detto, l’emissione della moneta corrisponde all’esercizio di una prerogativa
sovrana, di competenza riservata alla BCE e alle Banche centrali nazionali, su
autorizzazione esclusiva della stessa BCE.
Tale potestà pubblica trova estrinsecazione in norme sovranazionali che indicano,
quale propria fonte principale, i Trattati europei e lo Statuto della BCE e del
SEBC, attuati nell’Ordinamento nazionale dall’art.4 d.lgs. n.43/1998.
In particolare, i rapporti della BCE con le Banche centrali nazionali sono disciplinati
dal TFUE. A sancirlo, infatti, è l’art. 128 TFUE secondo cui “Le disposizioni
relative alla Banca centrale europea figurano, insieme a disposizioni dettagliate
sulle altre istituzioni, nel trattato sul funzionamento dell'Unione europea”.
Ciò trova conferma anche nell’art.3 par. 1 lett. c) TFUE, il quale stabilisce una
competenza esclusiva in capo all’Unione Europea in materia di politica monetaria
degli Stati membri che abbiano adottato come moneta l’Euro.
L’esclusività è giustificata dal fatto che i principi dettati dal TFUE, considerato
l’ambito di applicazione e la rilevanza degli interessi coinvolti, sono espressione di
una discrezionalità politica consolidata e risalente alla stessa fondazione della
Comunità Europea.
Detta discrezionalità, proprio perché tale, si sottrae a qualsiasi forma di controllo
giurisdizionale.
Invero, l’art. 13 TFUE impone agli Stati membri l’obbligo di assicurare una
legislazione nazionale e uno Statuto della propria banca centrale compatibile con i
Trattati europei, nonché con lo statuto della BCE e del SEBC. Tuttavia, la norma
non attribuisce al giudice nazionale alcuna giurisdizione in materia.
Ai sensi degli artt. 256, 263, 265, 268 e 274 TFUE e dell’art. 35 dello Statuto della
BCE e del SEBC spetta alle Corti europee la giurisdizione esclusiva a conoscere
dei ricorsi per l’annullamento di un atto presumibilmente contrario al diritto
europeo e delle controversie relative alle istituzioni europee; in tale nucleo sono
indubbiamente ricomprese anche le questioni derivanti dall’emissione di moneta.
In definitiva, il giudice nazionale non può sindacare il modo in cui lo Stato esplica
le proprie funzioni sovrane, tra cui quelle di politica monetaria, di adesione a trattati
internazionali e di partecipazione ad organismi sovranazionali.
Viceversa, la pretesa dell’attore è rivolta proprio a mettere in discussione le scelte
con cui lo Stato, attraverso i suoi organi istituzionali, ha configurato la propria
politica monetaria, in coerenza con la decisione di aderire ad un sistema elaborato
in ambito Europeo e di fare parte delle Istituzioni create all’interno di detto sistema.
Discende da ciò il difetto assoluto di giurisdizione ordinaria e speciale in ordine
all’oggetto dell’azione proposta da parte attrice, mancando nei confronti di qualsiasi
giudice interno il potere di emanare una decisione di merito sulla legittimità e\o
liceità del c.d. “signoraggio bancario”.
Trovando tutto ciò pacifica conferma nella giurisprudenza di legittimità (SS.UU.
Cass. n.16751/2006), le domande sollevate da parte attrice si dichiarano
inammissibili per assenza di giurisdizione nazionale.
Sotto altro profilo, la pretesa dell’attore a che ciascun cittadino degli Stati Europei
aderenti al sistema dell’Euro possa percepire direttamente e personalmente una
quota proporzionale del c.d. “signoraggio monetario”, ossia del reddito che l’istituto
di emissione ritrae dalle monete messe in circolazione, appare basata su argomenti
di mero carattere storico ed economico. Tramite tali argomentazioni parte attrice
mira ad evidenziare non tanto una contrapposizione tra il comportamento delle
istituzioni convenute e le regole giuridiche su cui è oggi modellato il meccanismo
di produzione del reddito monetario, quanto piuttosto una pretesa incoerenza tra
tale meccanismo ed un auspicato diverso assetto cui esso, secondo l’attore,
dovrebbe invece adeguarsi.
Differentemente, né la disciplina europea né la disciplina interna di attuazione dei
trattati riconoscono alle collettività nazionali e ai loro componenti la titolarità di
posizioni giuridiche, sia in termini di diritti che di interessi legittimi, azionabili
dinnanzi agli organi giurisdizionali nazionali.
