giovedì 21 dicembre 2017

False attestazioni del credito bancario in Italia

COMUNICATO
E’ già disponibile, in formato e-book, il testo specialistico "False attestazioni del credito bancario in Italia" del dr. Giovanni Battista Frescura, un consulente esperto nelle normative sulle irregolarità nel calcolo degli interessi sui finanziamenti erogati dalle banche (anatocismo, ultralegali, oneri indebiti, ecc…), autore alcuni anni fa di un corposo manuale sul tema dell’usura nei crediti bancari, molto noto tra coloro che si occupano di controversie con le banche.
Il nuovo libro illustra ad avvocati, commercialisti e consulenti tecnici come far revocare, tramite la procedura (civile) della querela di falso, decreti ingiuntivi non opposti e sentenze che hanno condannato, ingiustamente, i clienti (soprattutto piccole / medie imprese) a pagare, con illegali esecuzioni immobiliari e fallimenti, somme non dovute alle banche; può ricorrere a questa procedura anche chi ha azioni espropriative in corso.
Il libro, venduto on line (www.falsobancario.it), sia in formato cartaceo che come e-book, ha uno specifico capitolo dedicato agli NPLs (non performing loans ovvero crediti incagliati / deteriorati) e alla loro cessione, che ha logicamente dei problemi quando riguarda un credito “falso”.
Il dr. Frescura tiene dei corsi dove insegna agli interessati ad utilizzare la querela di falso, uno strumento del processo civile, per impugnare le (errate) attestazioni dei crediti bancari; si tratta infatti di una procedura poco conosciuta anche dagli stessi avvocati, che finora (per motivi incomprensibili) non l’hanno mai utilizzata nel contenzioso bancario, nonostante in sede giudiziaria molto spesso si accerti che i decreti ingiuntivi ottenuti dalle banche, sulla base di una ideologicamente falsa autocertificazione del credito ex art. 50 Tub, non sono validi.
La banca in questa autocertificazione afferma infatti di vantare un credito certo anche quando questo è formalmente contestato oppure è notoriamente viziato dalle irregolarità e/o dall’usura.

martedì 27 giugno 2017

BANCHE: MONETA ILLEGALE, CONTRATTI NULLI

BANCHE: MONETA ILLEGALE, CONTRATTI NULLI

Banca d’Italia, con l’Avviso al pubblico del 06.06.17, https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/avvisi-pub/, dichiara: “La Banca d’Italia precisa anzitutto che sulla base della normativa internazionale e nazionale, l’unica forma di moneta legale – ossia dotata del potere di estinguere le obbligazioni in denaro – è la moneta emessa dalla Banca Centrale Europea (BCE)”. Banca d’Italia ammette che però le banche di credito italiane creano mediamente 1.000 miliardi all’anno di euro scritturali (si veda il Supplemento al Bollettino statistico pubblicato dalla Banca d’Italia, “Moneta e banche https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/moneta-banche/2017-moneta/suppl_01_17.pdf in particolare Tavola 1.2.a.”

 Quindi esse usurpano una funzione riservata alla BCE. E la BCE lo sa. 
Le conseguenze giuridiche di quanto sopra sono molteplici, e tutte portano a una conseguenza pratica: la banca non può pretendere il rimborso dei suoi “prestiti” né il pagamento degli interessi, perché i contratti sono nulli.
Innanzitutto, usurpando una funzione pubblica riservata dalla legge e dai trattati alla BCE, le banche commettono sistematicamente il reato previsto e punito dall’art. 347 del Codice Penale (Chiunque usurpa una funzione pubblica … … è punito con la reclusione fino a due anni.) e/o il reato previsto e punito dall’art. 453 (È punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa da lire un milione a sei milioni 1) chiunque contraffà monete nazionali o straniere, aventi corso legale nello Stato o fuori).

La moneta così creata è corpo di reato e va sequestrata, e ogni contratto con la banca, utilizzante questa moneta, è nullo per illiceità dell’oggetto, e la banca non può pretendere in restituzione un quid ejusdem generis di ciò che ha dato, perché si tratta di un genus illecito.

In secondo luogo, se ciò che la banca ha creato e prestato come “euro” non è moneta legale, essa, non avendo mai erogato moneta legale euro, non ha mai eseguito il prestito.

In terzo luogo, la banca ha dato un aliud pro alio. Che si tratti di un quid alii, diverso per essenza, è evidente: la moneta legale è solo quella creata dalla BCE; solo essa non nasce come monetizzazione di un rapporto obbligatorio; solo essa ha la capacità di estinguere i rapporti di credito-debito senza crearne degli altri; solo essa è ontologicamente indipendente dalle sorti (dall’eventuale insolvenza) delle banche; la moneta contabile bancaria è per contro sempre consistente, giuridicamente, in una promessa di pagamento (tale è il saldo attivo di conto corrente o di libretto di risparmio o l’importo dell’assegno circolare) avente ad oggetto una qualsiasi valuta legale a scelta delle parti (Euro, Dollari, Yen, Sterline…); essa quoad existentiam dipende dalla solvibilità della banca depositaria-debitrice., e non è fiat (cioè non è dotata di accettazione imposta d’imperio dallo Stato: il bonifico di una banca insolvente non vale nulla).

In quarto luogo, la banca ha creato contabilmente mezzi monetari non-euro dichiarandoli e contabilizzandoli come euro, come moneta legale, pur sapendo di non avere la facoltà di crearla e di agire contro le leggi e i trattati.

In quinto luogo, ha spacciato per euro ciò che euro non è, al fine di ottenere l’impegno del cliente a rimborsare euro non ricevuti: quindi ha adibito dolo, frode, per ottenere un profitto ingiusto, smerciando un quid intrinsecamente illecito.
Quelli sopra esposti sono argomenti da usare per difendersi dalle banche eccependo la nullità nelle vertenze individuali. Ma sul piano generale, essi fanno emergere la radicale ipocrisia-contraddizione giudica, logica, sociale e morale su cui poggia lo Stato e la sua parvenza di legalità. Non si tratta, evidentemente, di una questione secondaria, né di una questione di mero principio morale, ma della stessa struttura dell’economia, della distribuzione dei redditi e del carico fiscale, del potere politico in un sistema-paese che dipende dalle banche per il finanziamento sia privato che pubblico.

Una recente ordinanza del Tribunale di Savona, nella causa n. 1580/2017, dichiara che sarebbe valido il mutuo erogato da una banca con denaro da essa creato contabilmente come “euro” anche se la banca non ha la facoltà di creare euro, ed è valido perché il mutuatario lo ha comunque utilizzato. Questa ordinanza ha espresso un principio implicante, da un lato, che il denaro bancario è valido anche se falso, purché sia accettato; e, dall’altro lato, che la banca è il disopra della legge (la quale riserva la creazione di denaro alla BCE). Il tribunale ha scritto, infatti: l’eventuale violazione delle disposizioni relative alla creazione di moneta ed alla raccolta del risparmio, in nessun caso potrebbe riverberarsi sulla validità ed efficacia del contratto di finanziamento”: ossia, le banche hanno il diritto di usare, per arricchirsi, anche il denaro da esse creato abusivamente e in violazione delle leggi. Le banche quindi sono al di sopra della legge che vale per il resto della società – quindi la legge non è eguale per tutti.

Per il Tribunale, ai fini del diritto della banca a incassare, è irrilevante se il denaro prestato sia o non sia legittimo e di origine legittima, cioè è irrilevante il problema della sua legalità. Ossia, è irrilevante il dato di diritto; mentre è rilevante il dato di fatto, ossia il fatto che quel denaro sia stato usato, accettato, dai terzi, dal mercato.  Il fatto dell’accettazione del denaro bancario legittima la pretesa bancaria superando la illegittimità della creazione monetaria da parte della banca. Nella fattispecie, la banca aveva dato a mutuo al cliente una somma di denaro da essa scritturalmente creato, e il cliente la aveva usata per pagare un appartamento mediante bonifico sul conto corrente del venditore presso un’altra banca, la quale aveva accettato questo denaro accreditandolo al venditore sul conto corrente di questi. L’accettazione del denaro contabile creato da una banca sta semplicemente nel fatto che le altre banche, nel mutuo interesse, ricevendo quel denaro, lo accreditano. Cioè i banchieri si accettano, si validano, si legittimano l’un l’altro il denaro che ciascuno di loro illecitamente crea sotto la falsa denominazione di moneta legale. E il potere giudiziario recepisce questo dato di fatto illegittimo e lo tutela. Cioè i banchieri si fanno la legge da sé e i giudici la applicano. Per contro – aggiunge l’ordinanza – la moneta scritturale creata dai cittadini non è valida, perché non ha accettazione. Questo il senso dell’ordinanza.

L’ ordinanza in esame è pertanto un’ulteriore prova del fatto che il principio della rule of law (o di legalità) non vale nel mondo reale; che vi è un ordinamento giuridico reale e materiale, non scritto, dato dai rapporti di forza effettiva, al di sopra della Costituzione ufficiale e delle leggi scritte; e che il potere giudiziario tutela questo ordinamento reale e materiale, nongià il diritto ufficiale. Right is might.

Ora resta da vedere ciò che farà la Corte di Cassazione, la quale è però l’organo apicale della giurisdizione, quindi, se confermerà la decisione dei giudici di Savona, se legittimerà l’uso della moneta illegalmente creata dalle banche, tale decisione e la sua palese contrarietà alla legge e alla Costituzione ufficiali sanciranno formalmente che lo Stato-apparato reale è, rispetto ad esse, radicalmente illegittimo.

27.06.17 Marco Della Luna

martedì 23 maggio 2017

La vexata quaestio della commissione di massimo scoperto nel calcolo TEG

La CMS va inclusa nel TEG? la Cassazione n. 12965/2016 divide i Tribunali

17 maggio 2017 -
La CMS va inclusa nel TEG? la Cassazione n. 12965/2016 divide i Tribunali
La Cassazione accoglie il principio di omogeneità con Bankitalia (sentenza 12965/2016) ma subito dopo (sentenza 8806/2017) si rettifica anteponendo il principio di onnicomprensività dell’articolo 644 del codice penale.

La rilevanza della commissione di massimo scoperto ai fini della verifica del rispetto del tasso soglia usurario rappresenta una tematica che ha generato non poche discussioni in materia bancaria[1]. La questione è stata analizzata dai giudici di legittimità e dalla giurisprudenza di merito dando luogo a pronunce spesso contrastanti tra loro.
La Suprema Corte con la sentenza n. 12965 del 22.06.2016[2] si è recentemente inserita nel dibattito affrontando la vexata quaestio della rilevanza (o meno) della commissione di massimo scoperto nel calcolo TEG, per il periodo precedente al 2010.
Sul punto la Corte ha affermato che “la commissione di massimo scoperto, applicata fino  all’entrata in vigore dell’articolo 2-bis Decreto Legge n. 185 del 2008, deve ritenersi in thesi legittima, almeno fino al termine del periodo transitorio fissato al 31 dicembre  2009, posto che i decreti ministeriali che hanno rilevato il TEGM – dal 1997 al dicembre del 2009 – sulla base delle istruzioni diramate dalla Banca d’Italia, non ne hanno tenuto conto al fine di determinare il tasso soglia usurario, dato atto che ciò è avvenuto solo dal 1 gennaio 2010, nelle rilevazioni trimestrali del TEGM; ne consegue che l’articolo 2 -bis del Decreto Legge n. 185 del 2008, introdotto con la legge di conversione n. 2 del 2009, non è norma di interpretazione autentica dell’articolo 644 del codice penale, comma 3, bensì disposizione con portata innovativa dell’ordinamento, intervenuta a modificare – per il futuro – la complessa disciplina anche regolamentare (richiamata dall’articolo 644 del codice penale, comma   4)   tesa   a   stabilire   il   limite   oltre   il   quale   gli   interessi   sono presuntivamente sempre usurari, derivandone che per i rapporti bancari esauritisi prima del 1 gennaio 2010, allo scopo di valutare i l superamento del tasso soglia nel periodo rilevante, non debba tenersi conto delle CMS applicate dalla   banca   ed   invece   essendo   tenuto   il   giudice   a   procedere   ad   un apprezzamento  nel  medesimo  contesto  di  elementi  omogenei  della rimunerazione bancaria, al fine di pervenire alla ricostruzione del tasso -soglia usurario[3].
Dal riconoscimento della natura innovativa dell’articolo 2 -bis[4], comma 2, della legge n. 2 del 2009, rispetto alla normativa previgente, la Cassazione fa derivare che la norma risulta insuscettibile di applicazione retroattiva ovvero che può trovare applicazione solo a partire dalla sua entrata in vigore, con la conseguenza che per i rapporti bancari esauritisi prima del 1 gennaio 2010, per valutare il superamento del tasso soglia d’usura non deve tenersi conto delle CMS applicate dalla Banca.
Dall’applicazione del principio di omogeneità, secondo la Corte, deriva necessariamente una simmetria fra i criteri di calcolo della verifica ex articolo 644 del codice penale e del TEGM, con applicazione delle Istruzioni della Banca d’Italia periodicamente recepite dai decreti ministeriali, i quali (sino al 31 dicembre 2009) non hanno tenuto conto della commissione di massimo scoperto per determinare il tasso soglia usurario.
Sino all’entrata in vigore della legge n. 2 /2009, «ogni eccedenza della CMS in concreto praticata rispetto alle entità massime fissate pro tempore dalle Istruzioni della Banca d’Italia non realizza di per sé un fattore rilevante al fine del superamento del tasso sogli usurario, trattandosi di eleme nto diverso – nella fattispecie storica – e perciò non calcolabile nel medesimo coacervo di fattori di costo, pertanto  l’eventuale usurarietà del rapporto bancario può conseguire solo da una giustapposizione che, assumendo dal valore percepito di periodo la CMS e riscontratane in ipotesi il superamento di percentuale rispetto a quella massima, vada ad aggiungere tale costo improprio e non dovuto all’interesse propriamente detto, verificando se, per tale via, non sia stato superato in modo indiretto il tasso soglia per avere questo così oltrepassato lo spread del TEGM, addizionandosi ad un costo che, nella singola vicenda di finanziamento, abbia tuttavia operato non come CMS, bensì come remunerazione sostanzialmente coincidente con l’interesse[5]».

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sabato 13 maggio 2017

Banche alla sbarra sulla creazione di denaro

MONETA NOSTRA, GIUSTIZIA LORO
dell'Avv. Marco Della Luna

Stiamo conducendo una campagna culturale e giudiziaria per portare i giudici a riconoscere (o a rifiutarsi di riconoscere) l’incostituzionalità e illegalità dell’attuale sistema monetario, in cui le banche esercitano – senza autorizzazione legale e senza pagarci sopra le tasse – il potere monopolistico di creare denaro dal nulla, e in cui tutti gli altri soggetti, Stato compreso, sono costretti a prenderlo a prestito a interesse composto, subendo così un preordinato processo di indebitamento a strangolo di tutte la società, che la spreme fino a spogliarla dei beni, dei redditi, dei risparmi, della possibilità di fare politica, in favore del capitale finanziario, e attua così esattamente l’opposto di quanto prescritto dalla Costituzione, la quale letteralmente si fonda sul lavoro e sulla realizzazione dell’eguaglianza sociale.
Stiamo spingendo i magistrati a compiere una scelta riconoscibile da tutti: o dichiarano l’illegalità di questo sistema, oppure si schierano con esso, rendendo percepibile a tutti che might is right, cioè la forza fa il diritto, il diritto è la canonizzazione dei rapporti di forza materiale e di interesse economico, mentre la legge e i giudici servono a dare una parvenza di legittimità e di moralità al sistema risultante. In realtà, la legalità, lo stato di diritto, la giustizia, non possono esistere, sono chimere, perché i detentori del potere reale, materiale, dirigono sempre, nel complesso, l’azione del potere giudiziario come di quello legislativo, esecutivo, informativo.

Alcuni rari magistrati hanno già riconosciuto l’illegalità del sistema monetario, però è improbabile che lo facciano in molti, perché farlo significa porsi contro il sistema di potere che governa il mondo, compromettersi la carriera e i grandi privilegi che il sistema tributa ai magistrati. La maggior parte di questi continuerà quindi a escogitare giustificazioni o a eludere il problema.
Espongo qui sotto per estratto una vicenda molto interessante, in cui ho fatto un’opposizione all’esecuzione, chiedendo la sospensione delle aste, come difensore di un professionista che aveva pagato con moneta nostra il debito di sua moglie per un mutuo bancario mandando la relativa pec alla banca mentre questa procedeva a mandare all’asta la casa della donna.
Siamo davanti al Tribunale di Savona. Ecco in sintesi i motivi di opposizione:

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mercoledì 19 aprile 2017

USURA: Cassazione Civile, Sez. I, sentenza n. 8806/17 del 05 04 2017

Cassazione Civile, Sez. I, sentenza n. 8806/17 del 05 04 2017: La Corte definisce i principi di diritto da seguire per il calcolo del tasso effettivo globale nel pieno rispetto dell'articolo 644 c.p.