L’attore presume la sussistenza di un diritto di agire per la rivendicazione della
proprietà della moneta a favore della collettività e dei suoi singoli componenti,
facendone derivare la legittimazione all’esercizio di una azione popolare non
specificamente contemplata da alcuna norma nazionale o sovranazionale. La
vicenda prospettata nella presente causa appare riconducibile, piuttosto, alla
categoria degli interessi semplici – tali in quanto privi di una vera e propria tutela
giuridica – contrapposti alla categoria del diritto soggettivo o interesse legittimo,
inteso quale potere del singolo di agire per far valere una propria pretesa tutelata da
una norma dell’Ordinamento.
Parte attrice appare consapevole di questa sottile distinzione tanto da costruire
l’intera fattispecie, nonché le relative domande, come posizione giuridica del
singolo e della collettività presuntivamente riconosciuta dall’Ordinamento.
Occorre specificare che nel validare un diritto soggettivo, la Legge effettua una
valutazione di interessi contrapposti per giudicare quale sia quello più meritevole
di tutela. Gli interessi semplici, a differenza dei diritti soggetti, non sono disciplinati
da alcuna norma giuridica proprio perché non ritenuti meritevoli di tutela davanti a
un giudice.
In altre parole, sebbene gli interessi semplici presentino in alcuni casi una
particolare rilevanza dal punto di vista sociale ed economico, essi non sono
azionabili dinnanzi all’autorità giudiziaria.
Nel caso di specie, nonostante l’asserita qualificazione della posizione fatta valere
da parte attrice alla stregua di diritto soggettivo, non si rinviene una vera e propria
legittimazione in capo all’attore in ordine alle pretese mosse avverso le Istituzioni
convenute.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha sancito il principio di diritto secondo
cui “è da escludere che la massa monetaria posta in circolazione nell’ambito dei
Paesi aderenti al sistema dell’Euro (e quindi anche in Italia) appartenga alla
collettività dei cittadini di quei Paesi, e che, di conseguenza, ciascuno di costoro
possa rivendicare pro quota il reddito derivante dalla stampa e dalla circolazione
di detta massa monetaria (cosiddetto reddito di “signoraggio”), oggi invece
percepito – per effetto di una scelta di politica monetaria consacrata in strumenti
normativi di diritto europeo, al cui rispetto il nostro Paese è vincolato anche sul
piano internazionale – dalla Banca Centrale Europea e poi ridistribuito tra le
diverse Banche centrali nazionali” (SS.UU. Cass. n.16751/2006).
È incontrovertibile, quindi, l’assunto per cui la pretesa di qualsiasi cittadino volta
ad ottenere, anche in rappresentanza della collettività, una quota proporzionale del
signoraggio monetario non è configurabile alla stregua di un interesse protetto
dall’Ordinamento. Di qui, dunque, l’inammissibilità delle domande formulate
dall’attore anche per carenza di legittimazione ad agire.
B) Infondatezza delle questioni sollevate.
Ferma la natura del tutto assorbente del difetto assoluto di giurisdizione, nonché del
difetto di legittimazione ad agire in capo al ricorrente, le pretese di parte attrice
devono considerarsi infondate difettando il carattere ingiusto del danno asserito.
Come noto, il sistema di emissione della moneta trova la sua fonte esclusiva nelle
norme sovranazionali, dunque, non può considerarsi contra ius, essendo
espressamente legittimato da vigenti norme giuridiche.
Ne deriva che l’emissione della moneta da parte delle banche centrali e della BCE
non può integrare, per il solo fatto della sua realizzazione, una fattispecie di illecito.
All’infondatezza degli assunti di parte circa l’illiceità del signoraggio delle banche
centrali e della BCE fa riscontro l’assorbimento della domanda di restituzione del
debito pubblico, che l’attore chiedeva di determinarsi in relazione al numero dei
cittadini italiani, e della domanda di restituzione delle imposte pagate nei limiti della
prescrizione.
Alla luce delle motivazioni esposte, esaminate le allegazioni e produzioni di parte,
individuata la disciplina applicabile al caso di specie, le domande formulate da parte
attrice sono rigettate per essere inammissibili ed infondate.
C) Spese di lite.