Cassazione Civile, Sez. I, sentenza n. 8806/17 del 05-04-2017: La Corte definisce i principi di diritto da seguire per il calcolo del tasso effettivo globale nel pieno rispetto dell'articolo 644 c.p., e fa particolare riferimento al collegamento insito delle spese di assicurazione al contratto di finanziamento: "In relazione alla ricomprensione di una spesa di assicurazione nell'ambito delle voci economiche rilevanti per il riscontro dell'eventuale usurarietà di un contratto di credito, è necessario e sufficiente che detta spesa risulti collegata all'operazione di credito. La sussistenza del collegamento, se può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova, risulta presunta nel caso di contestualità tra la spesa ed erogazione"./website/data/cassazione civile/allegato_25858_1.pdf

domenica 9 aprile 2017

Assemblea della Banca Popolare di Puglia e Basilicata, intervento Calculli






Testo:

INTERVENTO DI PAOLA PATRIZIA CALCULLI
ALL’ASSEMBLEA STRAORDINARIA ED ORDINARIA DEI SOCI DELLA BANCA POPOLARE DI PUGLIA E BASILICATA  DELL’08/04/2017
CON RICHIESTA DI DEPOSITO A VERBALE

"Mi rivolgo ai Sig.ri Amministratori, ed agli azionisti intervenuti propongo voto:
1S - CONTRARIO alla delega per l’emissione di nuove azioni. Sembra profilarsi uno scenario apocalittico fatto di stretta creditizia, assenza di margini, azzeramento dell’avviamento e non mi meraviglierei se tutto questo rendesse “necessario l’assorbimento” da parte di altra Banca su richiesta di Bankitalia. Ma proprio questa, come anche la BRI la BCE hanno ammesso che, nei Bilanci attuali, esista un’enorme ricchezza alla luce delle argomentazioni che portano ad una verità già ufficiale e cioè che si accetti la prassi con cui le banche di credito, creano moneta scritturale nell’erogare prestiti e pagamenti (realizzando così un ricavo, non contabilizzato e sottratto al Fisco per circa 540 miliardi l’anno nella sola Italia).Il Tribunale di Bolzano, con Ordinanza del 09/16, afferma: “quanto, invece, alla violazione dell’art 127 del Trattato di Lisbona, non si capisce per quale motivo la creazione di moneta attraverso il sistema bancario possa violare tale norma, che nulla dispone in tal senso, come è irrilevante il riferimento al TUB, che non vieta tale sistema, posto che l’Euro è una moneta non rappresentativa, per cui non è richiesto un controvalore per ogni biglietto stampato come all’era del sistema aureo…”. Questa facoltà delle banche di creare ed emettere euro scritturali in assenza di alcuna norma di legge che conferisca loro la paternità, è riconosciuta in base al principio che ciò che non è proibito o riservato, è lecito mentre l’emissione contro denaro preesistente è, invece, normata e limitata ai possidenti i requisiti di legge (cioè la BCE). Ergo, non esiste crisi finanziaria in atto che determini assenza di utili importanti da parte del Ns. Istituto di Credito, se non l’addebito dell’ignoranza (intesa come non conoscenza) da parte dei ns. vertici che sono stati, da noi, delegati a governare;
1O – CONTRARIA, salvo rettifica, e per gli stessi motivi, all’approvazione del Bilancio. Se il denaro creato “in nero” apparisse sui conti dei clienti, priva di origine certa ed identificabile, si violerebbero anche le norme sull’antiriciclaggio (AML); ciò avrebbe senso solo se fosse fondamentale occultare il reale funzionamento delle stesse Banche. Vuol dire che, l’ampliamento dell’attivo dello Stato Patrimoniale viene falsamente pareggiato con i debiti verso clientela che non hanno, invece, alcun motivo d’essere poiché autoliquidanti anche ai sensi del principio contabile IAS 7.6 (sul Rendiconto Finanziario). Deploro le relazioni dei ns. Sindaci sulla consistenza dei flussi di Cassa stante la documentazione da me prodotta in argomento e che dovrebbe interrogarsi seriamente sulla necessaria correzione. Ma, più di tutti, mi sconcerta che proprio la KPMG, pagata profumatamente per la certificazione del Bilancio, nulla eccepisca; essa è artefice del Rapporto per il Primo Ministro Islandese pubblicato nel 2016 e che, a pag.5, recita: <<Quando le Banche Commerciali effettuano prestiti alla clientela, creano denaro mediante l’emissione dei depositi sul conto corrente del cliente. Quest’attività espande il loro Bilancio sui quali, le Banche Centrali, hanno un controllo limitato. Il Sistema Monetario Sovrano (ISM) mira a spostare la creazione di moneta dalle Banche Commerciali verso lo Stato e le Banche Centrali>>; è lampante che non sappia risolvere il problema nemmeno lei.
3O - CONTRARIA alla elezione dei candidati al nuovo Consiglio di Amministrazione per assenza di alternativa (a che varrebbe votare, quindi?). Inoltre, la carenza di dialogo è cosa insostenibile, stante l’assenza di elementi di riferimento sul territorio dopo la fuoriuscita, inspiegabile, dei Consiglieri Gravinesi.
Per questi validi motivi chiedo a tutti gli azionisti, danneggiati e chiamati a concorso di responsabilità, di pretendere, la pronta rettifica del Bilancio qui presentato SALVO rinvio per correzione deciso dalla stessa Amministrazione qui ed ora; ciò porterebbe alla scoperta per emersione di almeno 3mld e 61mln di €, secondo un primo calcolo approssimativo i quali, una volta epurati dalle tasse, potrebbero essere destinabili a dividendi.
CHIEDO l’annotazione a verbale del mio intervento rivendicando la paternità della scoperta di emersione del denaro creato e non contabilizzato rispetto al premio corrispondente ex art. 930 c.c. con questo prendendo impegno a fornire, in nome della Banca, il supporto professionale alla Contabilità ed alla KPMG, nonché a Cedacri per le modifiche di sistema necessarie alla redazione dell’allegato di Bilancio secondo i nuovi canoni.
*allego riferimenti normativi e dottrinali oltre a corrispondenza via PEC tra me e la Direzione Generale riguardante la mia richiesta di estinzione anticipata di mutuo ipotecario con moneta scritturale."

giovedì 6 aprile 2017

Tribunale di Cremona: il debitore e il denaro scrittuREALE

UNA SENTENZA PER MONETA NOSTRA
http://marcodellaluna.info/sito/2017/04/05/una-sentenza-per-moneta-nostra/


 Alle volte i giudici sembrano voler difendere il sistema di profitto e potere dei banchieri, mentre in realtà lo minano alle fondamenta (anche se ci arrivano attraverso una serie di errori).

 Oggi un Giudice del Tribunale di Cremona, giudicando sull’opposizione di  una mia cliente disoccupata contro una banca che le sta vendendo all’asta l’unica casa, dopo lungo pensamento sulle mie eccezioni di nullità del mutuo in relazione al fatto che la banca non aveva prestato denaro ma semplice promesse contabili di denaro, e che la legge non autorizza le banche a creare euro, ha deciso in favore della banca, respingendo l’opposizione. I motivi che ha dichiarato per tale sue decisione sono esposti sotto, ciascuno seguito da confutazione in rosso.
 che è incontestato l’impiego della somma mutuata, da parte [della debitrice opponente], ai fini del pagamento del corrispettivo per l’acquisto dell’immobile cui il contratto di mutuo era preordinato, e che, dunque, in tale funzione economico/sociale è rinvenibile la causa concreta del negozio di mutuo stipulato tra le parti;
Errore: “somma”: che cosa è una “somma”? Una quantità di danaro? O di promessa di danaro? L’art. 1813 CC richiede che sia di danaro. Dov’è il denaro che la banca avrebbe dato alla cliente? La banca, sollecitata a farlo, non lo ha dimostrato.

che la nozione di consegna, non definita dall’art. 1813 c.c., non può limitarsi al materiale trasferimento della somma in contanti dal mutuante al mutuatario, dovendosi invece ritenere comprensiva di ogni atto idoneo a porre le cose nel potere di disposizione giuridica dell’avente causa;
Errore: per “mettere a disposizione” il denaro, bisogna averlo, e l’opponente ha contestato che la banca lo abbia, e anzi ha dimostrato che non lo possiede.

che gli assegni e gli altri titoli di credito sono espressamente regolamentati nel codice civile italiano (art. 1992 ss.) ed in alcune leggi speciali dello stato (R.D. 1736/1933), onde non è corretto affermare, come fatto dalla difesa dell’attrice a pagina 6 del proprio atto introduttivo del presente giudizio, che “il Codice Civile e le norme di esso che, in particolare, che regolano i rapporti in esame, conoscono soltanto il danaro legale, ossia la moneta legale, cioè le banconote”;
Errore: il Codice Civile e le altri leggi citate trattano l’assegno e le cambiali come promesse di denaro, non certo come denaro! L’assegno circolare è una promessa di denaro, uno strumento di debito a carico della banca, soggetto a rischio emittente.

che l’accredito sul conto corrente dell’attrice abbia realizzato l’effetto di attribuirle un autonomo titolo di disponibilità della somma e di acquisire al suo patrimonio la somma medesima, uscita dal patrimonio della convenuta;
Errore: non vi è disponibilità di somma di denaro se non vi è il legittimo possesso del corrispondente denaro da parte del disponente (cioè della banca); e non vi è uscita dal patrimonio della banca di alcun denaro, perché la banca non preleva alcunché dai propri conti, ma crea direttamente il danaro, “la somma”, digitando numeri sui conti correnti di disponibilità del mutuatario.

che la ricostruzione propugnata dalla difesa dell’attrice in merito alla creazione ex nihilo della moneta da parte delle banche commerciali è errata, in quanto le banche non creano moneta, ma trasferiscono somme che sono nella loro disponibilità… … ;
Errore: le banche di credito creano denaro, anzi euro, mediante scritturazione, come dichiara la Banca d’Italia ufficialmente alla Commissione Finanza del Senato con lettera 27.02.17 e nelle tabelle ufficiali della BdI; e questa creazione corrisponde a circa l’84% del totale degli euro in circolazione.

che, in ogni caso, l’eventuale operazione consistente nell’emissione di moneta scritturale a favore del mutuatario non viola l’art. 128 TFUE, in quanto:
  • la citata disposizione disciplina esclusivamente l’emissione della moneta avente corso legale all’interno dell’Unione, ossia l’Euro, riservata alle banche centrali nazionali e alla Banca centrale europea, senza disporre alcunché in merito ad altri tipi di moneta, come quella scritturale, che è espressione di autonomia privata e la cui circolazione avviene all’interno del sistema bancario per mezzo di accrediti e compensazioni;
Quindi, per questo Giudice, le banche non creano affatto moneta; ma, se lo fanno, allora possono farlo legittimamente. A parte ciò, in quanto sopra vi sono tre errori:
-primo: il TUB e le altre leggi nazionale definiscono le banche come istituti di intermediazione del credito, non parlando mai di creazione della moneta, la quale invece sarebbe il loro core business, se lecita – e lo è, perché esse de facto creano moneta, come ammesso dalla autorità monetarie;
-secondo errore: il TFUE assegna alla BCE il compito di prevenire l’inflazione, cosa che sarebbe impossibile (non bastando all’uopo la mera regolazione dei tassi) se l’84% della creazione monetaria fosse rimessa alle banche di credito;
– terzo errore: lo Stato accetta, richiede e usa per i pagamenti di tributi, stipendi etc. il denaro contabile creato dalle banche private alla stregua e al pari dell’Euro legale, quindi rende valuta legale quella creazione non autorizzata di moneta denominata come Euro.

  • la creazione di moneta c.d. fiat o fiduciaria da parte delle banche commerciali mediante registrazioni contabili è, con evidenza, fenomeno distinto dall’emissione di moneta Euro; esso si verifica allorché gli istituti creditizi concedono prestiti impiegando le somme ricevute in deposito, in tal modo moltiplicando l’offerta di moneta rispetto alla moneta effettivamente circolante;
Errore: come detto sopra, lo Stato stesso non la distingue, ma la tratta alla pari, anzi la esige come mezzo esclusivo di pagamento oltre determinati importi (e poi non si tratta di “istituti”, perché sono soggetti privati, da quanto Amato li ha privatizzati nel 1995).

  • il fenomeno è previsto e disciplinato: in particolare, il regolamento CE n°1745/2003 della Banca Centrale Europea assoggetta le banche aventi sede negli Stati membri all’obbligo di destinare una parte della moneta ricevuta in deposito a riserve minime da detenere presso le banche centrali nazionali, secondo il sistema della c.d. riserva frazionaria;
Errore multiplo: i depositi avvengono appunto quasi interamente in “moneta” contabile; peraltro le banche di credito creano i depositi esse stesse con l’atto di creare, digitandoli direttamente sul conto di disponibilità del cliente, gli importi che prestano al medesimo. Depositi di moneta creata contabilmente non possono coprire creazioni contabili di ulteriore moneta, essendo della medesima natura di questa moneta. E non servono nemmeno, per la medesima natura. Anzi, non sono nemmeno depositi, perché il deposito può avere come oggetto solo e unicamente una cosa mobile oppure danaro, mentre il denaro contabilmente creato è un credito, e i crediti non sono oggetto possibile di un deposito. Però soprattutto va detto che i depositi dei risparmiatori vengono sì usati dalle banche di credito: vengono usati per coprire, per nascondere, il fatto che creano moneta mediante semplici registrazioni contabili, realizzando un pari ricavo (flusso di cassa positivo) che non contabilizzano e su cui quindi non pagano le tasse, come ammette la Banca d’Italia nella suddetta comunicazione del 27.02.17, dicendo che si è consapevolmente scelto di non tassare i ricavi da creazione monetaria (pari in Italia a circa 1.000 miliardi l’anno).

  • la diversità fra i due mezzi di scambio ha posto, peraltro, il problema della parificabilità della moneta scritturale a quella avente corso legale ai fini dell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie: si è affermato, in tal senso, che il debitore ha facoltà di offrire, quando la legge non ponga specifiche limitazioni, moneta scritturale in luogo di quella legale, ad es. consegnando un assegno circolare, senza che il creditore possa rifiutarla senza giustificato motivo (Cass., S.U., sentenza n. 26617 del 18 dicembre 2007);
Quella giurisprudenza non teneva conto della realtà della creazione monetaria qui sopra spiegata: credeva, per così dire, che i bambini nascessero sotto i cavoli. Ma prendiamo per buono ciò che afferma il Tribunale di Cremona, ossia che si può pagare con moneta scritturale ogniqualvolta ciò non sia espressamente escluso dalla legge.
Benissimo: se così è, allora la legge non esclude che i clienti rimborsino i prestiti delle banche, erogati da queste in moneta scritturale da loro creata, creando essi stessi moneta scritturale – cioè Moneta Nostra – e spedendola con una pec alla banca. 
Questa è la conclusione dell’ordinanza del Giudice di Cremona, appoggiata all’autorevole, seppur scientificamente superata, sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione: “ai fini dell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie… il debitore ha facoltà di offrire, quando la legge non ponga specifiche limitazioni, moneta scritturale in luogo di quella legale… senza che il creditore possa rifiutarla senza giustificato motivo.”
Avete capito? Sembrava che volesse dar ragione alle banche e al sistema, e al contrario dà ragione ai suoi critici radicali. Incredibile Giustizia!