Le spese di lite seguono la compensazione. Trattasi di un problema che non può
trovare in questa sede soluzione giuridica ma che, tuttavia, appare astrattamente
sussistente e dai grandi risvolti sociali.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza o eccezione disattesa:
a) Dichiara inammissibile la domanda di parte attrice;
b) Compensa le spese di lite.
Roma, Il Giudice
Alberto Cianfarini
www.marra.it
studio@marra.it
English translation:
Italian Republic
In the Name of the People of Italy
Ordinary Court of Rome
Second Civil Section
Judge Dr. Alberto Cianfarini delivered the following
JUDGMENT
In the civil case of first instance, registered under No. R.G. 35283/2019 of the general register
for contentious affairs and disputed
between
Attorney-at-law ALFONSO LUIGI MARRA, C.F. MRRLNS47T18H919K, as attorney-at-law
of himself, domiciled at his office in Naples (NA) Centro Direzionale G1
- plaintiff - against
PRESIDENCY OF THE COUNCIL OF MINISTERS, P.I. 80188230587, in the person
of the President of the Council pro tempore, with headquarters in Rome (RM), Palazzo Chigi,
Piazza Colonna No. 370; BANCA CENTRALE EUROPEA, in the person of the
Governor pro tempore, with registered office in Frankfurt am Main, Germany,
Sonnemannstrasse No. 20, both represented and defended by the Attorney General's Office
of the State, at whose offices they are domiciled in Rome, Via Dei Portoghesi No. 12
- defendants -
and against
BANCA D'ITALIA, P.I. 00950501007, in the person of its legal representative pro
tempore, with offices in Rome (RM), Via Nazionale No. 91, represented and defended,
by the Attorney's Office of the Bank of Italy, electively domiciled at the same in
Rome, Via Nazionale n. 91
- other defendant -
In Fact
By
writ of summons served on May 27, 2019, Avv. Alfonso Luigi Marra sued
the Presidency of the Council of Ministers, the Central Bank European
Central Bank and the Bank of Italy in order to have them ordered,
jointly and severally, to pay of a sum equal to the amount of the
Italian public debt divided by the number of Italian citizens and the
restitution of the taxes paid within the limits of the statute of
limitations ten-year statute of limitations, subject to referral to the
Constitutional Court for a declaration of the unconstitutionality of the
laws governing said taxes.
The plaintiff claimed the following.
First,
it complained that the so-called "bank seigniorage" (a term employed by
the plaintiff) allegedly committed by central banks - ECB and Bank of
Italy - through the implementation of "false accounting," which he
believed was
brought about by the creation of typographically cheap
money, generative of continuous inflation, sold to the state against
consideration of interest-producing public debt securities financed by
the state itself through levy tax.
He therefore excused the
illegitimacy of the public debt, the unlawfulness of the tax levy and of
the consequent collection of taxes. He insisted, moreover, that the
matter be referred to the Constitutional Court in order that the
unconstitutionality of the regulations set forth in Legislative Decree
No. 344/2003; T.U. No. 917/1986; Legislative Decree No. 446/1997;
Presidential Decree No. 633/1972; and Law No. 388/2000 allegedly in
conflict with Articles 1, 2, 3, 4, 35, 41, 42, 47 of the Constitution be
noted.
Finally, he asked for: a) the pronouncement of generic
condemnation against the ECB and the Bank of Italy, jointly and
severally, to pay to the plaintiff a sum equal to the amount of the
Italian public debt divided by the number of Italian citizens Italians
at the time of payment; b) the pronouncement of a general order against
against the Italian government to return to the plaintiff the taxes paid
within the limits of the ten-year statute of limitations; c) all with
interest pursuant to Article 1284 of the Civil Code calculated from the
accrual of fees, expenses and court fees.
The Bank of Italy and the
Presidency of the Council of Ministers, the latter jointly with the
European Central Bank, seeking the dismissal of the claims made by the
plaintiff on the grounds that they were inadmissible and unfounded.
At
the hearing on November 23, 2021, the judge granted the parties the
terms pursuant to Article 183 co. 6 c.p.c. with effect from 1.1.2022.
On
4/26/2022, the Judge invited the parties to the specification of the
conclusions in in relation to the failure to file authorized notes
pursuant to art.183 c.p.c.; held the case for decision assigning the
parties, pursuant to Article 190 c.p.c., terms of 60 days for the filing
of closing statements and an additional 20 days for the filing of reply
filing of reply briefs, effective as of June 15, 2022.