05.04.17  Marco Della Luna

mercoledì 29 marzo 2017

Sapir: Lex Monetae e Diritto Europeo

Henry Tougha

Sapir: Lex Monetae e Diritto Europeo

http://vocidallestero.it/2017/03/23/sapir-lex-monetae-e-diritto-europeo/

Un Jacques Sapir insolitamente sintetico e tagliente accusa i sedicenti difensori dell’Europa, i quali negando che l’uscita dall’euro sarebbe regolata dalla Lex Monetae mostrano di non conoscere le leggi della stessa Unione europea e di basarsi piuttosto sulle affermazioni della discutibile agenzia di rating Standard & Poor’s.  La Lex Monetae è chiaramente inscritta nei trattati europei: è stata invocata al momento dell’entrata nell’eurozona, e sarà ovviamente invocata di nuovo al momento dell’uscita…

di Jacques Sapir, 19 marzo 2017

Tutti conosciamo l’argomento che coloro che si oppongono alla dissoluzione dell’euro o all’uscita dall’euro contestano a chi è invece convinto che tale uscita sia oggi l’unica soluzione possibile per l’economia francese: l’argomento del debito. Secondo questi critici i debiti della Francia si moltiplicherebbero semplicemente per il deprezzamento del nuovo franco francese. Essi mostrano di non credere a quel principio della legge internazionale definito Lex Monetae, o legge monetaria, che indica precisamente che tutto il debito emesso secondo la legge di un paese può essere ridenominato in una nuova valuta, se quel paese decide di cambiare valuta. Un ex Presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy tanto per fare il nome, ha pronunciato un discorso apocalittico su questa questione. Anche l’Institut Montaigne ha ripreso questo tema e ha dimostrato di non credere all’esistenza della Lex Monetae.

Lex Monetae e diritto europeo
Eppure questa “legge”, alla quale si faceva riferimento in  diritto internazionale negli anni ’20-’30 del Novecento per regolare il problema dei debiti degli stati che si sarebbero formati sui resti del decaduto Impero Austro-Ungarico, è esplicitamente menzionata dal diritto dell’Unione europea. Del resto è proprio in virtù di questo principio del diritto internazionale che il debito pubblico francese emesso in franchi fu convertito in euro nel 1999.
Il riferimento si trova nel regolamento (CE) n° 1103/97 del Consiglio del 17 giugno 1997, relativo ad alcune disposizioni per l’introduzione dell’euro. Questo regolamento è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale [1] e può essere consultato in internet [2]. Il riferimento in particolare appare al paragrafo 8 ed è riportato qui di seguito:
“(8) considerando che l’introduzione dell’euro costituisce una modifica della legge monetaria di ciascuno Stato membro partecipante; che il riconoscimento della legge monetaria di uno Stato è un principio universalmente accettato; che la conferma esplicita del principio di continuità deve portare al riconoscimento della continuità dei contratti e degli altri strumenti giuridici nell’ordinamento giuridico dei paesi terzi;”
Be’, diciamo che è abbastanza stupido pretendere di difendere un’istituzione senza conoscerne le leggi. Perché, e questo è un punto importante, è detto proprio che “la conferma esplicita del principio di continuità deve portare al riconoscimento della continuità dei contratti e degli altri strumenti giuridici nell’ordinamento giuridico dei paesi terzi“. In altre parole, se il governo francese decide di ritornare al franco ad un tasso di conversione di 1 a 1 con l’euro, ha il diritto di farlo per quanto riguarda tutti gli strumenti giuridici e i contratti emessi all’interno dell’ordinamento giuridico francese. Ma è quantomeno strano che gli “esperti” europei ignorino le loro stesse leggi. È un po’ come se il Presidente della Repubblica [francese] dicesse che, secondo la Costituzione, il Presidente è eletto dal Parlamento…

Lex Monetae e agenzie di rating
Si può verificare inoltre come la citazione di una certa agenzia di rating, che fa da fondamento alle affermazioni catastrofiste dell’Institut Montaigne [3], venga direttamente invalidata dal sopra menzionato regolamento europeo: “Non c’è alcuna ambiguità (…) Se un emittente non adempie ai termini del contratto con i suoi creditori, ivi compresa la valuta in cui sono effettuati i pagamenti, dichiareremmo la situazione di default“, così ha detto recentemente Moritz Kraemer, direttore dei rating sovrani di Standard & Poor’s. Potremmo anche ignorare le agenzie di rating, ma resta il fatto che le loro opinioni sul rischio di credito (cioè di default) sono indispensabili per una buona gestione del rischio da parte degli investitori istituzionali (compagnie di assicurazione, fondi pensione e banche).

Se l’agenzia Standard & Poor’s decidesse di dichiarare il “default” della Francia, non sarebbe ovviamente seguita dalle altre agenzie e, soprattutto, non riuscirebbe a trovare nessun tribunale di livello internazionale disposto a convalidare la sua decisione. Perché i giuristi sanno bene che quanto accaduto nel 1999 si ripeterebbe, in virtù del principio giuridico del precedente. Il governo francese potrebbe anche citare in giudizio Standard & Poor’s per manipolazione del mercato del debito.

Combattere il “Progetto Paura”
La bellezza della Lex Monetae sta nel fatto che il debito pubblico emesso sotto diritto francese (che corrisponde al 97 percento del totale di questo debito) deve essere rimborsato nella moneta avente corso legale in Francia. Se la Francia decide che questa moneta è l’euro, il debito viene rimborsato in euro al tasso di conversione deciso dalla Francia. Se la Francia decide invece che la moneta avente corso legale sul suo territorio è (nuovamente) il franco, vale la stessa cosa. Detto altrimenti, i circa 1649 miliardi di euro di debito francese negoziabile [4] si trasformerebbero in 1649 miliardi di franchi.
Per quanto riguarda il debito privato delle famiglie e delle imprese francesi, se questo è stato emesso secondo il diritto francese, non cambia nulla. Il lavoro di Cédric Durand e Sébastien Villemont, pubblicato dall’OFCE (Osservatorio Francese per le Congiunture Economiche) e che uscirà tra qualche mese su una rivista internazionale, stabilisce con precisione le conseguenze dell’uscita dall’euro [5] e mostra che le imprese e le famiglie uscirebbero vincenti da questa situazione.

È quindi necessario capire che molti di coloro che parlano su questo tema, lo fanno esclusivamente per alimentare i timori e le paure dei francesi. Come nei mesi precedenti al referendum sulla Brexit, ci troviamo di fronte a un “Progetto Paura”. Progetto sconfitto col voto del giugno 2016. Bisogna sperare che anche gli elettori francesi sappiano opporvisi, con la ferma sicurezza di chi conosce i propri diritti.

[1] Journal Officiel n° L 162, 19/06/1997 p. 0001 – 0003
[2] http://eur-lex.europa.eu/legal-content/FR/TXT/?uri=celex:31997R1103
[3] Chaney E., «A propos du monde imaginaire de ceux qui prônent une sortie de l’euro», Institut Montaigne, 02 marzo 2017
[4] http://www.aft.gouv.fr/rubriques/encours-detaille-de-la-dette-negociable_159.html
[5] http://www.ofce.sciences-po.fr/blog/balance-sheets-effects-of-a-euro-break-up/

lunedì 20 marzo 2017

Al Ragioniere Generale dello Stato, Dott.Daniele Franco

Il ragioniere generale dello Stato, Dott. Daniele Franco
 
 
Al Ragioniere Generale dello Stato Dott. Daniele Franco
e p.c. Ispettore Generale Capo dott. Gianfranco Tanzi
e p.c. On. Alessio Villarosa

12 marzo 2017

Egregio Ragioniere,
il 23 gennaio c.a. l'ispettore capo della vigilanza della Banca d'Italia
Carmelo Barbagallo così rispondeva alla domanda posta in
Commissioni Finanze riunite della Camera e Senato (vedere allegato per testo completo):

(...) "Circa la possibile introduzione di una nuova imposta sulla creazione di depositi (che rappresentano la quasi totalità del denaro bancario), è probabile che i maggiori costi determinati dall’imposta, pur se formalmente in capo al sistema bancario, sarebbero comunque traslati sui clienti delle banche, per esempio sui costi di apertura di conto corrente. (...)
Poiché devo tenere a breve un corso di contabilità forense sulla creazione di denaro, vorrei che mi confermaste, o smentiste, quanto segue:
A - La creazione di denaro e depositi in euro da parte delle banche commerciali non è attualmente tassata;

B - Per poterla tassare, occorrerebbe una nuova imposta;
ovvero che:
C - La creazione di denaro non costituisce un profitto per chi lo crea, né una fonte di reddito (novella ricchezza) di per sé, quindi è esentasse;
oppure:
D - Siamo/non siamo al corrente del fatto che le banche creino denaro che, dal 1971, non necessita di contropartita, essendo "fiat".

La ringrazio per la collaborazione e non esiterò a citare la Vostra pregiata risposta che spero di ottenere al più presto, ringraziandoVi anzitempo per la disponibilità.

Cordiali saluti,
Marco SABA
presidente IASSEM
Istituto di Alti Studi sulla Sovranità Economica e Monetaria

martedì 7 marzo 2017

È possibile pignorare in toto lo stipendio dell'AD della banca

Amministratore - Cassazione Civile: lo stipendio dell’amministratore societario è totalmente pignorabile

06 marzo 2017 -
Amministratore - Cassazione Civile: lo stipendio dell’amministratore societario è totalmente pignorabile
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che lo stipendio dell’amministratore societario può essere pignorato nella sua interezza e non fino ad un quinto come previsto dal Codice di Procedura Civile, all’Articolo 545 comma 4: “tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo stato, alle province ed ai comuni, ed in egual misura per ogni altro credito.”.
La sentenza è di notevole interesse in quanto ha cercato di arrivare ad una soluzione riguardo al contrasto giurisprudenziale sul rapporto tra società ed amministratore.

Il fatto

La controversia, nata a seguito dell’espropriazione presso terzi intentata da una banca contro il suo debitore, nella sentenza di primo grado vedeva l’assegnazione all’istituto procedente della totale somma accantonata dai terzi a titolo di emolumenti per l’attività. Il debitore era infatti amministratore di una delle società terze pignorate e membro del consiglio di amministrazione dell’altra.
Il debitore si opponeva all’ordinanza di assegnazione deducendo che vi era stata una diversa qualificazione della propria attività, secondo lui riconducibile all’ambito di applicazione dell’Articolo 409 numero 3 del Codice di Procedura Civile, e che quindi vi era una limitazione alla pignorabilità (solo fino ad un quinto).
 Il tribunale accoglieva la sua opposizione, qualificando l’attività lavorativa del debitore come lavoro parasubordinato e dunque limitava ad un quinto l’assegnazione di quanto i terzi pignorati avevano accantonato.
La banca creditrice ha proposto ricorso in cassazione per alcuni motivi. Quelli di interesse sono i seguenti: il giudice ha omesso di accertare in modo concreto il grado di subordinazione del soggetto debitore in quanto egli svolgeva lo stesso ruolo di amministratore presso diversi enti; inoltre, dandosi atto del contrasto giurisprudenziale in tema di identificabilità dell’attività parasubordinata nella figura dell’amministratore, si chiede di riconoscere e applicare la teoria che esclude il rapporto parasubordinato, in quanto non vi sono riscontrabili le caratteristiche della continuità e della coordinazione.

Dottrina e giurisprudenza a confronto

La dottrina a riguardo identifica due principali orientamenti: il primo, cosiddetto contrattualista, individua la presenza di un vero e proprio contratto che lega l’amministratore e la società, che però sono autonomi centri d’interesse; il secondo, cosiddetto organico, configura solo un’immedesimazione dell’organo nella persona giuridica che rappresenta, senza possibilità di un regolamento negoziale interno.
L’orientamento contrattualistico apre all’ipotesi di un rapporto parasubordinato tra i due soggetti distinti, mentre quello organico lo esclude.
La giurisprudenza ha parimenti evidenziato due principali orientamenti, discendenti da quelli dottrinali. Un primo orientamento esclude l’individuazione di un rapporto tra i due distinti poli d’interesse rappresentati dalla figura dell’amministratore e da quella della società, dato che nella società per azioni si attribuisce all’amministratore rappresentante le caratteristiche di organo. Altro orientamento, invece, ritiene che il rapporto tra amministratore e società per azioni presenti i caratteri della continuità e del coordinamento necessari per affermare la competenza della materia al giudice del lavoro.
Una svolta a questo dibattito è avvenuta con una sentenza degli anni ‘90 secondo cui la controversia nella quale l’amministratore di una società per azioni chieda la condanna della società al pagamento di una somma dovuta per effetto dell’attività di esercizio delle funzioni gestorie è soggetta al rito del lavoro. Nonostante ciò negli anni non è stato risolto il contrasto giurisprudenziale.
Dottrina e giurisprudenza concordano sul fatto che il coordinamento, presupposto dall’Articolo 409 sopra citato a cui fa capo questo orientamento, è di tipo verticale e quindi soggetto ad ingerenze e direttive altrui; ma ciò non è individuabile rispetto all’attività di amministratore societario. Egli, infatti, è l’unico gestore dell’impresa, con il solo limite di quegli atti che non rientrano nell’oggetto sociale. Dunque, l’amministratore unico di una società per azioni è legato da un rapporto di tipo societario, che non è compreso tra quelli previsti dall’Articolo 409.

Decisione

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha accolto i motivi di ricorso sopra menzionati (il terzo e quarto), cassando la sentenza impugnata e rigettando l’opposizione proposta dal debitore. 
In sostanza, secondo la Cassazione, la sentenza impugnata ha errato nell’affermare la limitata pignorabilità dei crediti e da ciò ne deriva che i compensi spettanti agli amministratori per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili nella loro totalità.

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza del 20 gennaio 2017, n. 1545)

martedì 28 febbraio 2017

Tribunale di Bolzano: confusione tra attività d'intermediazione e creazione di moneta

MONETA SCRITTURALE: LE ORDINANZE DEL TRIBUNALE

Pubblico, a grande richiesta, le due ordinanze del Tribunale di Bolzano, rese nella medesima causa (omettendo le parti che non sono pertinenti al tema monetario). Nella prima, il Giudice, di fronte alla mia eccezione che il mutuo è nullo perché le banche di credito non possono creare dal nulla l’euro con mezzi contabili, dato che la creazione dell’euro è riservata per trattato al Sistema Europeo delle Banche Centrali, replica, copiando quanto scritto dalla banca a sua difesa, che le banche di credito creano euro scritturali e lo possono fare perché ciò che non è vietato è lecito, e i trattati europei riservano al Sistema Europeo delle Banche Centrali la creazione del solo euro cartaceo, non di quello scritturale.
Allora il mio cliente ha creato euro scritturali così come aveva fatto la banca per prestarglieli, e li ha usati, in base al principio costituzionale dell’eguaglianza (art. 3), per pagare il debito verso la banca, restituendole la stessa cosa che la banca gli aveva prestato.
Visto ciò, il Giudice ha emesso una seconda ordinanza, dicendo che la banca può creare euro scritturali nell’attività di prestito perché la creazione di moneta sarebbe compresa nell’attività di credito, a cui la banca, e solo la banca, è autorizzata.
Questa tesi è palesemente in contrasto con legge bancaria, che autorizza le banche all’intermediazione del denaro, cioè a prestare ciò che raccoglie, non alla sua creazione. Inoltre le banche creano moneta non solo nell’attività di credito, ma anche fuori di essa, come quando investono in proprio.
Ogni sistema giudiziario, in ogni ordinamento, giustifica il sistema di potere e di interessi costituito, le cui regole di fatto, dette o non dette, sono il vero diritto dell’ordinamento: non si può certo pretendere che un giudice si metta contro il meccanismo che comanda il mondo! La giustizia potrà cambiare orientamento, cioè potrà riconoscere la illegittimità e incostituzionalità del sistema monetario e bancario vigente, solo se e quando l’opinione pubblica avrà capito come stanno le cose e continuare a negare l’evidenza sarà divenuto impossibile. Così avvenne anche con Galileo e il suo telescopio: la Chiesa continuò a negare ciò che il telescopio mostrava, anzi continuò a non voler nemmeno guardare nel telescopio e a torturare Galileo per farlo abiurare, finché il telescopio divenne tanto diffuso, che tutti potevano vedere la realtà, sicché per la Chiesa continuare a negarla voleva dire rendersi ridicola e perdere credibilità. Qualche secolo dopo ha persino riabilitato Galileo!
Ai fini pratici, considerato che il sistema bancario italiano (e non solo italiano) è sempre più traballante e che un riassetto dovrà avvenire in tempi brevi,  iniziare un’azione giudiziaria oggi per fare valere l’illegittimità della moneta scritturale delle banche oppure, in alternativa, la legittimità di pagarle con la medesima moneta, significa che, prima che la causa sia decisa, il riassetto sarà quasi certamente avvenuto, e può essere un riassetto che libera la società dal nodo scorsoio della moneta bancaria.
28.02.17 Marco Della Luna

PRIMA ORDINANZA:

Tribunale Ordinario di Bolzano – Bozen
2014 – 216
IL GIUDICE DELL’ESECUZIONE
a scioglimento della riserva che precede, in ordine all’opposizione presentata da
________________con l’avv. Della Luna
nei confronti di
Banca Popolare dell’Alto Adige con l’avv. Dietmar Wild