The parties filed closing and reply briefs in which they reiterated and insisted that their claims be granted.
Grounds for the decision
Premise.
For the resolution of the present dispute it is necessary,
preliminarily, to define the concept of the alleged (term employed by the
party) so-called "seigniorage."
This term is "commonly" understood to
be the total income from the issuance of money. Through the currency
issued, the national central banks perform the institutional
functions of monetary policy assigned to them by the European Union.
This activity enables national central banks to generate their own
monetary income, which is defined by Article 32 of the Protocol on the
Statute of the ESCB and the ECB as the "annual income which they derive
from the assets held against bills in circulation and deposits made by
credit institutions."
In particular, the printing and issuance of
money by central banks requires a price, paid by individual states as a
quid pro quo for putting the circulation of the currency.
So, the
income from so-called "seigniorage" constitutes the flow of interest
generated in counterpart of the banknotes in circulation, so-called
monetary base, to be included in the monetary income produced by
national central banks. This income is centralized and redistributed to
individual central banks on the basis of their respective shares in the
capital of the ECB. The national central banks, accordingly,
make it flow to their respective states once they have deducted their
operating expenses and made the necessary provisions.
Over
time, however, the increasing creation and sale of money by central
banks to member states has resulted in public debts in the
heads of the respective Systems. These include, undoubtedly, Italy's.
Thus,
a link emerges between so-called "bank seigniorage" and the
"sovereignty monetary" of central banks: since the state cannot freely
issue money, not even to meet public debt, it is forced to require the
ECB and national central banks to issue money, providing adequate
counterpart in debt securities.
This link is indicative of the
complexity of the issue, the importance of which political-economic has
required the introduction of strict legislative limits, both at the
national and European level, as well as stringent constraints on
ascertainment jurisdiction.
A) Lack of jurisdiction.
As
mentioned, the issuance of currency corresponds to the exercise of a
prerogative sovereign, a competence reserved for the ECB and the
national central banks, under the exclusive authorization of the ECB
itself.
This public power finds expression in supranational rules
that indicate, as its main source, the European Treaties and the Statute
of the ECB and ESCB, implemented in the National System by Article 4
Legislative Decree No. 43/1998.
In particular, the ECB's relations
with national central banks are governed by the TFEU. Indeed, it is
enshrined in Article 128 TFEU, according to which "The provisions
relating to the European Central Bank shall be laid down, together with
detailed provisions on the other institutions, in the Treaty on the
Functioning of the European Union." This is also confirmed by Article
3(1)(c) TFEU, which establishes exclusive competence for the European
Union in matters of monetary policy of member states that have adopted
the euro as their currency.
The exclusivity is justified by the fact
that the principles dictated by the TFEU, given the scope and relevance
of the interests involved, are the expression of a well-established
political discretion dating back to the very foundation of the European
Community.
Said discretion, precisely because it is such, escapes any form of judicial review.
Indeed,
Article 13 TFEU imposes an obligation on member states to ensure that
their national legislation and central bank statutes are compatible with
the European Treaties, as well as with the statutes of the ECB and
ESCB. However, the provision does not give the national court any
jurisdiction in this matter.
Pursuant to Articles 256, 263, 265,
268 and 274 TFEU and Article 35 of the Statute of the ECB and ESCB, it
is up to the European Courts to have exclusive jurisdiction to hear
actions for the annulment of an act allegedly contrary to European law
and disputes relating to the European institutions; this core
undoubtedly includes issues arising from the issuance of currency.
Ultimately,
the national court cannot review the way in which the state performs
its sovereign functions, including those of monetary policy, adherence
to international treaties and participation in supranational bodies.
On
the contrary, the plaintiff's claim is aimed precisely at questioning
the choices with which the state, through its institutional bodies, has
configured its monetary policy, consistent with its decision to join a
system developed within the European framework and to be part of the
institutions created within that system.
Hence the absolute defect of
ordinary and special jurisdiction regarding the subject matter of the
plaintiff's proposed action, lacking with respect to any domestic judge
the power to issue a decision on the merits on the legitimacy and/or
lawfulness of so-called "bank seigniorage."
All this finding peaceful
confirmation in the jurisprudence of legitimacy (SS.UU. Cass.
no.16751/2006), the claims raised by the plaintiff are declared
inadmissible due to the absence of domestic jurisdiction.