[OMISSIS]

quanto, invece, alla violazione dell’art 127 (ex art 105) del trattato istitutivo
dell’Unione Europea, non si capisce per quale motivo la creazione di moneta
attraverso il sistema bancario possa violare tale norma, che nulla dispone in tal senso, come è assolutamente irrilevante il riferimento all’art 10 TUB, che non vieta tale sistema, posto che comunque l’Euro è una moneta non rappresentativa, per cui non è richiesto un controvalore per ogni biglietto stampato come all’era del sistema aureo,

ritenuto, per quanto esposto, che non sussistano gravi motivi per sospendere il
processo esecutivo;

RESPINGE
l’istanza di sospensione

[OMISSIS]

Così deciso in Bolzano, 06/09/2016
Il giudice dell’esecuzione
dott. Werner Mussner


SECONDA ORDINANZA:

Tribunale Ordinario di Bolzano – Bozen
2014 – 216
IL GIUDICE DELL’ESECUZIONE
a scioglimento della riserva che precede, in ordine all’opposizione presentata da
____________________ con l’avv. Marco Dalla Luna
nei confronti di
Banca Popolare dell’Alto Adige con l’avv. Dietmar Wild

[OMISSIS]

considerato, infine, che in ordine al capitale erogato vi è in entrambi casi il contratto di mutuo agli atti, per cui la datio è provata essendo documentata con atto pubblico, per cui il capitale residuo richiesto dalla banca non sembra contestabile, mentre i controcrediti come vantati sono assai incerti nell’an e nel quantum, 

[OMISSIS]

considerato, infine, che in ordine alla creazione di moneta, questa ovviamente si crea in quanto le banche non abbisognano dei soldi che imprestano; la creazione, peraltro, della moneta avviene sempre quando si è di fronte ad un debito di valuta che produce interessi, di modo che il rapporto debito/credito dopo un anno non è più pari alla somma imprestata, ma pari alla somma imprestata più gli interessi, e quindi già con tale piccola quanto semplice operazione si crea denaro, che è sempre una cosa virtuale,

considerato che l’art 10 TUB stabilisce che le banche esercitano la funzione bancaria, e di conseguenza, sono autorizzate a stipulare l’attività di credito, e non è previsto che per ogni finanziamento concesso ci siano dei depositi equivalenti, quindi l’attività bancaria risulta essere ancorata nel diritto positivo, come anche la creazione monetaria virtuale,

ritenuto, per quanto esposto, che non sussistano gravi motivi per sospendere il processo esecutivo;

RESPINGE
l’istanza di sospensione e

FISSA
termine perentorio al 15.1.2017 per l’introduzione del giudizio di merito, secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo della causa, a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’articolo 163-bis c.p.c. (o altri se previsti) ridotti della metà

[OMISSIS]

Così deciso in Bolzano, 30/11/2016
Il giudice dell’esecuzione
dott. Werner Mussner
Firmato Da: MU

L'Euro non necessita di un controvalore

sabato 25 febbraio 2017

Dibattito monetario. Vènghino Siori, vènghino: più gente entra...

Dibattito monetario. Vènghino Siòri, vènghino: più gente entra, più béstie si vedono
di Marco Saba, presidente IASSEM

Da qualche anno si sta assistendo ad una specie di gara tra sedicenti esperti per propinare al pubblico tutta una serie di scelte, alternativamente idiote o ininfluenti, per modificare l’assetto monetario del paese. Cerchiamo di analizzare come il sistema, di fronte alla crisi, cerca gattopardescamente di adescare il pubblico per propinare false soluzioni che, col preciso scopo di non cambiare niente, ovvero che a pagare sia il solito popolo bue, paiono miracolose come quando il primo Rockefeller, non riuscendo a smerciare il petrolio, girava il Far-West spacciandolo come unguento miracoloso contro i pidocchi.

Innanzitutto una doverosa precisazione per il lettore colto – gli altri possono saltare questo paragrafo – la frase originaria del titolo veniva recitata da imbonito ri del circo che, avendo una collezione di gabbie coperte di teli, con dentro animali esotici, scoprivano le gabbie stesse all’affluire dei visitatori. Per invogliare il pubblico a comprare il biglietto ed entrare all’esposizione, recitavano appunto: Venghino Siori, venghino: più gente entra, più bestie si vedono. Questo perché ad una maggiore affluenza avrebbero tolto il telo a sempre più gabbie. E quindi, effettivamente, le più bestie si vedevano davvero. Oggi, persa la memoria dell’origine della frase, si lascia intendere che le bestie siano il pubblico stesso, ed in un certo senso non si può dar torto a questa umoristica interpretazione. Ma veniamo al punto.

Tra le false scelte propinate, troviamo: euro o no euro, intendendo un ritorno ad una moneta nazionale; la divisione tra banche d’affari e banche di raccolta; l’introduzione di CCF (Certificati di Credito Fiscali); la ricetta americana MMT – ovvero aumentare il debito perché tanto lo Stato emetterebbe moneta per pagarlo (ma se lo Stato crea moneta, che bisogno c’è d’indebitarsi? Le banche mica s’indebitano quando creano moneta! ); eliminare il vincolo di pareggio di bilancio per potersi indebitare di più (vedere la parentesi precedente); e chi più ne ha, più ne metta.

L’importante è non toccare mai il punto clou, il core business del banchiere sovrano che crea moneta senza contabilizzarla, simulando improbabili voragini nel suo bilancio allo scopo preciso di tartassare il pubblico due volte: la prima incassando in nero tutto il signoraggio da creazione di moneta, la seconda pretendendo di essere in difficoltà, perché non la contabilizza, e quindi rispremendo il pubblico obbligando poi lo stato ad indebitarsi per intervenire. Siamo veramente alla commedia dell’assurdo. Qui sotto riporto un commento all’ennesima riproposta dei CCF da parte di Carlo Cattaneo, valga per tutte:

“Caro Cattaneo, il concetto di moneta fiscale (CCF) nasce da una incomprensione profonda di cosa voglia dire creare moneta fiat (il denaro creato dalle banche) e delle sue implicazioni. La creazione e spesa di moneta fiat (senza valore intrinseco) è già una operazione fiscale: chi ha il privilegio di crearla e spenderla, come recita il sito della Banca d'Italia, si appropria immediatamente del suo controvalore dedotte le spese di produzione. Spese che, anch'esse, possono essere pagate con ulteriore moneta fiat. Ad esempio, emettendo denaro di stato a corso legale, lo Stato potrebbe già finanziare tutte le spese necessarie, come avveniva nei primi stati degli USA con i Greenbacks, come descrisse bene Benjamin Franklin al Parlamento inglese per giustificare la prosperità delle colonie oltremare. Nel dibattito monetario occorre notare, come recita una vecchia storiella, che più gente entra, più bestie si vedono.”

Quello che si deve fare è semplice. L'intera procedura della creazione di denaro in banca e della sua contabilizzazione deve essere sottoposta ad un audit rigoroso per verificare che tale creazione, oggi fuori bilancio, venga opportunamente registrata nei flussi di cassa. Gli aumenti di capitale delle banche non servono a niente poiché il denaro creato dalle banche è già mezzo di pagamento legale, finale e circolare. Non deve essere garantito poiché è FIAT. Tutti i racconti ufficiali sono semplicemente una menzogna volta ad ingannare il pubblico, come quando sulle banconote era scritto: pagabili a vista al portatore. Che sia in euro, lire nuove o banane raddrizzate, prima se ne esce e meglio è.

giovedì 16 febbraio 2017

Bankitalia: commento alla risposta di Barbagallo a Villarosa

Bankitalia: commento alla risposta di Barbagallo a Villarosa
di Marco Saba, presidente IASSEM , 16 febbraio 2017

Testo originale bankitalia: http://seigneuriage.blogspot.it/2017/02/la-risposta-della-banca-ditalia-allon.html

Commento riga per riga la risposta di bankitalia. Intanto esaminiamo la domanda e la risposta a caldo del capo della vigilanza osservando il video (da un minuto) del fatto:
https://www.youtube.com/watch?v=WPmObU-V4lk

La risposta a caldo del capo della vigilanza Carmelo Barbagallo, "Le risponderò privatamente...", è già abbastanza inaudita. Unica nel suo genere in quella audizione del 17 gennaio 2017. Dopo 2 settimane (2 febbraio 2017), arriva la risposta da Banca d'Italia, non firmata e senza carta intestata... Vediamola:

"L’On.Villarosa sembra riferirsi a un intervento del deputato avv. Patrick Dimier al Grand Conseil del Cantone di Ginevra, nel quale propone di tassare la creazione di moneta da parte del sistema bancario. Il deputato rammenta che la creazione di moneta non è solo quella della banca centrale, ma avviene a opera di tutte le banche mediante la moneta scritturale e si chiede perché, a differenza del signoraggio, su tale creazione di moneta non sia applicato alcun prelievo a favore delle finanze pubbliche." 


- Certamente l'On. Villarosa si riferiva all'intervento dell'avv. Dimier al PARLAMENTO del Canton Ginevra. Va tuttavia detto che la Banca d'Italia, nel suo disordine bipolare, interpreta differentemente il signoraggio se a percepirlo è direttamente lo Stato oppure la banca stessa. Difatti nel sito Bankitalia troviamo:


"Quando la moneta è prodotta dallo Stato, è quest'ultimo che, spendendola ad esempio per acquistare beni e servizi, la mette in circolo nell'economia e realizza immediatamente il controvalore, al netto dei costi di produzione."

https://www.bancaditalia.it/compiti/emissione-euro/signoraggio/
 

Lasciando così intendere che se le banconote (181 miliardi) le avesse stampate lo Stato, sotto forma di biglietti di Stato a corso legale, sarebbe stato quest'ultimo a realizzare immediatamente il profitto di 181 miliardi tolti i costi di tipografia che, ad onor del vero, possono essere anch'essi pagati con nuova cartamoneta. Ma, magicamente, se le banconote le emette la Banca d'Italia, ecco che lo Stato percepisce solo l'interesse riversato da Banca d'Italia sul PRESTITO delle banconote stesse al sistema bancario generale... Il capitale sparisce attraverso l'iscrizione di un falso passivo nel bilancio bankitalia "Banconote in circolazione" che corrisponde al valore facciale delle stesse... Lo Stato intelligente iscriverebbe al SUO attivo di bilancio una somma corrispondente, inverando la passività bancaria, e facendosi pagare effettivamente la somma del valore facciale, incamerando il signoraggio al 100% anziché gli interessi che, a onor del vero, non sono il signoraggio ma meri profitti da investimento... Maggiori dettagli qui:

Tesoro sommerso: l'errore contabile del ministro Padoàn
http://centralerischibanche.blogspot.it/2016/07/tesoro-sommerso-lerrore-contabile-del.html


Ma andiamo avanti nel testo della risposta:

"Una tale tassazione, sostiene, potrebbe dare un gettito consistente; egli calcola che, se la Banque Cantonale de Genève fosse tassata sui 2.700 miliardi di Franchi svizzeri di moneta scritturale creata nel 2015, vi sarebbe un incasso tributario di 475 milioni di Franchi svizzeri."

Non entro qui nel merito del calcolo della tassazione svizzera rammentando però che, sommando IRES e IRAP, la tassazione della creazione di denaro bancario - che genera profitti cirrispondenti tolte le spese - si aggira sul 30%. E qui stiamo parlando di 1.800 miliardi l'anno di impieghi bancari da parte delle banche commerciali, effettuati creando una corrispondente quantità di denaro. Quindi, per l'Italia, il danno è di 540 miliardi di tasse non incassate sulla creazione del denaro digitale (i depositi a vista).

Continuando:
"Il punto è che le banche già sono sottoposte ovunque a una tassazione dei guadagni che esse traggono dal fornire mezzi di pagamento, insieme a quelli che ricavano dalle altre attività. Circa la possibile introduzione di una nuova imposta sulla creazione di depositi (che rappresentano la quasi totalità del denaro bancario), è probabile che i maggiori costi determinati dall’imposta, pur se formalmente in capo al sistema bancario, sarebbero comunque traslati sui clienti delle banche, per esempio sui costi di apertura di conto corrente. La traslazione dell’importo potrebbe non essere piena in funzione, per esempio, del grado di concorrenzialità del mercato del settore bancario e di caratteristiche della domanda di depositi; tuttavia, in ultima analisi, sarebbe la collettività a contribuire al pagamento di parte, o dell’intero ammontare, dell’imposta."

Qua si pretende di affermare che - per tassare i PROFITTI della creazione di denaro - sarebbe necessaria una NUOVA IMPOSTA. Lasciando intendere che - col sistema attuale - tali profitti non verrebbero tassati... Qui la Banca d'Italia bara clamorosamente, perché il problema non è nell'introdurre una NUOVA tassazione, ma bensì nel rettificare la stesura dei bilanci bancari che - come più volte denunciato dal 2014, creano attualmente il denaro fuori bilancio, ovvero non facendolo transitare - alla creazione - nel conto dei flussi di cassa delle banche stesse. Le banche attualmente non pagano tasse sulla creazione perché - violando le norme IAS-IFRS 7 - versano il denaro sui depositi della clientela senza prima contabilizzarli in entrata in cassa. Questo è un punto tecnico importante poichè a seguito di tale pratica - dovuta anche al fatto che non esiste un CATASTO della creazione di moneta bancaria - si può affermare che tutta la moneta bancaria gira "in nero" - orfana di certificazione di origine - e quando rientra nelle casse delle banche sembra SPARIRE. Sparisce solo contabilmente, all'azzeramento dei debiti, ma rimane nelle casse bancarie e non si sa bene dove poi vada a finire... Uno spunto per una bella ricerca da affidare alla nostra INTELLIGENCE ?

Aggiungo che il fatto di  pretendere che questo sia ammissibile, con la giustificazione goliardica per cui al pagamento di tasse l'impresa è costretta ad aumentare i prezzi (come accade di norma con l'IVA) e che quindi non le pagherebbe per contenere i costi della clientela, si commenta da sé...


Il resto del testo, per ora, non necessita di ulteriori commenti.

domenica 15 gennaio 2017

MENDACIO E FALSO INTERNO BANCARIO

 L’art. 137 del TUBC prevede, al primo comma, il delitto di mendacio bancario, consistente nella condotta di “chi, al fine di ottenere concessioni di credito per sé o per le aziende che amministra, o di mutare le condizioni cui il credito venne prima concesso, fornisce dolosamente a una banca notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria delle aziende comunque interessate alla concessione del credito”. La pena è della reclusione fino a un anno e della multa sino a lire dieci milioni. Il secondo comma prevede l’ipotesi contravvenzionale di falso interno bancario, che sanziona “chi svolge funzioni di amministrazione o di direzione presso una banca oltre che i dipendenti di banche che, al fine di concedere o far concedere credito ovvero di mutare le condizioni alle quali il credito venne prima concesso ovvero di evitare la revoca del credito concesso, consapevolmente omettono di segnalare dati o notizie di cui sono a conoscenza o utilizzano nella fase istruttoria notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria del richiedente il fido” con l’arresto da sei mesi a tre anni e con l’ammenda fino a venti milioni di lire. Entrambe le ipotesi vengono prese in considerazione qualora il fatto non costituisca più grave reato. Mentre il 1° comma riproduce nelle linee essenziali l’art. 95 della vecchia legge bancaria, oltre che la disciplina dell’art. 37 d.lg. 481/92 che l’aveva sostituito, il 2° comma introduce un’ipotesi del tutto nuova. Le due disposizioni si caratterizzano per una soglia di tutela particolarmente avanzata, poiché i due reati si consumano già nella fase preliminare del rapporto di credito, a prescindere dalla idoneità delle false informazioni a trarre in inganno. In entrambe le ipotesi la condotta consiste in false comunicazioni in relazione alla concessione di un fido. Mentre, tuttavia, il 1° comma esige una condotta commissiva, il falso interno si configura anche con la semplice omissione. Ciò è dovuto al maggior disvalore che consegue a comportamenti ingannevoli posti in essere da soggetti qualificati dalla loro funzione nell’ambito della banca che eroga il credito. È proprio questa considerazione che fa ritenere incomprensibile, a fronte di una previsione delittuosa di mendacio bancario, la scelta legislativa di tutelare il falso interno con una contravvenzione, e la perplessità è ancora maggiore ove si ponga mente al fatto che la nuova ipotesi di cui al secondo comma è verosimilmente destinata a fungere da vera e propria norma di chiusura, in quanto chiamata a comprendere sotto il proprio ambito di operatività, in materia bancaria, le ipotesi che prima della l. 86/90 venivano punite a titolo di peculato per distrazione.