In
other respects, the plaintiff's claim that each citizen of the European
states participating in the Euro system can directly and personally
receive a proportional share of the so-called "monetary seigniorage,"
i.e., of the income that the issuing institution derives from the coins
put into circulation, appears to be based on arguments
of a purely
historical and economic nature. Through such arguments the plaintiff
aims to highlight not so much a contrast between the behavior of the
defendant
institutions and the legal rules on which the monetary income
production mechanism is modeled today, but rather an alleged
inconsistency between that mechanism and a desired different arrangement
to which it, according to the plaintiff, should instead adapt.
Differently,
neither the European nor the domestic regulations implementing the
treaties recognize that national collectivities and their constituents
are entitled to legal positions, both in terms of rights and legitimate
interests, that can be brought before national courts.
The
plaintiff presumes the existence of a right of action for the claim of
ownership of currency in favor of the collectivity and its individual
components, giving rise to the legitimacy of the exercise of a popular
action not specifically contemplated by any national or supranational
norm. Rather, the affair envisaged in the present case appears to fall
within the category of simple interests - such insofar as they lack any
real legal protection - as opposed to the category of subjective right
or legitimate interest, understood as the power of an individual to act
to enforce his or her own claim protected by a norm of the Order.
Plaintiff
appears aware of this subtle distinction to the extent that he
constructs the entire case, as well as the related claims, as a legal
position of the individual and the community presumptively recognized by
the Ordinance.
It should be specified that in validating a
subjective right, the Law makes an assessment of opposing interests to
judge which one is most deserving of protection. Simple interests,
unlike subject rights, are not governed by any legal rules precisely
because they are not deemed worthy of protection before a court.
In
other words, although simple interests have special social and economic
significance in some cases, they are not actionable before a court of
law.
In the present case, despite the asserted qualification of the
position asserted by the plaintiff as a subjective right, there is no
real legitimacy to be found in the plaintiff's claims against the
defendant institutions.
On this point, the jurisprudence of
legitimacy has sanctioned the principle of law according to which "it is
to be excluded that the monetary mass put into circulation within the
countries adhering to the Euro system (and therefore also in Italy)
belongs to the collectivity of the citizens of those countries, and
that, consequently, each of them can claim pro rata the income from the
printing and circulation of said monetary mass (so-called "seigniorage"
income), today instead received - as a result of a choice of monetary
policy enshrined in regulatory instruments of European law, to the
respect of which our country is also bound at the international level -
by the European Central Bank and then redistributed among the various
national Central Banks" (SS. UU. Cass. no. 16751 /2006).
It is
incontrovertible, therefore, the assumption that the claim of any
citizen aimed at obtaining, even on behalf of the community, a
proportional share of the monetary seigniorage is not configurable in
the same way as an interest protected by the Ordinance. Hence,
therefore, the inadmissibility of the claims formulated by the plaintiff
also for lack of standing.
B) Groundlessness of the issues raised.
Notwithstanding
the wholly absorbing nature of the absolute lack of jurisdiction, as
well as the lack of standing to sue on the part of the plaintiff, the
plaintiff's claims must be considered unfounded, lacking the unjust
nature of the alleged damage.
As is well known, the system of
currency issuance finds its exclusive source in supranational norms,
therefore, it cannot be considered contra ius, being expressly legitimized by existing legal norms.
It
follows that the issuance of currency by central banks and the ECB
cannot, by the mere fact of its implementation, constitute a tort.
The
groundlessness of the party's allegations regarding the unlawfulness of
seigniorage by central banks and the ECB is matched by the absorption
of the claim for restitution of the public debt, which the plaintiff
asked to be determined in relation to the number of Italian citizens,
and the claim for restitution of taxes paid within the limits of the
statute of limitations.
In light of the reasons set forth, having
examined the allegations and productions of the parties, having
identified the rules applicable to the case at hand, the claims
formulated by the plaintiff are rejected for being inadmissible and
unfounded.
C) Litigation Costs.
The costs of
litigation follow the set-off. This is a problem that cannot find a
legal solution here but which, nevertheless, appears to exist in the
abstract and has great social implications.
P.Q.M.
the Tribunal, definitively ruling, any other petition or exception disregarded:
(a) Declares the plaintiff's claim inadmissible;
(b) Compensates for the costs of the litigation.
Rome, The Judge
Alberto Cianfarini